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Il premier sfida i partiti a votargli un programma di governo chiaro per continuare, ma non ottiene la fiducia. Gli resta fedele soltanto il Pd e poco altro. La campagna elettorale d’estate è già cominciata.
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Draghi, che ha fatto una scivolata poi corretta invitando le forze politiche a rispondere al popolo italiano, non aveva intenzione di accettare mediazioni.
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Il parlamento rischia di finire in maniera disordinata, al Senato non sono ancora state approvate le modifiche del regolamento necessarie per il taglio dei parlamentari.
Il centrodestra compatto, pronto a ripartire dalla competizione fra Matteo Salvini e Giorgia Meloni e tuttavia salvo, anche se con qualche ammaccatura al centro e con Forza Italia ormai definitivamente al traino della locomotiva leghista; è invece tramortito e spaccato il centrosinistra in tutte le sue declinazioni possibili, campo largo, campo stretto, fronte progressista. Il D Day di Mario Draghi si conclude con uno schieramento rafforzato e l’altro suonato come un pugile. Più che i dicio



