Giorgia Meloni ha scelto: la sua campagna elettorale inizia da Ancona, Marche. La prima tappa di ogni leader nazionale è sempre quella simbolica, chi la ospita lo interpreta come un onore e così è stato per la consigliera regionale e coordinatrice locale di Fratelli d’Italia, Elena Leonardi, che la ha definita «una grande soddisfazione» per la federazione «tenuta in forte considerazione dalla leader» e per la regione stessa, conquistata da FdI due anni fa, rendendo possibile «la nascita del modello Marche». In piazza, infatti, saranno presenti i candidati in parlamento, i dirigenti locali e regionali e ovviamente il presidente della regione, Francesco Acquaroli. Su fronte opposto, però, viene fatto notare come la scelta è anche un segnale di debolezza: si parte sempre da collegi considerati a rischio e le Marche lo sarebbero. Secondo l’ultima classifica di gradimento dei presidenti di regione pubblicata dal Sole24ore, Acquaroli è solo al tredicesimo posto con il 45 per cento e la perdita più alta di tutta la classifica, con meno 4 per cento.

Dal rosso al giallo al nero

Fino alla prima decade del Duemila, le Marche sono rimaste fedeli alla ripartizione da prima repubblica che le voleva parte delle cosiddette regioni “rosse”, la cintura del centro Italia bacino di voti del partito comunista prima e poi del Partito democratico. Il primo scossone è arrivato già con le elezioni politiche del 2013: crollo del Pd dal 41 per cento del 2008 al 29 per cento; sfondamento del Movimento 5 Stelle con il 32 per cento. Stesso esito anche nel 2018: il Pd scende al 21 per cento e il M5S salta al 35, 5. Contemporaneamente, però, anche un altro partito sta silenziosamente crescendo. Fratelli d’Italia parte dal 2,2 alle politiche del 2013, lo raddoppia al 4,8 in quelle del 2018 e arriva nel 2020 a eleggere il presidente della regione, totalizzando il 18 per cento come lista e scalzando il centrosinistra dopo 25 anni di governo ininterrotto delle Marche.

Proprio lui, Francesco Acquaroli è considerato vicinissimo a Meloni e perfetto esempio di militanza: appena diciottenne si scrive all’Msi, poi nel 1994 aderisce ad Alleanza Nazionale. Segue poi tutti i passaggi di sigle fino al 2012, quando nasce Fratelli d’Italia che lo elegge deputato nel 2018 e dove rimane fino al 2020, quando viene eletto presidente della regione. Proprio in quella campagna elettorale ha rischiato l’inciampo che la leader nazionale, ora, è così attenta ad evitare: vedersi associato a nostalgie del Ventennio. Il 28 ottobre 2019, infatti, partecipa ad una cena organizzata dal segretario provinciale di FdI per celebrare la marcia su Roma del 1922, a cui prendono parte anche altri esponenti del partito. Il menù della cena è illustrato con l’aquila fascista, il fascio littorio, citazione di Benito Mussolini e la marcia su Roma indicata come «giorno memorabile e indelebile». Acquaroli, che si è giustificato dicendo di «non aver visto il ridicolo menù». Le polemiche, però, non hanno impedito la sua elezione a presidente della regione, la seconda conquistata da FdI dopo la Sicilia di Nello Musumeci.

Il modello Marche

Dopo la cavalcata vincente di FdI nelle Marche, Meloni rivendica il modello amministrativo. Acquaroli governa da circa due anni, senza altri inciampi nostalgici e con l’unanime considerazione di persona dialogante. Tuttavia, alcuni provvedimenti hanno segnato una inversione di rotta rispetto all’amministrazione precedente e una chiara indicazione nel campo dei diritti civili e sociali. Nei primi ventiquattro mesi, la regione ha tagliato di 70mila euro il contribuito all’Istituto per la storia e il movimento di liberazione, che si occupa di salvaguardare la memoria della resistenza, non ha concesso il patrocinio al gay pride e ha nominato un consulente «per i rapporti con gli enti e le istituzioni ecclesiastiche».

Il nodo più delicato, però, è quello della sanità: nell’attesa di un riordino della gestione sanitaria, la regione ha rifiutato il protocollo nazionale sulla pillola abortiva, giustificata dal capogruppo di FdI in consiglio, Carlo Ciccioli, medico, dicendo che «siccome la nostra società non fa figli, possiamo essere sostituiti da persone che provengono da altre etnie». Proprio questo scivolone ha fatto emergere gli scontri interni al gruppo: da una parte Ciccioli, dall’altra proprio la coordinatrice e consigliera regionale Leonardi, che ha bollato le parole come «opinioni personali» e ridimensionato la mossa del governatore sulla Ru486, spiegando che «la giunta sostiene la piena applicazione della legge 194». Tuttavia, secondo gli ultimi dati, le Marche sono tra le 11 regioni con ospedali in cui tutti i medici sono obiettori di coscienza. L’accusa principale all’amministrazione Acquaroli è quella di poca incisività sulle partite che contano, in particolare quella sanitaria su cui il centrosinistra ha perso le elezioni. L’unica misura finora intrapresa dalla giunta, infatti, è stata una riorganizzazione sul territorio approvata prima della pausa estiva, con la creazione di nuove Asl e altrettanti posti di comando.

Meloni sta premiando la dirigenza del partito: FdI ha strappato due dei sei collegi uninominali in regione e tra i nomi è stato escluso Ciccioli, mentre ci sono appunto la coordinatrice Leonardi e il nome forte della giunta, l’assessore al Bilancio, Guido Castelli, primo nel listino proporzionale al Senato. Anche lui ex militante dell’Msi è però già incappato nel primo inciampo: la pubblicazione di una sua vecchia foto, con braccio teso davanti alla tomba di Mussolini. È lui l’uomo delle partite delicate: ha in mano la cassa regionale e sta gestendo anche la ricostruzione post terremoto del 2016. Ci saranno anche loro con lei sul palco di Ancona, dove certamente il tema della sicurezza è moto sentito. Nel 2018 i fatti di Macerata – prima l’omicidio da parte di due nigeriani della diciottenne Pamela Mastropietro e poi la tentata strage in cui Luca Traini ha ferito sei migranti sparando all’impazzata per strada – sono stati utilizzati dalla destra regionale all’epoca all’opposizione. Ma nelle scorse settimane un altro fatto violento ha invaso le cronache: l’omicidio del nigeriano Alika Ogorchukwu, ucciso di botte da Filippo Ferlazzo a Civitanova.

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