- In uno scenario in rapida evoluzione, è utile chiedersi chi sia disposto a sacrificare cosa, per un paese che vent’anni fa Vladimir Putin, conversando amabilmente con George Bush, affermò sprezzantemente «non essere nemmeno un paese»
- L’idea dell’Ucraina come di una nazione inesistente, artificio prodotto da una stretta cerchia, si alimenta e convive con la realtà di un paese spaccato trasversalmente.
- Questa guerra sta comportando rischi a lungo termine per l’integrazione europea: oggi nel nome della realpolitik alcuni sono pronti all’abbraccio di un nazionalismo che viene evidentemente ritenuto, in quanto nostro alleato, più benigno rispetto a quello che nutre l’espansionismo autoritario russo.
«L’Ucraina è un fenomeno temporaneo», ha affermato Dmitri Ryurikov, consigliere del Cremlino, mentre Boris Eltsin, che fino al giorno prima incitava le repubbliche sovietiche a prendersi quanta più sovranità volessero, innescava una drastica marcia indietro. Oggi la macchina da guerra russa invade l’Ucraina e l’Occidente proclama il proprio supporto a Kyiv – la capitale che continuiamo a chiamare Kiev, alla russa. In questo scenario in rapida evoluzione è utile chiedersi chi sia disposto a sacr



