Un incontro che permette a tutti di portare a casa qualcosa, con dei piccoli accordi su temi specifici. Ma poi, nei fatti, il rapporto tra Giorgia Meloni e Olaf Scholz resta tiepido: l’intesa non decolla e il Piano d’azione resta a terra.

L’ostacolo principale a una relazione salda, che a un certo punto possa sostituire almeno parzialmente quella con Parigi, è il fatto che Scholz e Meloni continuano a essere avversari politici, ancor prima che capi di governo alleati. In questo contesto anche il Piano d’azione, che nasceva come un quadro in cui costruire un legame strettissimo tra Italia e Germania, diventa un canale per un contatto diretto quando necessario, più che il rapporto strutturale progettato da Mario Draghi. La situazione fra i tre paesi fondatori resta dunque sospesa.

Il rapporto tra Germania e Francia risente degli screzi politici e della mancanza d'intesa tra Scholz e Macron, quello tra Roma e Parigi ha bisogno della periodica mediazione di una figura come il capo dello Stato, che mercoledì ha rafforzato il legame con una visita al presidente francese. I due capi di governo in conferenza stampa hanno annunciato la firma del Piano d’azione entro l’anno, presumibilmente in autunno, quando avrà luogo un nuovo incontro e il testo sarà presentato ufficialmente.

Ma l’entusiasmo che si registra intorno alla chiusura dei lavori, guardati con molta attenzione da Berlino, appare limitato. Meloni resta la campionessa della destra estrema che in Germania è condannata all’ostracismo politico. Alternative für Deutschland sta vivendo un momento di grazia e si attesta al 19 per cento, secondo partito nei sondaggi: pur avendo bisogno dei risultati pratici con cui ha promesso di sconfiggere la destra, Scholz non può mostrarsi troppo accondiscendente con Meloni. Può però essere utile un’infrastruttura diplomatica come il Piano, da utilizzare per singole questioni su cui gli interessi nazionali di volta in volta coincidono, mentre il lavorio di ministeri e organismi nazionali avanza sottotraccia, a prescindere dal colore dei governi.

L’immigrazione

Roma continua ad avere bisogno di qualche risultato sul tema dell’immigrazione, e anche a Scholz l’idea di fare chiarezza sulla riforma del trattato di Dublino non dispiace. Una manifestazione di intenti comuni è arrivata, in conferenza stampa. Premier e cancelliere hanno condiviso l’idea di un maggiore sforzo di collaborazione con i paesi di partenza e di transito: «Scaricare i problemi o puntare l’indice sugli altri o puntare l'indice sugli altri sono tentativi destinati a fallire. Dobbiamo fare quanto è necessario. Che Italia debba intraprendere tanti sforzi visti i tanti immigrati che arrivano in Italia, è evidente, molti richiedenti asilo arrivano anche in Germania» ha detto Scholz.

Meloni si è prodigata a sottolineare come la collaborazione con gli stati d’origine che limiti partenze e faciliti i rimpatri, abbia fatto il salto di qualità con i viaggi in Nordafrica, in particolare a Tunisi, dove tornerà domenica con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ma la condivisione si limita alle questioni di principio. Non si è parlato delle ricadute pratiche di un nuovo sistema di accoglienza e ripartizione.

La linea tedesca va nella direzione di proporre la realizzazione di centri dove chi arriva da paesi extracomunitari possa presentare domanda d’asilo: realtà che andrebbero collocate, secondo Berlino, alle frontiere esterne, come quell siciliane o quelle greche. Insomma, meglio evitare di parlare di ripartizione e di ong. L’ultimo caso è quello delle due navi battenti bandiera tedesca, la Sea-Eye 4 a Ortona e la Mare*go a Lampedusa, sequestrate dopo le missioni di salvataggio. Un tema che i due capi di governo hanno evitato di toccare.

Lo sforzo per cui Meloni ha forse conquistato più credito presso la cancelleria di Berlino è il versante energetico delle sue trattative con il Nordafrica. La Germania è reduce da un anno di lavoro forsennato per sostituire la fornitura di gas che allo scoppio del conflitto in Ucraina era praticamente tutta in mano alla Russia. La prospettiva che in futuro si possa contare anche sull’Italia per ottenere gas e idrogeno non può che essere positiva. Punti centrali della strategia europea per la differenziazione sono infatti il Southern Corridor per il gas del Nordafrica e del medio oriente e una nuova infrastruttura che porterà idrogeno verde dall’Italia alla Germania.

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