Contro-audizioni e battaglia sulla manovra: e non solo parlamentare, il Pd prepara la piazza dell’11 novembre e fa sapere che la settimana dopo sarà con Cgil e Uil nelle mobilitazioni che accompagnano gli scioperi di novembre. Elly Schlein prova a movimentare l’iter della legge di bilancio, l’arrivo del cui testo ieri è stato formalmente annunciato al senato.

In realtà per le opposizioni sarà dura persino toccare palla, visto che il governo impone alla sua maggioranza di non presentare emendamenti.

Il calendario di palazzo Madama prevede audizioni in commissione dal 7 al 14 novembre. Ma ieri il presidente Ignazio La Russa ha rassicurato, si fa per dire, le opposizioni: il divieto di emendamenti non è «nemmeno ipotizzabile, e non mi pare che sia stato neanche lontanamente ipotizzato per quanto attiene le forze non di maggioranza». Mancherebbe.

I dem dunque si preparano a frenare la corsa del testo, che Giorgia Meloni vorrebbe far approvare entro i primi dieci giorni di dicembre. Anche per alzare la mobilitazione verso la prima piazza voluta dalla segretaria. La stessa piazza, quella del Popolo di Roma, in cui salì sul palco con Enrico Letta, alla chiusura della sfortunata campagna elettorale per le politiche del 25 settembre.

L’alternativa c’è (o forse no)

Una piazza che per lei è una scommessa delicata. Il manifesto è rosso, dice: «Per un futuro più giusto, l’alternativa c’è». Ma, almeno per la seconda parte, si tratta di un pio desiderio, almeno per ora. Certo Giuseppe Conte ci sarà, per «ricambiare» – dice così alla Stampa – «il saluto» portato da Schlein al corteo M5s dello scorso giugno. Anche se non rinuncia alla stoccatina: tra i dem, aggiunge, ci sono «ancora alcuni nostalgici del Jobs Act di Renzi». Carlo Calenda invece non andrà, e anzi la scorsa domenica all’assemblea di Azione ha chiarito che non vuole fare nessuna alleanza: «Campo largo? Over my dead body».

Piazza del Popolo non è facile da riempire. Servono pullman dai «territori». Qualche «aiutino» sarebbe stato chiesto proprio alla Cgil, che il 7 ottobre (in quel tragico sabato nero in cui arrivò la notizia del massacro di Hamas contro Israele) ha portato a Roma 200mila persone. A un mese dallo scoppio della guerra in Medio Oriente, mobilitare la base Pd non sarà facile. Fin qui la segretaria ha tenuto unito il partito, ovviamente contro Hamas e a fianco di Israele, ma per una risposta bellica che rispetti «il diritto internazionale e umanitario».

«Pace» sarà una delle parole d’ordine, insieme al no alla manovra e al sì al salario minimo. Ma «pace» è parola da pronunciare senza generare equivoci: la segretaria ha chiesto il «cessate il fuoco umanitario», che in sostanza è la «pausa umanitaria» della risoluzione del parlamento europeo, e della risoluzione Onu, anche se suona come il «ceasefire» chiesto dai disarmisti.

Per gran parte del partito chiedere a Israele di rinunciare alla propria difesa non è proponibile. Ma neanche per la segretaria. Infatti non è questo a mettere in apprensione il Nazareno. L’incognita, semmai, può venire dalla piazza: dalle sempre possibili incursioni esterne. Difficile prendere le misure per un’eventualità del genere.

Le contro-audizioni

Intanto ieri al piano terra di Palazzo Carpegna, la sede delle commissioni permanenti del Senato, il Pd ha ascoltato i sindacalisti dell’ex Ilva di Taranto, i ragazzi delle tende contro il caroaffitti (i rappresentanti di Link, Unione degli universitari, Primavera degli studenti e di Sinistra universitaria), le lavoratrici dell’azienda La Perla, in lotta contro i licenziamenti, come quelli della Marelli, anche loro invitati a palazzo; i rappresentanti del Terzo settore.

In mattinata c’è anche la segretaria, che spiega il senso di queste contro-audizioni: «Il Pd ci sta mettendo l’ascolto che è mancato da parte del governo, e questo costruirà le nostre proposte emendative per batterci anzitutto contro i tagli alla sanità pubblica che il governo porta avanti: fanno i giochi di prestigio coi numeri ma la realtà è che stanno tagliando, che le regioni sono in enorme difficoltà, che il personale manca nei reparti e non si può pensare che per ridurre le liste d’attesa bisogna fare lavorare di più il personale esistente che già rischia il burnout per i turni estenuanti».

Sulla sanità il gioco di sponda con le opposizioni è dato per certo, anche se Calenda dà segnali di insofferenza per la resistenza di Conte a sedersi al tavolo. I rossoverdi hanno iniziato da Genova la campagna «Fin Troppo Pazienti».

Ma il gioco di sponda è soprattutto con la Cgil. Ieri il segretario Maurizio Landini ha scritto ai presidenti di tutti gruppi parlamentari per chiedere di essere ascoltato sulla manovra. Il giudizio è severo. Cgil e Uil hanno organizzato la protesta prima ancora che si conoscesse il dettaglio del testo. L’annunciato “sciopero generale” si è concretizzato in scioperi regionali, di 8 ore o di turni interi. Partono il 17 novembre, quando oltre alle regioni del centro si asterranno dal lavoro in tutta Italia le categorie di trasporto, pubblico impiego e conoscenza.

Il 20 sciopera la Sicilia, il 24 le regioni del nord, il 27 la Sardegna, il primo dicembre il Sud. Per ogni appuntamento ci saranno manifestazioni regionali o provinciali. Il Pd annuncia la presenza. Anche se sulla Stampa Landini ha chiarito la sua idea di rapporto con le forze dell’opposizione: «È importante che assumano le nostre rivendicazioni e le facciano votare». Comunque il Pd si precipita a rispondere alla lettera di Landini: «Consideriamo l’incontro col sindacato di assoluta importanza».

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