Il discorso del presidente del Consiglio, Mario Draghi, intervenuto al meeting di Rimini, è stato una rivendicazione pignola dei risultati del suo governo e uno smantellamento indiretto delle proposte elettorali del centrodestra.

L’evento annuale promosso dal movimento cattolico Comunione e liberazione è stato il palco perfetto per il testamento politico del premier uscente: applausi in tutti i punti salienti e doppia standing ovation, all’inizio e alla fine dell’intervento, tanto da farlo commuovere. Nella prima parte dell’intervento, Draghi ha snocciolato i successi del suo esecutivo, tra i quali il dimezzamento delle forniture di gas russo con l’obiettivo dell’indipendenza da Mosca entro autunno 2024; nessun aumento delle tasse se non quella sugli extraprofitti delle aziende del settore energetico; prodotto interno lordo aumentato del 6,6 per cento e crescita acquisita per il 2022 già del 3,4 per cento, «più di Francia e Germania»; tasso di occupazione con i livelli più alti mai toccati dal 1977; debito pubblico sceso di 4,5 punti nel 2021 e con una previsione di calo del 3,8 per cento anche quest’anno, «il maggior calo in un biennio a partire dal dopoguerra», ha detto.

Poi ha rassicurato il paese, invitandolo ad andare a votare: «Il prossimo governo, qualsiasi sia il colore politico, riuscirà a superare le difficoltà che oggi sembrano insormontabili». Nessun pericolo internazionale in caso di governo di destra, quindi. Eppure, la seconda parte del suo discorso è stata dedicata a smontare pezzo per pezzo alcuni dei tratti salienti dei programmi dei partiti, in particolare quello dell’alleanza di Giorgia Meloni.

Attacco ai programmi

In materia di tassazione, il centrodestra propone una flat tax che avrebbe il costo di circa 30 miliardi e la Lega punta sulla rottamazione delle cartelle esattoriali e la pace fiscale. Draghi ha specificato che un taglio delle tasse è già in corso con l’abbattimento dell’Iva sulle bollette, la revisione dell’Irpef e la riduzione del cuneo fiscale, ma che ciò deve essere «compatibile con l’equilibrio di bilancio» e va fatta lotta all’evasione fiscale che «non deve essere tollerata né incoraggiata». Poi è tornato sulla riforma del catasto, su cui si è incrinato il suo rapporto con Lega e Forza Italia, che serve ad «aumentare la trasparenza sui valori delle abitazioni, far emergere le cosiddette “case fantasma”, su cui i proprietari non pagano nulla o meno di quanto dovuto».

Sul piano internazionale, ha bocciato le posizioni di Meloni e Salvini: «Protezionismo e isolazionismo non coincidono con il nostro interesse nazionale. Dalle illusioni autarchiche del secolo scorso alle pulsioni sovraniste che recentemente spingevano a lasciare l’euro, l’Italia non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola». Questo per una ragione economica: «Il nostro debito pubblico è detenuto per oltre il 25 per cento da investitori esteri».

Anche sulla guerra in Ucraina è stato netto. Salvini aveva chiesto di ripensare le sanzioni economiche alla Russia, Draghi ha detto che «si parla molto di sovranità, ma dipendere da un paese che non ha mai smesso di inseguire il suo passato imperiale è l’esatto contrario» che, anzi, non esistono contraddizioni tra la ricerca della pace e «l’attuazione di sanzioni efficaci». Impossibile da mettere in pratica anche l’idea di Meloni di rinegoziare il Pnrr: margine non esiste e rispettare gli impegni presi «è una prova essenziale della nostra credibilità», visto che l’erogazione dei 191,5 miliardi di euro dipende dalla capacità di realizzare le politiche previste dal piano «nei tempi stabiliti, come abbiamo fatto sinora».

Una stoccata è arrivata al Pd di Enrico Letta, che proprio dal meeting di Rimini aveva proposto un intervento autonomo italiano per imporre prezzi amministrati dell’energia per un anno, senza attendere un intervento coordinato europeo. «La proposta per il tetto ai prezzi verrà presentata al prossimo Consiglio europeo, insieme a quella di svincolare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas». Draghi, però, ha smentito anche la chiave elettorale del far leva sul pericolo fascista, ribadendo che l’Italia rimane al centro dell’Ue e del Patto atlantico, ancorata «ai valori di democrazia».

Infine, ha archiviato definitivamente quello è che è il mito del terzo polo, la cosiddetta “agenda Draghi”: «La mia agenda, nelle intenzioni di chi vuole descriverla, dovrebbe essere un insieme di proposte per il prossimo governo. Ma il programma lo sceglieranno gli italiani con il prossimo esecutivo».

Draghi, infatti, ha ribadito che la sua non è una agenda ma un metodo, che si traduce nei principi ispiratori e quindi nei risultati dell’esecutivo uscente. Per questo, in attesa di decidere cosa farà dopo, il sottinteso del discorso dell’ex premier è stato: cari partiti, provate a fare meglio.

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