Il Senato ha approvato in via definitiva l’istituzione della Commissione di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori nel 1983, la famiglia Orlandi era presente in aula. Dopo 40 anni riparte la ricerca della verità. Alla Camera il testo era stato votato all’unanimità, a palazzo Madama non è andata così. Tutti i gruppi hanno dichiarato voto favorevole, ma l’ex democristiano Pier Ferdinando Casini aveva preannunciato che avrebbe votato no, e alla fine si è astenuto «per rispetto al dolore della famiglia», in Senato tuttavia equivale a un voto contrario. Ha votato direttamente contro Roberto Menia, di Fratelli d’Italia. Mentre Murizio Gasparri (Fi) ha criticato molto l’iniziativa.

Il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, è contento: «Finalmente la commissione è diventata legge. Sono contento, anche di tutte le dichiarazioni che ci sono state in Aula, tutte con la volontà di fare chiarezza. A parte gli interventi imbarazzanti di Gasparri e Casini». I senatori dopo il voto si sono alzati in piedi applaudendo.

Un inter complesso

Dall’approvazione alla Camera sono passati mesi, visto che a Montecitorio la proposta di legge era stata votata il 23 marzo. Palazzo Madama ha rinviato e deciso di di svolgere delle audizioni. Il peso dei presunti intrecci delle due storie con il Vaticano è pesato su tutto l’iter parlamentare. Alessandro Diddi, il promotore di giustizia vaticano che sta indagando sul caso Orlandi, convocato dai senatori, si è detto contrario alla sua istituzione.

La procura italiana, che ha a sua volta ricominciato a indagare, invece si è limitata a chiedere cautela. Lo stesso giorno è stato ascoltato anche il giornalista Andrea Purgatori, oggi scomparso, che, come la famiglia tramite l’avvocata Laura Sgrò, ha chiesto con forza di cercare ancora la verità.

Il relatore di Fratelli d’Italia, Andrea De Priamo, ha assicurato che non ci saranno sovrapposizioni, e durante la relazione ha aggiunto: «Non ci dobbiamo illudere che la Commissione possa fare miracoli». Maurizio Gasparri (FI) si è infervorato: «Non deve diventare un processo a Giovanni Paolo II», il papa santo. Per Casini, aprire un’indagine parlamentare è «un sistema improprio dell’utilizzo delle commissioni».

A quanto risulta a Domani la partenza sarà tutt’altro che immediata. Poco prima infatti ha avuto il via libera del Senato la Commissione di inchiesta sul Covid. Un’approvazione non ancora definitiva che rinvia il testo alla Camera, dove solo a questo punto è probabile che verrà concluso l’iter. La scelta di presidente, vice e segretari rischia di intrecciarsi, imbrigliando nel gioco politico le due nuove commissioni.

La storia di Emanuela

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Il 22 giugno del 1983 Emanuela Orlandi sarebbe dovuta tornare a casa una volta terminata la sua lezione di flauto e canto alla scuola di musica Ludovico da Victoria in piazza Sant’Apollinare, tra piazza Navona e Palazzo Madama. Qualcuno, racconterà in una telefonata alla sorella, le ha offerto una grossa cifra per distribuire prodotti Avon alla sfilata delle sorelle Fontana. Da quel momento di lei si sono perse le tracce.

Il 3 luglio, san Giovanni Paolo II, allora papa, ha espresso durante l’angelus la sua vicinanza ai familiari per la scomparsa della giovane, e ha chiesto senso di umanità in chi aveva «responsabilità» in questo caso. Lui il primo ad aprire alla possibilità del rapimento piuttosto che alla fuga o a un incidente.

Due giorni dopo, la sala Stampa Vaticana ha ricevuto la telefonata di un uomo dall'accento anglosassone, ribattezzato dalla stampa l'Americano. Disse di avere in ostaggio la ragazza e che l'avrebbe liberata solo dopo che a Mehmet Alì Agca, l’uomo che sparò a Karol Wojtyla il 13 maggio 1981, fosse stata concessa la libertà. Agca sarebbe dovuto uscire dal carcere entro il 20 luglio.

