Un derby del Mezzogiorno giocato sulle linee ferroviarie nel campo del Pnrr non si era mai visto. Sui fronti opposti c’erano da una parte Bari e Napoli e dall’altra Catania e Palermo, una partita Sud contro Isole: in ballo non c’erano coppe o titoli, ma un ricco bottino di risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e la certezza di migliorare la qualità dei trasporti. A vincere, senza dubbio, sono stati il capoluogo campano e quello pugliese. In una sfida voluta dal governo Meloni, sotto la regia del ministro Raffaele Fitto, che concede sempre poco al Sud. Talvolta mettendo contro diverse realtà che avrebbero necessità simili sul piano dello sviluppo.

La rimodulazione del Pnrr ha premiato infatti il progetto dell’alta velocità Napoli-Bari. Riceverà somme aggiuntive rispetto a quelle previste: in totale 275 milioni di euro da destinare a varie tratte. Chi paga il conto? Gli sconfitti del derby, il progetto della Palermo-Catania, che subisce un definanziamento per quella stessa somma. Il significato è chiaro: l’opera che collegherà la Campania alla Puglia rispetterà le tempistiche imposte dal Pnrr. I cantieri in Sicilia, invece, andranno oltre. Bisognerà aspettare e pazientare. Del resto ci si può accontentare con il sogno del ponte sullo Stretto, tanto caro al ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini. In cambio di una promessa futura c’è un rallentamento nell’immediato. 

Fondi dirottati

Il documento sulla revisione del Pnrr, illustrato da Fitto, mette nero su bianco la decisione. Nel dettaglio: alla Palermo-Catania vengono sottratti 470 milioni di euro per il lotto Caltanissetta Xirbi-Lercara e altri 317 milioni di euro per la Enna Caltanissetta-Xirbi. Certo, una parte viene redistribuita su altri pezzi della linea ferroviaria siciliana con 70 milioni di euro per la velocizzazione della tratta storica Palermo-Catania, 187 milioni di euro per la Dittaino-Enna e altri 255 milioni di euro per la Catenanuova-Dittaino. Conti alla mano, mancano 275 milioni di euro.

La stessa cifra, guarda caso, messa sul conto per alcuni dei lotti di maggiore importanza. La parte più sostanziosa di quei fondi, 200 milioni di euro, è stata spostata sulla Napoli-Cancello, una tratta cruciale per completare il collegamento con Bari. Le ragioni della preferenza sono due. La prima è prettamente propagandistica. Salvini ha messo la faccia sul completamento di un cantiere considerato strategico. «L’obiettivo è di arrivare all'alta velocità con due ore da Bari a Napoli, tre ore da Bari a Roma», ha promesso in una recente visita in Puglia, elogiando in una salsa pseudo futuristica «l'Italia che corre». Ma c’è una questione pratica a muovere il ripensamento: i lavori sulla Napoli-Bari sono in fase avanzata.

Da Rete ferroviaria italiana (Rfi) c’è ottimismo sul rispetto dei tempi previsti. La società punta a completare un’infrastruttura centrale per migliorare i servizi nel Mezzogiorno. Fino a oggi, infatti, Napoli e Bari sono tra le principali città italiane che non hanno un collegamento diretto degno di questo nome.

Alta lentezza

Un problema che invece resterà in tutta la sua gravità negli spostamenti in Sicilia. I treni da Palermo a Catania sono disponibili, sì, ma solo fino alla stazione di Dittaino, posta quasi a metà strada. Per completare il viaggio è necessario prendere un autobus. Ufficialmente occorrono circa 3 ore e mezza, cambio incluso. Ma bisogna sperare nel perfetto allineamento degli astri: nessun ritardo del regionale che raggiunge Dittaino, una coincidenza con il pullman che non costringa a lunghe attese e trovare poco traffico nella parte lungo l’autostrada A19, che passa pure nei pressi delle città di Enna e Caltanissetta.

L’attuazione del progetto ferroviario avrebbe accorciato sensibilmente i tempi, l’obiettivo dichiarato è quello di arrivare in circa due ore. C’è un ulteriore punto: la definizione di alta velocità si rivela inappropriata fin dall'inizio per la Palermo-Catania. «Diciamo che è una media velocità, non alta», ha ammesso il presidente della regione Sicilia, Renato Schifani (Forza Italia). Il dettaglio è stato spiegato dall’assessore alle Infrastrutture, Alessandro Aricò: «Non è alta velocità e non è neanche alta capacità. Non tutta la linea è percorribile a 200 km orari». Per questo motivo «il governo regionale ha chiesto al ministro delle Infrastrutture Salvini di integrare il progetto affinché la Sicilia abbia almeno un’intera alta capacità che aiuti i siciliani a uscire dall’isolamento e a raggiungere il più velocemente possibile il ponte sullo Stretto e il resto d’Italia», ha spiegato Aricò. Per tutta risposta, il governo ha pensato bene di definanziare 275 milioni di euro, invece di aumentare gli investimenti.

Già nelle prossime ore se ne discuterà in parlamento, mentre Fitto descriverà la relazione del governo sul Pnrr. «Hanno cancellato un importante finanziamento con un tratto di penna. In questo caso parliamo di lotti che erano stati sostenuti economicamente già prima del Pnrr ed erano stati inseriti nel Piano per dare una reale spinta alla loro realizzazione», dice a Domani Luciano Cantone, deputato siciliano del Movimento 5 stelle, componente della commissione trasporti.

Ambizioni senza risorse

L’opera è attesa da anni, anche per questo era stato nominato un commissario già dal governo Draghi. La responsabilità è stata affidata a Filippo Palazzo, dirigente con una lunga carriera nelle società del gruppo Ferrovie con conoscenze del territorio siciliano. Secondo quanto riporta Rfi, il lavoro sulla tratta richiede una spesa complessiva di 11,2 miliardi di euro per la costruzione di 223 chilometri di binari. Per questo si articola in 10 lotti.

Qualcosa di imponente, che sarebbe rivoluzionario forse più del futuribile ponte sullo Stretto. «La nuova infrastruttura consentirà di rivedere il modello di servizio, che prevede la velocizzazione dei collegamenti fra le principali città siciliane», riporta il sito sull’avanzamento dei lavori. E la tratta prevede inoltre un «nuovo collegamento tra Messina e Catania» che «permetterà di ridurre i tempi di viaggio tra le due città da 1 ora e 15 min attuali a 45 minuti». L’ambizione non manca. Con la riduzione degli stanziamenti del Piano si ripropone lo stesso problema, già denunciato su altre opere strategiche eliminate (in parte o in tutto) dal Pnnr: non si tratta di una rinuncia, bensì della certificazione di non riuscire a completare i lavori entro il 2026, come richiesto dal Recovery Plan.

Una questione che riguarda ai lotti definanziati e che nei fatti rischia di vanificare tutto il resto. «Ci faremo sentire - promette Cantone - attraverso interrogazioni in cui chiedere come sono intenzionati a reperire le risorse per la Palermo Catania, senza che vengono sottratte ad altre opere per il Sud. Ma la sensazione è che comunque il Pnrr si stia rivelando l’ennesima occasione persa soprattutto per il Mezzogiorno».

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