Una norma nascosta nella manovra economica porterà nel corso dei prossimi dieci anni alla riduzione delle scuole italiane da 8.136 a 6.885. Lo scopo del taglio è risparmiare sugli stipendi dei dirigenti scolastici. Il taglio avverrà non sostituendo coloro che vanno in pensione e affidando a chi resta responsabilità sempre maggiori.

L’accorpamento degli istituti, le cui dimensioni vengono alzate dall’attuale massimo di 600 alunni a un minimo di 900 e un massimo di mille. «È una mazzata», dice Francesco Sinopoli, segretario della Flc-Cgil, il principale sindacato degli insegnanti.

Dietro la decisione la stima che in dieci anni si perderanno oltre un milione di studenti a causa del calo delle nascite. «Se si applicasse lo stesso criterio ai comuni più della metà dovrebbe chiudere fin dal prossimo anno solare – dice Marcello Pacifico, del sindacato dei profesionisti della scuola Anief – Forse ci si dovrebbe interrogare se lo stato ha il dovere di ampliare piuttosto che tagliare questi servizi, non per ultimo quello dell'istruzione».

I risparmi contabilizzati per questo taglio, al momento, sono minimi: 88 milioni di euro previsti grazie al mancato rinnovo dei dirigenti scolastici. In teoria la norma non tocca i “plessi”, cioè gli edifici scolastici veri e propri. Ma per i sindacati è probabile che come risultato dell’accorpamento diversi edifici possano essere comunque chiusi.

Un incontro tra sindacati degli insegnanti, rappresentati dei presidi e il ministro Valditara è previsto per oggi pomeriggio.

Spesa stabile e tagli reali

La manovra del governo Meloni è in linea con quanto previsto dai governi precedenti per ciò che riguarda le spese scolastiche e non sono previsti nuovi investimenti. La manovra si limita a stanziare risorse già previste per gli aumenti contrattuali del pubblico impiego. Una sorta di aumento “una tantum in attesa del vero e proprio rinnovo dei contratti, scaduti ormai da anni.

Questo si traduce in un aumento un tantum per docenti e personale Ata, che dovrebbe ammontare a circa 100 euro l’anno. Per coprire questo aumento sono necessari circa 300 milioni di euro. Ma dal testo della manovra questa cifra risulta coperta solo per metà. Una possibilità per colmare la differenza è quella di prelevare parte dei 300 milioni stanziati per il salario accessorio dei docenti e utilizzarli per finanziare l’aumento una tantum.

Ma le spese costanti con un’inflazione che nel 2022 ha superato il 10 per cento significa una diminuzione delle risorse reali a disposizione del sistema formativo. Secondo i dati ufficiali, l’Italia è da anni uno dei paesi  europei che spendono meno in istruzione, una voce di spesa sempre stabile nonostante le promesse di investimento di tutti gli ultimi governi.

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