Diverse iniziative adottate in ambito europeo - dalle etichette dei vini al Nutri-Score alla farina di grilli - vengono commentate da esponenti della maggioranza di governo come se fossero un attentato alla sovranità alimentare del paese.

Dell’etichettatura del vino abbiamo già trattato in un articolo precedente, spiegando che al momento non c’è alcuna normativa allo studio dell’Unione europea tesa a imporre avvertenze allarmistiche, come la legge irlandese autorizzata di recente. Dunque, nessuna minaccia ai vini italiani. Serve soffermarsi sugli altri temi: l’Ue imporrà agli stati membri il sistema Nutri-Score? La farina di grilli potrà essere contenuta nei prodotti senza che il consumatore possa rendersene conto?

Le etichette nutrizionali

Dal 2011, un regolamento dell’Ue (n. 1169) prevede che i generi alimentari preimballati venduti nel mercato interno, salvo poche eccezioni, debbano recare un'etichetta, posta di solito sulla parte posteriore, che informi i consumatori in merito al loro apporto energetico e nutrizionale (quantità di grassi, carboidrati, proteine ecc.).

Il regolamento dispone che, oltre alla dichiarazione nutrizionale obbligatoria sul retro della confezione, possa essere apposta su base volontaria anche un’etichetta con informazioni nutrizionali aggiuntive nella parte anteriore dell'imballaggio (front-of-pack, fronte-pacco, Fop), per aiutare i consumatori a giudicare a colpo d'occhio le più rilevanti caratteristiche degli alimenti al momento dell'acquisto. Quest’etichetta “supplementare” è stata adottata da vari paesi.

Siccome l’etichetta fronte-pacco si è dimostrata tale da migliorare «la qualità salutistica del carrello della spesa», la Commissione Ue reputa di renderla obbligatoria, come quella posta sul retro, e di armonizzarla a livello dell'Ue con un modello unico. L’iniziativa rientra nell’ambito della strategia “Dal produttore al consumatore” (“From Farm to Fork”), «per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell'ambiente», presentata dalla Commissione nel maggio 2020 nell'ambito del Green Deal europeo. La proposta della Commissione Ue sull’etichetta Fop armonizzata è prevista per il 2023.

Tra i sistemi oggetto di esame c’è il Nutri-Score, sviluppato e promosso dalla Francia. Il Nutri-Score valuta la qualità nutrizionale attraverso due scale correlate: una cromatica (dal verde al rosso) e una alfabetica (dalla A alla E). Un algoritmo sottrae dal valore totale degli elementi “sfavorevoli” (calorie, acidi grassi saturi ecc.) quello degli elementi “favorevoli” (percentuale di frutta, verdura ecc.). Il Nutri-Score è oggetto di critiche: tra l’altro, essendo calcolato su 100 grammi, non tiene conto delle dimensioni delle porzioni standard, che potrebbero essere anche molto inferiori; inoltre, non considera l’impatto dell’alimento sui soggetti con specifici problemi di salute. Anche il Garante italiano per la concorrenza e il mercato ha rilevato una non corretta esposizione nutrizionale.

Agli antipodi del Nutri-Score c’è il “Nutrinform battery”, elaborato e adottato dall’Italia, che offre informazioni, non valutazioni, sulle sostanze nutritive e si riferisce non a 100 grammi, ma a una porzione standard. Il Nutrinform indica la percentuale di calorie, grassi saturi, grassi totali, zuccheri e sale rispetto alla quantità di assunzione raccomandata quotidianamente: ciò è espresso in forma grafica mostrando per ciascuno di tali elementi il livello di “riempimento” di una batteria, che indica l’apporto giornaliero raccomandato. Il sistema, quindi, mira a far capire al consumatore come e quanto quella porzione di alimento si inserisce nell’apporto alimentare giornaliero.

