Il presidente della commissione Esteri filoputiniano Vito Petrocelli è stato spodestato. Dopo settimane di passione, la Giunta per il regolamento ha accolto il parere della presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, e di fronte alle dimissioni di tutti e venti i colleghi parlamentari della commissione per farlo andare via, è stato decretato che così è impossibile andare avanti e bisogna rinnovare la commissione: venerdì i gruppi dovranno presentare una composizione tutta nuova. Senza Petrocelli. Dopo di che, probabilmente già martedì, Casellati convocherà la commissione per eleggere il nuovo presidente. 

Il «caso umano»

«Non si era mai visto un esponente politico, per di più proveniente dal M5s, così innamorato della sua poltrona», ha twittato l’ex capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Andrea Marcucci.

Il caso si era aperto all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Petrocelli, soprannominato compagno Petrov, in passato si era mostrato varie volte particolarmente vicino a Mosca, e in un crescendo di manifestazioni affini alla propaganda di Vladimir Putin nell’ordine si era rifiutato di approvare la risoluzione della maggioranza sugli aiuti all’Ucraina (partendo dalla questione dell’invio di armi); di partecipare all’audizione del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky; di votare tutti i provvedimenti del governo dimostrando aperto dissenso dal suo gruppo, e via via fino a tentare di organizzare un incontro tra gli omologhi dei parlamenti turco, russo e ucraino all’insaputa dei suoi colleghi. Nel frattempo è tornato alla ribalta il celebre tweet di anni fa in cui paragonava Beppe Grillo all’oppositore del regime di Putin Aleksey Navalny: «Navalny che blogger è? Rispetto a Grillo, un blogger del piffero».

La rottura con il Movimento 5 stelle e la procedura di espulsione è stata annunciata dal presidente Giuseppe Conte il 24 aprile dopo il tweet “Buona festa della liberaZione” con la “Z” che mimava il simbolo sui carri armati russi in guerra.

Tutti i gruppi, incluso il suo, gli hanno tolto il sostegno chiedendogli di andarsene, ma Petrocelli non ne ha voluto sapere fino all’ultimo. Il senatore della Lega Stefano Lucidi lo ha definito «un caso umano». 

«Mi sento abbandonato», ha detto il compagno Petrov. Per lui è «vendetta politica».

La presa d’atto

Così oggi la presidente del Senato ha sottoposto alla Giunta per il regolamento il testo in cui spiegava che per andare avanti bisogna procedere al rinnovo della commissione. Prendendo «atto delle dimissioni di 20 componenti della terza commissione permanente Affari esteri e della contestuale indisponibilità da parte dei gruppi di disegnarne i sostituti», la presidente del Senato è «tenuta, al fine di garantire il regolare svolgimento dei lavori parlamentari, a provvedere agli adempimenti necessari al rinnovo».

La giunta ha approvato la proposta all’unanimità e lo ha comunicato nell'aula la stessa presidente Casellati. Petrocelli non si arrende, e ha già annunciato che farà ricorso alla Corte costituzionale: «Io ho intenzione di fare ricorso, ma me lo consiglierà il mio legale se ne vale la pena». In un caso analogo, il precedente del senatore Riccardo Villari, rimosso dalla guida della Vigilanza Rai, la Consulta aveva dato ragione ai presidenti delle camere.

Il futuro

Dopo la rimozione di Petrocelli si apre il capitolo di chi lo sostituirà al timone della commissione Esteri. Secondo la spartizione delle presidenze di commissione, che risale ancora all’epoca del governo giallorosso, la poltrona spetterebbe ancora al Movimento. A meno che quindi Lega o Forza Italia, entrate in maggioranza successivamente, vogliano rivendicare il posto, il nuovo presidente sarà ancora un grillino. 

Oltre a Petrocelli, a rappresentare il M5s in commissione sono quattro senatori: Gianluca Ferrara, Simona Nocerino, Alberto Airola e Paola Taverna. I più quotati per prendere il posto del compagno Petrov sono il capogruppo Ferrara e Nocerino. La candidatura di Ferrara, il candidato favorito agli occhi del presidente Giuseppe Conte, rischia però di essere un buco nell’acqua: il senatore infatti ha posizioni molto vicine a quelle di Petrocelli, per esempio sull’invio di armi in Ucraina. Improbabile che possa ricevere il sostegno necessario per conquistare la presidenza. Ma anche il nome di Nocerino potrebbe incontrare difficoltà. Annoverata tra i dimaiani, rischia di non ricevere l’endorsement di Conte, pur essendo una buona carta da giocare con il Pd.

A meno che Conte non voglia stupire con una candidatura nuova. Prende quota a questo proposito l’ipotesi Ettore Licheri: l’ex capogruppo che ha dovuto cedere l’incarico a Mariolina Castellone è temporaneamente scomparso dalle scene, ma ultimamente ha ripreso a frequentare la televisione e prende spesso posizione anche in pubblico sul conflitto ucraino. Non essendosi mai occupato di esteri, resta il fatto che viene percepito dai membri della commissione come un organismo estraneo, non il miglior presupposto per proporsi come candidato alla presidenza.

Un caso simile si era verificato in commissione Agricoltura al Senato, dove nel 2020 la maggioranza aveva tentato di imporre come presidente il grillino Pietro Lorefice paracadutandolo da un’altra commissione: la mossa non andò in porto e anche parte dei giallorossi votò per confermare alla presidenza il leghista Gianpaolo Vallardi. 

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