Il Movimento 5 stelle ha votato la fiducia al governo, ma è improbabile che appoggerà il merito del decreto Aiuti:  lunedì si asterranno sul merito del testo per lanciare un segnale. In quel provvedimento rimangono infatti presenti norme difficili da mandar giù per i Cinque stelle, come i poteri per costruire il termovalorizzatore a Roma. Il governo ha comunque incassato la fiducia con 410 sì, contro 49 no e un astenuto. I deputati presenti erano 460.

Ora lo scontro si sposta sugli ordini del giorno: i Cinque stelle sono in subbuglio per la riformulazione proposta dal governo su un testo che riguarda le modifiche contenute nel decreto Aiuti al reddito di cittadinanza. Un altro ordine del giorno contro il termovalorizzatore da costruire a Roma ha ricevuto parere negativo dall’esecutivo, un’ulteriore provocazione, dal punto di vista dei grillini. 

«Per quanto riguarda il voto finale sul testo francamente non abbiamo compreso perché ci sia stata l’ostinazione di inserire una norma del tutto eccentrica che non c’entra nulla con la materia dei sostegni e che riguarda la prospettiva di un inceneritore che è assolutamente obsoleta. È la ragione per cui abbiamo adottato una linea che non può essere quella di condividere il contenuto» ha detto il presidente del Movimento.

È la prima votazione successiva all’incontro tra Giuseppe Conte e Mario Draghi. Nella geografia in cui Conte dovrà scegliere nei prossimi giorni – entro luglio, ha annunciato lui stesso – se continuare a rimanere nel governo Draghi, gli eletti Cinque stelle si schierano in maniera netta per l’addio all’esecutivo.

Lo certifica lo stesso presidente del Movimento in un colloquio con il Fatto quotidiano in cui assicura che «la comunità Cinque stelle ha già un piede fuori dal governo».

L’assemblea congiunta di ieri sera ne è stata la prova più concreta: dopo l’intervento introduttivo di Conte, trasmesso in chiaro, in cui l’avvocato ha ricapitolato i temi centrali discussi nell’incontro con Draghi, gli interventi di deputati e senatori hanno chiarito che non c’è spazio per ulteriori rinvii, dopo la fine di luglio. 

Che i parlamentari non fossero entusiasti della permanenza al governo era emerso già nei giorni scorsi, quando in tanti avevano letto nelle parole del segretario dem Enrico Letta e in quelle del ministro della Cultura Dario Franceschini, sull’eventuale rottura dell’alleanza giallorossa un’ulteriore ragione di lasciare il governo. 

Il decreto Aiuti

La scadenza individuata da Conte non disinnesca i prossimi appuntamenti per l’approvazione dei provvedimenti di governo, come il decreto Aiuti.

Più difficile prevedere cosa possa accadere la prossima settimana, quando il decreto passerà al Senato, dove gli animi sono ancora più esacerbati e soprattutto il regolamento del Senato prevede un solo voto per fiducia e testo. Di conseguenza, se i Cinque stelle volessero mettersi di traverso si porrebbero in seria contrapposizione con il governo, negandogli la fiducia. 

I numeri della maggioranza sono poi meno sicuri a palazzo Madama rispetto a Montecitorio, quindi un’altra opzione sul tavolo è quella di non far mancare i numeri al governo ma lanciare un segnale con assenze mirate. 

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