Mettere su un sindacato in pochi mesi forse non era poi così facile. O almeno, questa è la realtà con cui si sono scontrati i neosindacalisti di Unirai, il sindacato “indipendente” (leggi “di destra”) nato in Rai dopo il cambio di governance.

L’operazione, messa in piedi con il contributo di alcuni tra i dirigenti più importanti della nuova Rai, stenta a decollare. Eppure, il lancio, a favore di giornali e ben documentato dal servizio pubblico sovranista, sembrava dare finalmente fiato a quanti, soprattutto tra i giornalisti di destra, si erano sentiti vessati e ostacolati nella loro carriera.

Due su tutti, che hanno anche voluto condividere i loro difficili destini dal palco: il corrispondente da New York Claudio Pagliara e nientemeno che Bruno Vespa. E invece la riscossa dal basso della destra in Rai sembra essersi spenta sul nascere. I dirigenti di Unirai sono bloccati nella fase di ottenimento delle agibilità sindacali: niente permessi sindacali, niente sede interna e nemmeno una mail aziendale.

Paradossale, considerato che gli iscritti appartengono allo stessa area di chi guida l’azienda. E quindi, il malcontento della base del sindacato – ormai Unirai avrebbe superato i trecento iscritti – inizia a farsi sentire. C’è aria di tradimento. Il timore è che sia stato tutto un “armiamoci e partite” e che i padrini politici dell’iniziativa non vogliano portare a termine quel che hanno iniziato.

Intenzioni bellicose

Le controparti nella trattativa di riconoscimento del sindacato sono l’ufficio personale, guidato da Felice Ventura, e gli Affari legali, in mano a Francesco Spadafora, che rispondono all’ad Giampaolo Rossi. Per il momento hanno respinto le richieste di Unirai con la motivazione che non ci sarebbero le condizioni necessarie per riconoscere l’associazione come sindacato. Ragioni tecniche, insomma, anche se c’è chi sospetta che tutto sia legato alla paura di un possibile ricorso di Usigrai – il sindacato unitario dei giornalisti – che di trattative contrattuali ne ha all’attivo parecchie, a differenza della neonata associazione.

«Ma i dirigenti Rai potrebbero anche usarci come merce di scambio», arriva a ipotizzare qualcuno. Fatto sta che da fine dicembre – quando si è presentato ai vertici – Unirai nelle vicende dell’azienda non tocca palla, e non avrebbe ricevuto neanche risposta a richieste su questioni specifiche.

Ora, a valle di diversi scambi di proposte di accordo, respinti a momenti alterni da entrambe le parti, l’aspirante sindacato ha intenzioni bellicose e valuta di procedere legalmente per comportamenti antisindacali. Ventura e Spadafora, però, «sono tipi navigati» spiega chi conosce bene viale Mazzini, e non è detto che la strategia della causa paghi.

Gli occhi degli aspiranti sindacalisti sono puntati sui meloniani ai vertici. Ma anche volendo trovare una soluzione politica all’inghippo tecnico – che a tanti esperti non pare possibile – non è arrivata alcuna indicazione dai piani alti. E comunque non è così certo che, qualora arrivasse, Ventura l’asseconderebbe immediatamente.

Con un passato a Rainet quando il presidente era Rossi, si è guadagnato la fiducia del futuro ad, che l’ha sostenuto per arrivare a diventare capo del personale. Ora però Ventura vorrebbe cambiare incarico, ma gli spazi a disposizione per un nome ingombrante come il suo sono pochi. In attesa di un riscontro dai meloniani in Rai, i sindacalisti si sono rivolti anche a Lega e Forza Italia, ottenendo per il momento solo l’iscrizione simbolica di Maurizio Gasparri alla Figec Cisal, il sindacato sotto il cui ombrello vorrebbe collocarsi l’associazione.

Manovre

Nel frattempo, Unirai resta appesa. «C’è una trattativa in corso, speriamo si risolva in tempi rapidi. Nonostante i rinvii, siamo fiduciosi», dice il segretario Francesco Palese.

In azienda la simpatia per la causa è tiepida, per altro tanti temono che Amadeus decida di accettare l’offerta di Discovery – in scadenza il 30 marzo – e lasciare la Rai nonostante Viale Mazzini abbia pareggiato l’offerta in termini economici aggiungendo la disponibilità ad affidargli una struttura creativa con cui inventare nuovi format. Insomma, Unirai non è proprio in cima alla lista delle priorità.

Ma tanto il futuro della trattativa, per una coincidenza fortunata per tutti – eccetto per i combattenti di Unirai – finirà in capo al prossimo consiglio d’amministrazione. Quindi un altro rinvio, con chissà quali interlocutori.

Su questo punto l’ultima suggestione riguarda la possibilità che Roberto Sergio, ad uscente, rientri in gioco come dg. La sua disponibilità sarebbe già stata sondata. Si tratta di una soluzione che non dispiacerebbe alla Lega, che però non sarebbe pronta a barattare altre direzioni con il suo incarico.

Ma al partito di Matteo Salvini Sergio servirebbe anche in quota anti Mellone, il visionario (almeno agli occhi dei meloniani) sovranista che potrebbe prendere la guida dell’intrattenimento Day time e Prime time. Intanto, tutta l’attenzione è sulle candidature a consigliere del cda. L’ultimo ad aver imbucato il proprio curriculum (dalla maggioranza dicono che non lo farebbe senza una sicura sponda dem) sarebbe Antonio Di Bella.

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