Mesi e mesi di annunci del piano Mattei, citato da Giorgia Meloni e dai suoi fedelissimi come la terra promessa della strategia geopolitica ed energetica dell’Italia. Ma quando si compie il passo concreto, la produzione del primo atto ufficiale, si scopre che è solo un elenco di buone intenzioni nei rapporti con il continente africano. Può attendere ancora la rivoluzione per riposizionarsi nel Mediterraneo, aiutando lo sviluppo dell’Africa. Di concreto ci sono solo la costituzione dell’ennesima cabina di regia a Palazzo Chigi e la nascita di una nuova struttura di missione, che avrà una durata quadriennale, e un costo di 2 milioni e 600mila di euro all’anno, ovviamente con un marcata accentramento alla presidenza del Consiglio. Per il resto non c’è alcun riferimento alle risorse da investire, alla visione che si punta a portare avanti. Resiste giusto l’uso del nome del manager, morto nel 1962, per rendere appetibile la narrazione mediatica. Il tutto sotto il cappello, ancora una volta, di un decreto-legge.

Propaganda di corsa

Il governo ravvede il carattere di urgenza, nonostante l’operazione fosse stata annunciata addirittura nel discorso di insediamento alla Camera della premier. È passato un anno. Ora c’è fretta, bisogna procedere di gran carriera e far approdare il testo nel cdm di oggi. Una mossa necessaria a sbandierare uno dei vessilli della propaganda meloniana, il piano Mattei appunto, da approvare in concomitanza della presentazione della riforma costituzionale. Il copione è già scritto: la giornata sarà presentata come storica, memorabile e così via, spingendo al massimo sullo storytelling di un esecutivo impegnato a fare riforme.

Serve «un approccio nuovo con l’Africa che non sia predatorio e paternalistico, che non sia un'idea di un’Africa che va aiutata con la carità», ha spiegato anche di recente la presidente del Consiglio. Meloni ha quindi sostenuto che il continente «possa vivere di sviluppo e benessere grazie alle ricchezze che possiede, con l'aiuto di nazioni che investono e costruiscono rapporti di lungo periodo». Cosa si può chiedere di più se non un governo che riscrive la Costituzione, con il premierato, e ambisce a riprendersi un ruolo da protagonista nel Mediterraneo, con il piano Mattei? Nulla. Così torna tutto utile per mettere un po’ di polvere sotto il tappeto, a cominciare da una legge di Bilancio che ha creato un coro di malcontenti. Ma il piano Mattei non ha alcun piano. Il testo, formato da 7 articoli, predispone solo la governance «Sembra essere semplicemente una scopiazzatura del Global gateway europeo. Una strategia di investimenti e di cooperazione allo sviluppo lanciata a fine 2021 dalla Commissione europea, del valore di 300 miliardi di euro complessivi entro il 2027. Con la differenza che il Piano Mattei italiano per ora è senza il becco di un quattrino», commenta la deputata di Italia viva, Isabella De Monte.

La grande novità sarà quindi la cabina di regia, guidata da Meloni con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel ruolo di vice con gli altri ministri chiamati a completare la squadra politica. Sarà una sorta di consiglio dei ministri allargato alle società pubbliche, Cassa depositi e prestiti e Sace in testa, insieme alle altre partecipate, i rappresentanti del mondo universitario, del terzo settore e della società civile.

Tutto intorno a Chigi

Nell’organismo, osserva il co-portavoce di Europa verde, Angelo Bonelli, «sarà presente Eni, e infatti De Scalzi è il vero artefice e suggeritore della strategia energetica del governo Meloni». Secondo il deputato di Avs, «si scrive piano Mattei, ma si legge piano De Scalzi». Che ha una pecca capitale: «Non prevede nessuna risorsa da destinare alla cooperazione allo sviluppo», rileva Bonelli. La parte operativa sarà affidata a una struttura di missione a Palazzo Chigi con un contingente di 19 unità, compresi i dirigenti. Dettagli di un contenitore in cui i contenuti sono rinviati di almeno tre mesi.

Se ne parlerà, infatti, tra gennaio e febbraio ammesso che il cronoprogramma sarà rispettato, quando si dovranno mettere insieme gli appunti per avere un testo compiuto da esaminare in un nuovo consiglio dei ministri.

Secondo la bozza del provvedimento, ogni singolo ministero deve trasmettere «le iniziative rivolte a stati del continente africano programmate o in corso di svolgimento, con specifica indicazione delle risorse finanziarie destinate e dei tempi previsti di realizzazione» e le «proposte di linee di azione e di riforma, volte a incrementare l’efficacia della collaborazione tra Italia e stati del continente africano». Il governo è tenuto a trasmettere in parlamento, entro il 30 giugno, una relazione sullo stato d’attuazione del piano. Ma quale sarà, a oggi, non è dato saperlo.

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