Si intitolerà Visione comune l’iniziativa che la vicepresidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein ha convocato a Roma il 19 marzo. Schlein ha appena pubblicato La nostra parte (Mondadori) in cui propone la sua idea di sinistra, un campo largo femminista ed ecologista. Messa di fronte al sospetto di lanciarsi come leader della sinistra non conflittuale con il Pd – a Enrico Letta non dispiacerebbe – Schlein smentisce di averne le intenzioni, almeno in senso stretto: «Siamo già in tante e tanti, trasversalmente alle forze sociali e politiche, a condividere una visione comune, che tenga insieme la giustizia sociale e climatica», dice infatti nell’invito, «proviamo a unire gli sforzi su battaglie comuni e proposte concrete».

Niente nuove «cosette» di sinistra, dunque: per come è architettata l’iniziativa, in vista c’è la costruzione una «comunità» non solo social, ma dall’elenco degli invitati si indovina che Schlein non è della partita del cantiere di una lista. Accanto ad ambientalisti come Rossella Muroni e attivisti come la romana Marta Bonafoni, ci saranno il vicesegretario del Pd Peppe Provenzano, l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino, il deputato Alessandro Zan.

Anche i costruttori della sinistra fuori dal Pd sono invitati: fra gli altri Amedeo Ciaccheri, stra votato presidente di municipio a Roma e fra gli amministratori firmatari dell’appello Non ti disunire, gli altri sono Anita Pirovano, di Milano, Massimo Zedda, ex sindaco di Cagliari, Michela Cicculli, consigliera di Roma, e Rosario Andreozzi, consigliere di Napoli. Invitato a casa Schlein anche Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana.

La sinistra oltre al Pd

Al di là dell’occasione, la questione di fondo resta come si presenterà la sinistra extra ecclesiam, e cioè fuori dal Pd, alle politiche. Molto dipenderà dalla legge elettorale. Ma intanto Letta si porta avanti con il lavoro. In questi mesi ha continuato a tessere la sua rete per attirare leader civici nell’orbita del Pd; ma anche per motivare quel lato del campo oltre i confini del partito. Da una parte ha chiamato Schlein nell’Osservatorio degli indipendenti delle Agorà democratiche, (ieri le ha dedicato un lusinghiero passaggio della sua relazione in direzione).

Dall’altro ha incontrato più volte dirigenti proprio come Fratoianni, alleato ma difficilmente collocabile dentro le (del resto affollate) liste del prossimo Pd, quello del parlamento decurtato di un terzo di posti. Al netto della legge elettorale, all’orizzonte si intravede una strada. È quella del “modello bolognese” del sindaco Matteo Lepore all’ultima fortunatissima tornata: ha attirato in lista la sardina Mattia Sartori, poi eletto a pieni voti, ma si è anche alleato con la lista Coraggiosa-Sinistra civica, da cui ha svettato Emily Clancy guadagnandosi sul campo i gradi di vicesindaca.

Sempre sul fianco sinistro del Pd, resta da capire la collocazione di Articolo 1. Al netto dei padri nobili Bersani e D’Alema, l’operazione di rientro, innescata ben prima della partecipazione alle Agorà degli ex scissionisti, è più difficile da realizzare di come sia apparso. Innanzitutto pone al Pd problemi di riequilibrio interno. Ne parleranno al congresso che sarà convocato per il 23 e il 24 aprile, probabilmente a Roma, dalla direzione nazionale del 26 febbraio.

Tutti d’accordo nel «chiudere la fase dei cartelli con la sinistra radicale», leggasi Leu con Sinistra italiana, non si parlerà (ancora?) di scioglimento di Articolo 1. Ma l’approdo è segnato. E anche il rischio: quello di perdere per strada una piccola ma attiva fronda di contrari al ritorno a casa. Ammesso che, in epoca di restringimenti di posti in lista, possa essere considerato rischio.

© Riproduzione riservata