L’addio di Lucia Annunziata, che ha presentato giovedì le sue dimissioni mentre il Consiglio d’amministrazione Rai approvava le nomine firmate dalla destra sovranista, lascia un vuoto importante nella squadra del servizio pubblico. Anche perché ora ci sarà da trovare qualcuno che la sostituisca al timone di Mezz’ora in più, che è già previsto nel palinsesto autunnale. Non si sta rivelando facile per i vertici di Viale Mazzini trovare un candidato all’altezza, anche perché il programma totalizzava ascolti più che soddisfacenti, intorno al 7-8 per cento. Ma a saltare all’occhio nelle trattative per la sostituzione è soprattutto un fattore, l’età degli aspiranti successori.

Per il momento sono circolati soprattutto due nomi, quello della direttrice uscente del Tg1, Monica Maggioni, che aveva ottenuto nelle trattative oltre alla direzione dell’offerta informativa anche un programma in seconda serata che potrebbe barattare con la domenica pomeriggio, e l’ex direttore degli approfondimenti Antonio Di Bella. Maggioni ha appena compiuto 59 anni, mentre Di Bella è andato in pensione appena due settimane fa, lasciando il suo posto a Paolo Corsini.

Entrambi sono volti noti e rassicuranti per il pubblico del servizio pubblico, firme di punta di viale Mazzini, di grande esperienza, ma per l’appunto, non giovani.

Al di là delle questioni contrattuali che solleverebbe un eventuale rientro in Rai da conduttore di Di Bella, che da pensionato avrebbe bisogno di un contratto di scrittura, l’età dei due aspiranti successori non dovrebbe rappresentare un problema. Soprattutto non per gli spettatori, che continuano a farsi progressivamente più vecchi, oltre che essere sempre di meno. Rispetto a dieci anni fa, il panorama del pubblico della televisione è cambiato drasticamente, rivelano i dati Istat. Nel 2013, gli italiani tra i 25 e i 34 anni che rispondevano di guardare la televisione ogni giorno erano l’83 per cento, nel 2022 erano appena il 66,4 per cento.

Restano stabili invece i dati delle fasce d’età più anziane. L’86 per cento delle persone tra i 60 e il 64 anni guarda quotidianamente la televisione, un dato appena 6 punti percentuali sotto quello del 2013, quando gli spettatori affezionati erano il 93,4 per cento.

La mancanza di alternative

Appare dunque verosimile che gli spettatori di Raitre si trovino più a loro agio con un volto coetaneo. Anche volendo, però, non ci sarebbe nessuna nuova leva in grado di affrontare un’eredità così pesante.

Non perché manchino i giornalisti validi in Rai, ma perché praticamente ogni esperimento di approfondimento degli ultimi anni, di qualsiasi colore politico fosse, si è dovuto scontrare con gli ascolti. E di fronte allo scarso interesse del pubblico, tantissimi programmi sono stati spostati o chiusi prima del previsto.

Per recuperare programmi di successo condotti da giornalisti giovani bisogna andare indietro di vent’anni: risalgono al 2002 e al 2003 due produzioni storiche del servizio pubblico, Ballarò e Che tempo che fa. Il primo era condotto da un Giovanni Floris trentacinquenne, appena rientrato dalla sua corrispondenza da New York, l’altro da Fabio Fazio che aveva appena compiuto 41 anni.

Floris oggi è La7, Fazio ha appena salutato Viale Mazzini per traslocare a Discovery. Ma i due, di fatto, non hanno eredi. Negli ultimi vent’anni, nessun programma di approfondimento è riuscito a coltivarsi lo stesso seguito.

Lo stesso Ballarò nel 2016 chiuse i battenti – drenato dalla concorrenza con DiMartedì di Floris – dopo due stagioni condotte da Massimo Giannini, che dall’epoca passando per la radio è tornato alla carta stampata. A sostituirlo arrivò Politics di Gianluca Semprini, che durò appena tre mesi. Per trovare un programma che reggesse la concorrenza di La7 è ci è voluta Bianca Berlinguer.

L’ultima a fare le spese del severo giudizio del pubblico Rai è stata Ilaria D’Amico: il suo Che c’è di nuovo è durato appena nove puntate e non ha mai superato il 4 per cento di share ed è stato chiuso in anticipo.

Stesso discorso per altri esperimenti fioriti soprattutto negli ultimi anni, come Popolo sovrano, che nel 2019 è andato in onda per un mese e mezzo e condotto da Alessandro Sortino, Eva Giovannini e Daniele Piervincenzi. Anche Titolo V nel 2020 dovuto fare i conti con lo share ed è stato chiuso dopo cinque mesi. Destini paragonabili quelli Seconda linea e Anni 20, in onda tra il 2021 e il 2022.

A dimostrare poi che non è soltanto l’argomento che allontana i telespettatori sta il caso Cattelan.

La punta di diamante di Sky è passata in Rai dopo un lungo corteggiamento, ma il suo Da Grande su Rai 1 era durato appena due puntate, che entrambe si erano fermate intorno al 12 per cento di share. Il suo secondo programma, pure, stenta a decollare: Stasera c’è Cattelan, in seconda serata su Raidue, viaggia sul 5 per cento di share.

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