Il primo mese di governo di Olaf Scholz non è stato per niente facile. Le tensioni interne ed estere hanno subito messo alla prova il suo esecutivo. Le questioni da risolvere sono parecchie, ma il principale problema di Scholz è la difficoltà di trovare una linea comune all’interno della sua maggioranza. 

Il conflitto che emerge con più forza per il momento è quello tra il neocancelliere e i Verdi: la tensione si è concretizzata nei rapporti tra Scholz e la ministra degli Esteri Annalena Baerbock su alcuni dossier centrali, primo fra tutti il rischio di guerra che aleggia sull’Europa dell’est.

Ci sono più piani che si intersecano: mentre Baerbock già in campagna elettorale si era battuta per un irrigidimento del rapporto tra Berlino e Mosca, il cancelliere ha fatto capire che per lui l’optimum sarebbe invece quello di mantenere le cose come le ha lasciate l’ex cancelliera Angela Merkel, cioè con un’attenzione elevata a temi politici come i diritti umani ma una flessibilità a livello commerciale. 

Problemi geopolitici

Scholz vuole che il messaggio arrivi chiaramente a Mosca, e per questo motivo non ha esitato a esautorare nei fatti la ministra degli Esteri dalla definizione della linea tedesca sia per quanto riguarda la Cina, rispetto alla quale i Verdi sono decisamente più ostili della Spd del cancelliere, sia nei rapporti con la Russia.

A nulla è servita la presa di posizione netta di Baerbock a favore della decisione dell’ente regolatore tedesco rispetto all’inaugurazione del gasdotto Nord Stream 2: l’arteria dovrebbe portare il gas russo in Germania evitando l’intermediazione degli stati dell’est Europa, ma l’autorità ne ha per il momento sospeso l’inaugurazione. Secondo Scholz, Nord Stream 2 è un progetto d’iniziativa privata, su cui va presa una decisione apolitica. 

Alle polemiche dei Verdi si è aggiunta nelle ultime settimane la tensione montante sul confine tra Ucraina e Russia: un ulteriore problema che ha una doppia ricaduta sulle politiche di Scholz. Da un lato, un potenziale intervento di Mosca renderebbe ancora meno opportuna l’inaugurazione del gasdotto, dall’altra lo obbliga a mettersi in competizione con la portata dell’intervento di Merkel nel conflitto tra Russia e Ucraina.

Nei suoi primi contatti con Vladimir Putin, Scholz ha ribadito la necessità di riprendere il dialogo nell’ambito del formato Normandia, con Francia e Germania come mediatori. Una strada che aveva tentato di percorrere anche l’ex cancelliera senza troppo successo. Per il momento, Scholz ha mandato il suo consigliere diplomatico, Jens Plötner, a mediare insieme alla sua controparte francese Emmanuel Bonne con l’esperto del Cremlino per l’Ucraina. I prossimi passi, però, restano tutti da vedere: a guardare con parecchio interesse sarà Washington, molto interessata ai posizionamenti geopolitici del nuovo governo tedesco.

Lo scontro sulla tassonomia

Con i Verdi la contrapposizione si protrae anche in ambito europeo: rinunciare all’appello contro la decisione della Commissione europea di inserire nella tassonomia green l’energia atomica su insistenza di Parigi ha provocato crepe importanti nella maggioranza. In patria, la scelta di non tentare di riaprire il negoziato o di opporsi in maniera più marcata è stata interpretata come una rinuncia rispetto alle ambizioni di Emmanuel Macron, intenzionato a non abbandonare il nucleare.

Ma nel rapporto con Parigi, collaudato di oltre cinquant’anni di relazioni diplomatiche strettissime, è difficile che Scholz possa conquistarsi un ruolo di protagonista nei prossimi mesi: con l’avvicinarsi delle elezioni in Francia e il rischio concreto di un sopravvento della destra, l’Unione europea è disponibile a mostrarsi più flessibile pur di mettere Macron nella posizione migliore per ottenere una rielezione.

Servirà a poco, a questo punto, l’opposizione della ministra all’Ambiente verde, Steffi Lemke, che ha annunciato di voler ancora lottare contro la disposizione di Bruxelles. Sembra di portata ben minore anche l’impatto dell’iniziativa del ministro dello Sviluppo economico e del Clima verde, Robert Habeck, che ha chiesto di dare il via libera a un primo pacchetto di iniziative entro fine anno, con l’obiettivo di metterle in atto a partire dal 2023. Non sono ancora chiari i dettagli del progetto, ma è evidente che dopo una serie di situazioni in cui hanno dovuto sottostare all’indirizzo della Spd, ora i Verdi vogliano portare a casa almeno una parte del loro programma.

Il rischio della pandemia

Sul piano della politica estera la situazione è complicata, ma anche nelle questioni interne l’esecutivo ha qualche difficoltà. Nonostante i sondaggi buoni, che registrano una generale soddisfazione per l’operato del governo e un gradimento molto alto per il cancelliere e il suo ministro della Salute, Karl Lauterbach, la pandemia rischia di creare ulteriori problemi.

Scholz sembra essere stato infatti troppo spavaldo a fine anno nel promettere l’obbligo vaccinale già per febbraio o inizio marzo. L’obbligo non piace a una parte dei liberali, l’altro partner della coalizione oltre ai Verdi. La discussione generale al Bundestag è prevista per fine gennaio, ma l’approvazione rischia di scivolare parecchio più in là. A febbraio, infatti, è in programma una sola settimana di sedute parlamentari a causa delle festività per il carnevale: per il 13, però, è già prevista l’elezione del presidente della Repubblica. La rielezione di Frank-Walter Steinmeier al primo turno, ormai quasi certa, è uno dei successi che Scholz può vantare di fronte ai suoi colleghi di partito.

C’è chi spinge per convocare il parlamento in seduta straordinaria, ma finché non si trova un accordo sulla forma dell’obbligo (attualmente sono allo studio il modello italiano, che lo impone solo agli over 50, e una forma di imposizione delimitata nel tempo), l’approvazione non è per nulla scontata. Tutto questo mentre l’incidenza dei casi resta alta e i governatori dei Land, non sempre d’accordo con le disposizioni nazionali, sono pronti a seguire una linea propria in virtù del federalismo.

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