Intanto si sono aggiunte altre piste. Una legherebbe il rapimento a un presunto rapporto tra Banda della Magliana e Vaticano per questioni economiche irrisolte, tra la crisi dello Ior, lo scandalo del Banco Ambrosiano e l’omicidio del banchiere Roberto Calvi. Sabina Minardi, compagna del boss Enrico “Renatino” de Pedis, ha confermato il rapimento della ragazza a opera della banda per oscuri intrecci con il Vaticano. Una telefonata a Chi l’ha visto? ha permesso di ricostruire che il corpo del boss era stato sepolto nella basilica di Sant’Apollinare con il benestare dell’allora cardinale vicario Ugo Poletti. Nel frattempo si è fatta spazio l’ipotesi di episodi di pedofilia ai livelli più alti del clero, versione ribadita al blog Notte Criminale da un sodale di De Pedis, Marcello Neroni. Nessuna ricostruzione finora è risultata decisiva.

La famiglia Orlandi assiste all'approvazione della proposta di legge in aula

Nel 2017, Emiliano Fittipaldi – oggi direttore di Domani – ha pubblicato un documento inedito proveniente da una cassaforte vaticana: una sorta di elenco di note spese dello stato pontificio per l’allontanamento domiciliare a Londra di Emanuela Orlandi dal 1983, anno del rapimento, fino al 1997-1998, l’anno in cui il resoconto è stato firmato. Testo che il Vaticano si è affrettato a definire «falso e ridicolo».

Tra polemiche sul presunto coinvolgimento di papa Giovanni Paolo II e avanzamento delle inchieste giudiziarie, il parlamento dovrà cercare risposte. Proprio quest’anno è emersa una lettera che riporta come indirizzo del mittente quello di uno dei convitti dove sarebbe stata tenuta la ragazza: Clapham Road.

La storia di Mirella

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Meno discussa negli anni la storia di Mirella Gregori. Nel disegno di legge istitutivo della Commissione viene riassunta la sua storia: Gregori, allora quattordicenne, scomparve a Roma il 7 maggio 1983, quaranta giorni prima di Emanuela. Il suo caso verrà collegato a quello di Emanuela in più occasioni. Il disegno di legge approfondisce la sua storia.

Quel giorno Mirella, figlia minore dei titolari del bar "Coppa d'Oro" all'angolo tra via Volturno e via Montebello (un dettaglio che tornerà più avanti), era uscita di casa dicendo alla madre che «aveva un appuntamento» con un vecchio compagno di classe. Da quel momento anche la famiglia di Mirella non ha avuto più notizie della ragazza.

La madre di Mirella, durante una visita del Papa in una parrocchia romana il 15 dicembre 1985, riconobbe in un uomo della scorta una persona che spesso andava a prendere la figlia a casa. «Forse lo stesso uomo che è stato visto con Emanuela Orlandi, pochi giorni prima della sua scomparsa?», si legge nella proposta di legge presentata da Roberto Morassut alla Camera e poi accorpata ad altre prima di essere approvata.

La madre della ragazza è stata contattata da un uomo che si qualificò come appartenente allo stesso gruppo dei sequestratori di Emanuela e che dopo un po’ di tempo le comunicò queste parole: «Non abbiamo nulla da fare». I messaggi di richieste e di ultimatum raggiunsero la stampa americana, e ancora quella italiana con sigle di organizzazioni terroristiche diverse, tutte riassumibili con il linguaggio investigativo nella cosiddetta «pista turca».

Nella telefonata integrale a Chi l’ha visto?, dopo le rivelazioni De Pedis, la voce aggiungeva: «E chiedete al barista di via Montebello, che pure la figlia stava con lei… con l’altra Emanuela». La sorella, Maria Antonietta Gregori, spera che si riapra in procura anche il suo caso.

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