La militarizzazione del Pacifico accelera la folle corsa verso un conflitto all’apparenza “inevitabile”, come Tucidide giudicò la guerra del Peloponneso tra la potenza egemone, Sparta, e quella in ascesa, Atene, tra il 431 e il 404 a.c. Con la differenza che oggi Stati Uniti e Cina dispongono di una forza bellica in grado di distruggere l’intero pianeta, se l’eventuale scontro, da regionale, diventasse mondiale.

L’ultima novità – dopo i sempre più frequenti war game, le alleanze militari Aukus e Quad, le prove di blocco navale e le migliaia di sorvoli dei caccia cinesi attorno a Taiwan – è l’istituzione di un’unità di reazione rapida del corpo dei marine (Marine Littoral Regiments, Mlr) nell’isola di Okinawa, in Giappone, che sarà operativa dal 2026, per contrastare le attività militari di Pechino nel Mar cinese orientale.

Alla vigilia dell’incontro tra il presidente americano, Joe Biden, e il premier nipponico, Fumio Kishida (in visita negli ultimi giorni in Europa per rafforzare la cooperazione militare con i paesi del G7), ne hanno discusso a Washington i ministri degli esteri e della difesa degli Stati Uniti e di un Giappone che ha deciso di raddoppiare dall’1 al 2 per cento del Pil il budget per la difesa, di dotarsi di missili da crociera capaci di raggiungere la Cina e potenziare le difese a Yonaguni e Ishigaki, le sue isole più vicine a Taiwan.

Nei suoi tre documenti di difesa aggiornati il ​​mese scorso, il governo Kishida si è impegnato a rafforzare le unità delle forze di autodifesa a Okinawa per proteggere queste isole remote del sud-ovest, definendo la Cina «la maggiore grande sfida strategica».

Fine delle ambiguità

A U.S. military plane flies over a residential area located near U.S. Marine Corps Air Station Futenma in Ginowan in Japan's southern island prefecture of Okinawa on Feb. 11, 2022. (Kyodo via AP Images) ==Kyodo

Okinawa è rivolta a sudovest, all’arcipelago delle Senkaku-Diaoyu (a 410 chilometri), controllato dal Giappone ma rivendicato dalla Cina, e a Taiwan (a 716 chilometri), la cui “riunificazione” al continente Xi Jinping ha inserito nel suo progetto di «grandioso risveglio della nazione cinese». Con una mossa simile all’abbandono di fatto della politica “ambiguità strategica” sulla questione taiwanese, Joe Biden ha dichiarato che l’articolo 5 del trattato di difesa tra Stati Uniti e Giappone si applica anche alle contese Senkaku-Diaoyu.

In Giappone sono stanziati 54.000 militari americani, tra cui 18.000 marine (la più grande concentrazione al di fuori del territorio americano), la maggior parte dei quali a Okinawa. Gli Mlr sono composti da 1.800-2.000 marine per unità e hanno la funzione di garantire punti d’appoggio per le navi da guerra Usa. Sono dotati di pochi aerei e artiglieria pesante, impiegano soprattutto missili a spalla, come gli anticarro “Javelin” (fabbricati da Lockheed Martin e Raytheon), terra-aria “Stinger” (prodotti da Raytheon) e droni, armamenti sperimentati con successo dalla resistenza Ucraina contro l’esercito russo.

Il generale David Berger, nel suo documento “Force Design 2030”, ha chiarito che gli Mlr dovranno operare a stretto contatto con le forze di autodifesa nipponiche per impedire l’accesso al Pacifico alle forze armate cinesi.

Secondo gli analisti militari cinesi, gli Stati Uniti intendono spingere il Giappone in prima linea, in modo che subisca il primo, maggiore impatto dell’attacco, indebolendo così la Cina prima che le sue forze vengano a contatto con quelle statunitensi. Gli stessi esperti ritengono che nei colloqui sulla sicurezza “2+2” Usa e Giappone abbiano discusso le questioni relative all’allocazione delle risorse, una struttura di comando unificata, l’uso da parte del Giappone delle basi militari statunitensi e il coordinamento dell’intelligence.

Vittoria di Pirro

Yomiuri

In una recente intervista al Financial Times, il massimo generale dei marine americani in Giappone, James Bierman, ha rivelato che le forze armate statunitensi e giapponesi stanno integrando la loro struttura di comando e intensificando le operazioni combinate.

Alla vigilia dell’incontro di ieri tra Antony Blinken, Lloyd Austin, Yoshimasa Hayashi e Yasukazu Hamada, funzionari statunitensi hanno anticipato alla Reuters che gli Stati Uniti «rafforzeranno significativamente» il loro schieramento missilistico in Giappone, una mossa che rientrerebbe nell’ambito di diversi potenziamenti che saranno annunciati quest’anno, con l’obiettivo di dissuadere Pechino dall’iniziare un conflitto.

Il quotidiano Yomiuri Shimbun ha aggiunto che il presidente Usa vuole la creazione di un altro Mlr nell’isola di Guam, mentre Washington e Tokyo avrebbero convenuto anche di estendere l’articolo 5 ai satelliti nello spazio.

Lo scenario di un attacco attacco a Taiwan, col conseguente intervento degli Usa e del Giappone in difesa dell’Isola, è stato analizzato nella XXIV simulazione, pubblicata lunedì scorso, del Center for Strategic and International Studies. Secondo il think tank statunitense, in tre settimane di combattimento la Cina perderebbe 10 mila soldati, 155 aerei e 138 navi: un “disastro” per l’Esercito popolare di liberazione, ma anche una “vittoria di Pirro” per gli Usa, che darebbero l’addio a 3.200 uomini e due portaerei.

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