Il Nutriscore sarà una delle prime prove di sovranità alimentare per il neo-ministro Francesco Lollobrigida, che ha già dichiarato la propria ostilità al meccanismo. Peraltro in linea con i precedenti governi. Il dibattito sul sistema di etichettatura unico europeo si è infatti trasformato in una sorta di sfida italo-francese.

Da una parte c’è Roma, supportata da Grecia, Repubblica Ceca e Ungheria, dall’altra Parigi sostenuta da Germania, Belgio e Spagna. I paesi del nord Europa sono invece nel ruolo di terzo incomodo: non sono d’accordo né con gli italiani né con i francesi.

La partita, comunque, è tutta da giocare: la proposta della commissione europea, prevista inizialmente per la fine del 2022, è slittata all’inizio del prossimo anno. Nella migliore delle ipotesi arriverà gennaio, secondo altre interpretazioni sarà avanzata in primavera, tra marzo e aprile.

Etichetta europea

Nel dettaglio, la questione riguarda la decisione dell’Ue di adottare, nell’ambito della strategia farm to fork, un meccanismo di etichettatura uniforme in grado di fornire un preciso quadro di informazioni al consumatore.

Lo scopo è soprattutto quello di individuare le qualità alimentari dei prodotti. Così il modello proposto, sotto la spinta di varie ricerche, è quello del Nutriscore, gradito alla Francia e dato per favorito fino a pochi mesi fa. Il sistema è anche ribattezzato “a semaforo” per il suo funzionamento. Sul pacco, infatti, ci sono vari colori, per sintetizzare visivamente i valori nutrizionali, principalmente grassi, sale, zuccheri e kilocalorie. Si va quindi dal verde, che indica i cibi non dannosi per la salute, al rosso, che contraddistingue gli alimenti meno salubri.

E qui arriva il nodo che ha sollevato le proteste in Italia: tra i cibi che finirebbero sul rosso, ci sono alcune tipicità italiane, su tutti i formaggi e i salumi, che hanno un’elevata presenza di grassi e sale, e l’olio di oliva, che ha un alto contenuto calorico.

I produttori agricoli e i consorzi dei prodotti dop hanno esercitato pressione sulla politica affinché si opponesse a questa modalità di etichettatura. Un dato è certo: la contrarietà al Nutriscore ha messo insieme, per una volta, l’intero panorama politico. Una delle contestazioni riguarda la tecnica di classificazione, che avviene in base alle quantità, quindi 100 grammi o 100 millilitri, e non sulla base di una singola porzione. Il senso: un conto sono 100 grammi di parmigiano, un'altra una porzione da 20 grammi.

Semaforo della discordia

«Nutriscore non funziona, perché dà le pagelle ai cibi», dice Paolo De Castro, eurodeputato del Pd e già ministro delle Politiche agricole del governo D’Alema e del secondo esecutivo di Prodi. «Il problema», secondo l'esponente dem, «è che si rischia di favorire alimenti iper processati, promuovendo le patatine che rispetto alle altre hanno meno grassi.

Così si finisce per ingannare il consumatore». Su questa onda si è mossa la grancassa della difesa del Made in Italy, rilanciata da tutti i partiti, incluso Fratelli d’Italia, e fatta proprio inevitabilmente dal ministro Lollobrigida. Pronto a proseguire la battaglia in nome della tutela della «dieta mediterranea». Tuttavia, su questo lato emerge una certa debolezza delle argomentazioni anti-Nutriscore: formaggi e salumi non sono certo l’elemento portante della dieta mediterranea, che privilegia come noto cereali, frutta e verdura e indica una moderazione nel consumo di salumi, formaggi e carne.

Dalla sua prospettiva, la ricercatrice francese, Mathilde Touvier, non è convinta dalle critiche mosse al Nutriscore. Come ha detto in un’intervista alla rivista specializzata The Conversation, questo sistema «permette, all’interno della vasta categoria delle patatine, di identificare facilmente quelli con la migliore qualità nutrizionale caratterizzato dalla lettera A rispetto a quelli più calorici caratterizzati dalla lettera D o E».

In questo senso Touvier ha ricordato che «nessun alimento è vietato, è tutta questione di equilibrio». Insomma, dietro alle barricate italiane si avverte una pressione costante, soprattutto del mondo agricolo con in testa la Coldiretti, e dei grandi consorzi. Anche per questo è impensabile che Lollobrigida possa arretrare, visti i rapporti strettissimi tra il suo partito e le organizzazioni degli agricoltori.

La batteria italiana

L’Italia da parte sua ha rilanciato un altro modello, il nutrinform battery, introdotto nel novembre 2020 dal governo Conte bis. L’etichetta riporta i valori nutrizionali, con l'elemento grafico della carica di una batteria, in relazione alla quantità consigliabile per una persona adulta, in una dieta equilibrata, nel corso della giornata. Secondo un dossier, redatto dal governo Draghi, questo sistema si «basa su elementi scientificamente fondati e su criteri effettivi e non discriminatori».

Tra le due opzioni emerge anche una via alternativa, quella propugnata dagli scandinavi: l’etichettatura a serratura, che non crea una classificazione dei cibi, ma indica le qualità migliori. Quindi può esserci una colorazione verde o un cuore per indicare la salubrità di un prodotto, ma senza valutazioni negative paragoniabili al semaforo rosso del Nutriscore.

Il confronto resta aperto, quindi, anche se l’ex ministro Stefano Patuanelli aveva detto che la «partita per il sistema a semaforo è chiusa». Il supplemento di tempo dell’Ue, secondo varie fonti, lascia presagire un possibile compromesso come soluzione definitiva. In modo che ognuno possa rivendicare di aver difeso l’interesse nazionale. E nel caso italiano di aver protetto la sovranità alimentare.

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