La Lombardia è stata culla della Lega e ora rischia di diventarne anche la tomba.

Le elezioni regionali del 12 e 13 febbraio, infatti, sono diventate il terreno dello scontro tra quelle che ormai sembrano a tutti gli effetti due Leghe: quella del segretario Matteo Salvini e il Comitato Nord fondato da Umberto Bossi.

Oggi il sènatur, 81 anni e un ricovero ospedaliero appena un mese fa, ha lasciato la sua casa di Gemonio per andare al Pirellone, la sede della regione ancora amministrata dal ricandidato leghista Attilio Fontana. Insieme a lui c’erano i referenti del comitato, Paolo Grimoldi e Angelo Ciocca e lì ha incontrato i quattro consiglieri regionali ex leghisti, espulsi dal partito (anche se Bossi ha chiesto la revoca della misura) e che si sono costituiti nel gruppo autonomo Comitato Nord: Roberto Mura, Federico Lena, Antonello Formenti e Max Bastoni.

L’obiettivo in favore di cronisti è stato quello di incontrare Fontana per fargli la richiesta che rischia di spaccare definitivamente la Lega: «Farsi parte attiva con gli alleati di coalizione al fine di riconoscere il Comitato Nord come lista all'interno della coalizione di centro destra in appoggio al presidente Fontana», si legge nel comunicato stampa del gruppo.

Tradotto: prevedere che, accanto alla lista ufficiale della Lega, ce ne sia un’altra composta dai leghisti di fede bossiana sotto le insegne di quella che doveva essere una corrente di partito ma ne sta diventando la costola scissionista.

Solo così, è stato il sottinteso di Bossi, Fontana potrà contare sui voti della sua ala leghista, che altrimenti potrebbe pensare di accettare le lusinghe da tempo note della candidata guastafeste, Letizia Moratti.

Del resto, avrebbe detto Bossi a Fontana, i leghisti stanchi dell’attuale gestione del partito non sono confluiti nel Comitato Nord hanno già scelto il Terzo Polo, come il consigliere regionale Gianmarco Senna.

il dilemma di Fontana

Il peso è tutto sulle spalle di Fontana: Bossi si è appellato direttamente a lui, chiedendogli di decidere se accettare i voti bossiani ma anche la condizione di una lista autonoma. Oppure rifiutarli, con tutte le incognite elettorali che questo comporta.

Fontana, con la consueta pacatezza, ha detto che riferirà «la volontà di Bossi agli alleati», aggiungendo di non avere dubbi sul sostegno del fondatore della Lega: «Lo conosco da troppi anni e siamo amici da troppi anni».

La decisione, però, non investe la sola Lombardia ed è immediatamente rimbalzata anche al segretario nazionale, Matteo Salvini che – secondo un retroscena di Repubblica – non risponderebbe più al telefono a Bossi. 

A caldo, Salvini ha scelto di ignorare la questione: «Ho sfide più grandi, ho in ballo una manovra da 30 miliardi di cui occuparmi, di liste e fuoriusciti lascio che se ne occupi qualcun altro», ovvero il segretario della Lega in Lombardia Fabrizzio Cecchetti, è stata la risposta sprezzante ai cronisti.

Eppure, è chiaro che una questione di questa portata non può essere trattata come semplice bega elettorale per i posti in lista.

I rischi

In Lombardia, infatti, Salvini si sta giocando le sorti della sua segreteria. Il primo colpo duro è arrivato con le elezioni politiche, in cui il partito è finito all’8,8 per cento, ben al di sotto della soglia psicologica della doppia cifra e ben più che doppiato da Fratelli d’Italia, anche nelle regioni roccaforte del nord.

Inoltre, i congressi regionali non stanno dando l’esito bulgaro di sostegno al segretario e il Comitato Nord continua a raccogliere consensi tra i tanti disamorati dal progetto leghista nazionale voluto da Salvini e che vorrebbero tornare alla Lega territoriale delle origini.

In questo clima di divisioni interne e morale basso per gli esiti elettorali, la Lombardia rischia di essere l’ultimo banco di prova per Salvini: qui la Lega esprime il candidato presidente, ma Fratelli d’Italia è già pronta a sbancare come alle politiche, passando dal 4 per cento della precedente consiliatura al 27 delle politiche.

Il punto, allora, non sarà eleggere Fontana – che i sondaggi danno in testa – ma quanti voti prenderà la Lega: il 25 settembre i consensi si sono fermati al 10 per cento contro il 29 per cento delle regionali 2018. Se in febbraio i consensi scendessero sotto la doppia cifra, la segreteria di Salvini sarebbe appesa a un filo.

Per questo la mossa di Bossi sembra uno scacco matto per il segretario. Annunciando che Comitato Nord formerà una lista autonoma, l’effetto sarà quello di togliere in ogni caso consensi alla Lega – sia che corra Fontana che con Moratti - con l’obiettivo di tenerla sotto il 10 per cento.

 

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