Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano condanna il suo sottosegretario Vittorio Sgarbi. Durante l’apertura della stagione estiva del Maxxi dieci giorni fa, Sgarbi intervistato da Morgan ha ritenuto di informare la platea dell’importanza data al «cazzo» e di quanto ne abbia fatto uso: «Io non ho un contatore all’uccello», ha detto durante l’evento, vantandosi del numero delle sue amanti.

Una situazione che ha convinto il ministro a ricordare che la libertà di espressione deve andare di pari passo con il rispetto: «La libertà di manifestazione del pensiero deve essere sempre massima e garantita a tutti, ma trova il suo limite nel rispetto delle persone». Le manifestazioni perciò «non devono mai ledere la dignità altrui. Le istituzioni culturali, e so che Alessandro Giuli è d'accordo con me, devono essere aperte e plurali ma lontane da ogni forma di volgarità». E la battuta finale diretta al suo collega: «Chi le rappresenta deve mantenere un rigore più alto di altri». 

Giuli e Sgarbi

Giuli ha sposato in toto la linea Sangiuliano, pure Sgarbi ha dovuto fare un mezzo passo indietro. Giuli è intervenuto al Tg1: «Non ho alcuna difficoltà a dirmi rammaricato e a chiedere scusa anche alle dipendenti e ai dipendenti del Maxxi, con i quali fin dall'inizio ho condiviso questo disagio. Scuse che il Maxxi fa a se stesso innanzitutto, e a tutte le persone che si sono sentite legittimamente offese da una serata che doveva andare su un altro binario».

Nonostante Sgarbi sia celebre per il suo modo di esprimersi diretto e colorito, il presidente Giuli si è detto preso alla sprovvista: «Non me la aspettavo - ricostruisce Giuli - tutto nasceva da presupposti diversi». Il presidente del museo ha sottoscritto «convintamente e completamente le osservazioni del ministro Sangiuliano, e cioè il turpiloquio e il sessismo non possono avere diritto di cittadinanza nel discorso pubblico e in particolare nei luoghi della cultura».

Sgarbi ha separato il suo ruolo di sottosegretario «contegnoso» e di «attore»: «Condivido parola per parola la posizione del ministro Sangiuliano. Ma quello era uno spettacolo: lì il sottosegretario non c’era, c’era Vittorio Sgarbi che Giuli e Morgan hanno voluto come attore», ha detto all’Ansa, anche per lui adesso «sessismo e turpiloquio sono inammissibili». La parolacce, assicura, le dice «un contesto in cui sono pertinenti». Per lui è censura: «Chi mi censura - insiste - credo che voglia censurare la libertà creativa di Houellebecq, Moravia, Pasolini, Carmelo Bene».

Una versione che non ha convinto le opposizioni. Angelo Bonelli di Europa Verde invita la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a intervenire: «È inammissibile che a Sgarbi sia concessa questa tolleranza nell'offesa e nell'insulto», il deputato tra l’altro lo ha querelato perché Sgarbi gli ha dato dello «stupratore dell’Italia».

Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera rilancia: «Non bastano le parole del Ministro Sangiuliano: non si può usare una grande istituzione culturale come platea per uno spettacolo indecoroso e offensivo delle lavoratrici e di tutte le donne. Chiediamo provvedimenti convinti che anche la premier Meloni non può restare indifferente». Per il Movimento 5 stelle non restano che le dimissioni: «Sangiuliano, che ha scritto una lettera a Giuli per chiedere spiegazioni, prenda carta e penna e ne scriva un’altra a Vittorio Sgarbi per chiederne le dimissioni». Per il leader di Azione Carlo Calenda gli esponenti di governo «sono un mucchio di dilettanti allo sbaraglio».

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