Il giorno dopo il voto sardo è in realtà un ritorno al passato. Almeno, per quanto riguarda le trattative nel centrosinistra sulle prossime elezioni regionali. Giuseppe Conte, nel day after della vittoria di Alessandra Todde, si era spinto a dire che dall’isola sarebbe partito il vento del cambiamento in direzione terraferma.

Ma la «splendida giornata» di cui ha parlato il presidente del Movimento 5 stelle, per il momento, si schianta ancora contro i desideri delle delegazioni grilline nei consigli regionali di Basilicata e Piemonte. In Basilicata le liste vanno presentate entro fine marzo, e il Pd spinge per celebrare delle primarie lampo di coalizione per individuare un candidato condiviso, dopo che il M5s aveva respinto il nome di Angelo Chiorazzo, spalleggiato anche dall’amico personale di Conte, Roberto Speranza.

Il suo nome aggregherebbe anche i voti dei moderati e il M5s non ha un candidato forte da schierare. Senza contare che il fatto di aver quasi doppiato il Movimento in Sardegna, permette al Pd di accampare diritti sui prossimi nomi da far correre nelle regioni al voto.

Poi, a differenza della Sardegna, dove un eventuale fallimento si sarebbe potuto imputare – dal punto di vista del M5s – alla lista di Renato Soru, in Basilicata non ci sono scuse. Il vantaggio che i sondaggi attribuiscono alla destra è di una manciata di punti percentuali e far mancare il proprio sostegno a un candidato di centrosinistra porterebbe a una sconfitta tutta imputabile a Conte.

A spingere verso la mano tesa di Elly Schlein è anche una grossa parte del gruppo dirigente del Movimento, a partire dal capogruppo al Senato, Stefano Patuanelli, che ieri ha aperto addirittura a un «accordo nazionale» con il Pd. A cementare l’asse potrebbe contribuire anche il voto in Abruzzo, dove già si profila un’altra corsa al fotofinish tra l’amico personale di Giorgia Meloni, Marco Marsilio, e Luciano D’Amico, candidato civico considerato vicino ai dem. Da settimane i leader hanno preso a visitare la regione, dove ha annunciato una sua comparsa anche la stessa Todde, madrina della seconda vita del campo largo.

Il caso piemontese

Per ora in programma non ci sono incontri per risolvere le trattative locali. «Ci sono i tavoli territoriali, se la vedranno loro» è il ragionamento che filtra da via di Campo Marzio, ma l’impressione è che un’indicazione da Roma potrebbe fare la differenza. Soprattutto in Piemonte, che è l’ultima regione che va al voto nell’election day delle europee.

A gelare tutti è stata Sarah Disabato, capogruppo grillina in Consiglio regionale, che ha spiegato come il Piemonte sia «una realtà ben diversa». Nella regione in cui il centrodestra schiera Alberto Cirio, agguerritissimo presidente uscente, i Cinque stelle, sul futuro del rapporto con gli ex avversari dem, indicano come massima l’ultima dichiarazione di Conte.

«Più che creare un cartello di sigle, che diventa un campo largo o giusto che diventa minato e non riesci a offrire risposte quando inizia a governare, credo che chiarezza, linearità e obiettivi chiari paghino», ha detto l’ex premier. Un alibi per un gruppo regionale che non riesce a mettersi nell’ordine delle idee di sostenere un candidato condiviso con chi è stato l’oppositore più feroce in comune a Torino per cinque anni, per altro finendo per sostituire Chiara Appendino. Chiara Gribaudo, scesa in campo per il Pd, non ha intenzione di mollare e ha già convocato per domani sera un incontro con i suoi.

Dal Movimento, intanto, dicono di essere in attesa delle risposte dei dem sulle tematiche sulle quali non è ancora stato trovato un compromesso. «Una minima parte del programma» replicano dal Pd locale. Ma di fronte allo stallo non sembra esserci altra soluzione se non un intervento da Roma per sbloccare la trattativa: un’indicazione da via di Campo Marzio toglierebbe sicuramente le castagne dal fuoco al Movimento piemontese, che avrebbe una buona motivazione da dare alla propria base per sostenere un candidato dem. In Piemonte i sondaggi sono meno favorevoli al centrosinistra, ma da qui a giugno c’è tempo per recuperare. E lo spazio di manovra di un Conte secondo violino rischia di ridursi sempre di più.

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