Tra i due sistemi si collocano soluzioni intermedie. Al momento, la Commissione europea non ha ancora deciso quale adottare, e pertanto non è in procinto di imporre il Nutri-Score, come qualcuno in Italia paventa perché esso penalizzerebbe alcuni prodotti tipici della dieta mediterranea. Anzi, tra gli stati membri emergono dubbi riguardo a tale sistema, oggi adottato solo da 7 di essi su 27. E le decisioni nell’UE non calano dall’altro, ma serve il concorso di tutti i paesi. Prospettare sempre vittimisticamente l’esistenza di minacce da parte dell’Unione a questo o quel settore nazionale è una strategia forse fruttuosa sul piano della propaganda interna, ma che rischia di apparire inopportuna in sedi istituzionali europee.

La farina di grilli

Un’altra polemica riguarda la farina di grilli, dopo l’autorizzazione appena concessa dalla Commissione Ue. Si dice che tale farina potrebbe essere inserita in una serie di alimenti, e magari senza che il consumatore possa rendersene conto, minando le basi della dieta mediterranea. Le cose non stanno esattamente in questo modo. 

La polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico), è uno dei “novel food”, i nuovi alimenti, disciplinati in Ue sin dal 1997 (regolamento n. 258), e da ultimo con un regolamento del 2015 (n. 2283). “Novel food” sono i prodotti per i quali non è dimostrabile un consumo “significativo” all’interno dell’Ue al 15 maggio 1997, data del primo regolamento. Nella domanda di autorizzazione alla Commissione per la messa in commercio di un “novel food” vanno riportati tutti i dati scientifici a supporto della sicurezza del suo consumo.

L’alimento dev’essere valutato dall’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) per diversi aspetti, quali la possibilità di rischi per la salute umana, la corretta etichettatura, l’assenza di svantaggi nutrizionali qualora esso sostituisca un alimento preesistente. A seguito della valutazione positiva da parte dell’Efsa, la Commissione rilascia l’autorizzazione, inserendo l’alimento nell’elenco europeo dei “novel food” dell’Unione (Union list), insieme a una serie di specifiche. La Commissione può anche prevedere un monitoraggio successivo all'autorizzazione. Infine, per cinque anni solo la società autorizzata può immettere sul mercato dell'Unione il nuovo alimento, salvo che un richiedente successivo ottenga un'autorizzazione per lo stesso alimento in base a dati scientifici diversi da quelli, protetti da proprietà industriale, presentati dal primo richiedente.

Le etichette dei “novel food” devono rispettare requisiti più stringenti rispetto a quelli degli alimenti tradizionali, dovendo «informare i consumatori finali su qualsiasi specifica caratteristica o proprietà», quali «la composizione, il valore o gli effetti nutritivi e l’uso previsto dell’alimento», nonché «sulle implicazioni per la salute di gruppi specifici della popolazione», come ad esempio reazioni allergiche. Insomma, l’iter per giungere al riconoscimento dei nuovi cibi è lungo e complesso e la loro immissione in commercio è presidiata da una serie di cautele, a tutela della salute dei consumatori e della loro corretta informazione.

Sarà imposto ai cittadini europei il consumo di farina di grillo o di altri alimenti esotici? L’Ue vuole attentare alle tradizioni alimentari italiane? Nulla di tutto questo. Cibarsi di nuovi alimenti è ovviamente una facoltà, non un obbligo, e chiunque potrà continuare a mangiare come gli pare. La farina di insetto potrà essere inserita disinvoltamente in certi prodotti? A parte il fatto che si tratta di un alimento molto costoso, la cui presenza influirebbe sul prezzo in maniera palese, gli obblighi di etichettatura impediscono che esso possa venire usato senza comparire tra gli ingredienti, con tutte le indicazioni necessarie.

Sul sito della Commissione europea c’è una lunga lista di “novel food” autorizzati negli ultimi anni, e di ogni tipo. Tra gli insetti, oltre al grillo, c’è il verme giallo essiccato (tarma della farina), la locusta migratrice e le larve del verme della farina minore (alphitobus diaperinus). Ma solo da ultimo, per i grilli, sono stati prospettati attacchi verso la sovranità alimentare dell’Italia. Non sarà che le relative polemiche - sollevate proprio ora, e solo per l’alimento autorizzato di recente - rientrano nel filone vittimistico contro la Ue di cui si è detto, funzionale alla propaganda di una certa politica?

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