L’Unione europea e il Regno Unito non riconosceranno il governo dei Talebani in Afghanistan, mentre è stata rimandata la presentazione del nuovo esecutivo prevista nel pomeriggio. Per tutta la giornata sono proseguiti nella regione del Panjshir gli scontri con i miliziani che si oppongo al nuovo regime. L’emissario speciale del Qatar per il paese, Mutlaq bin Majed Al Qahtani, ha espresso la speranza di riuscire ad aprire dei corridoi umanitari nel corso dei prossimi due giorni.

Il no di Ue e Regno Unito

«Con i Talebani dobbiamo avere un coinvolgimento che non è un riconoscimento»: ha spiegato, a nome dell’Unione europea, l’alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, al termine dell’incontro informale fra i ministri degli Esteri Ue, svoltosi in Slovenia. Borrell ha spiegato che l’Unione europea rimarrà impegnata a sostenere il popolo afghano: «Si tratta di un impegno operativo che potrà aumentare sulla base del comportamento dei Talebani».

Il comportamento del nuovo regime, ha aggiunto l’alto rappresentante, sarà giudicato sulla base di alcune condizioni: il paese non dovrà diventare una base per il terrorismo internazionale, i diritti delle donne dovranno essere rispettati e il governo che si sta formando in questi giorni dovrà essere inclusivo.

Borrell ha anche chiesto che venga lasciato libero accesso per gli aiuti umanitari e che sia garantita la possibilità di partire per gli stranieri e per gli afghani a rischio che vogliono lasciare il paese. L’alto rappresentante ha poi detti che, se le condizioni di sicurezza lo consentiranno, ci sarà «una presenza europea congiunta a Kabul, coordinata dal servizio europeo di sicurezza», perché gli stati dell’Unione possano agire in maniera coordinata per facilitare l’evacuazione di persone a rischio dal paese.

Anche da parte del Regno Unito non arriverà un riconoscimento per il regime dei Talebani. Come riporta la Bbc, durante una conferenza stampa in Pakistan il ministro degli Esteri, Dominic Raab, ha specificato che il governo britannico manterrà aperti dei canali di comunicazione.

Le indiscrezioni sul governo

Fonti governative, intanto, avrebbero diffuso nuove indiscrezioni sulla formazione dell’esecutivo, che avrebbe dovuto essere presentato ieri, dopo la preghiera pomeridiana. Oltre ai nomi dello sceicco Habaitullah Akhundazda, il leader supremo che sarà la massima autorità morale del regime, e del mullah Abdul Ghani Baradar, che dovrebbe ricoprire la carica di primo ministro o presidente, secondo quanto riportato da Reuters anche Sher Mohammad Abbas Stanikzai potrebbe avere un ruolo nel nuovo governo. Vice di Baradar e veterano delle lotte contro l’occupazione sovietica, negli ultimi anni Stanikzai è stata una delle figure chiave nei rapporti del Talebani con i governi esteri e con i media.

Gli scontri nel Panjshir

Ma i Talebani non sono ancora riusciti a mettere sotto controllo l’intero territorio nazionale. Sarebbero oltre 400 le famiglie che hanno lasciato il Panjshir, dove negli ultimi quattro giorni si sono intensificati gli scontri fra i Talebani e il Fronte nazionale di resistenza, che controlla la regione a nord del paese. Lo ha riportato Al Jazeera. La situazione rimane molto incerta e i Talebani hanno dichiarato di aver cercato di aprire delle trattative con il Fronte, composto soprattutto da ex soldati e membri delle forze di sicurezza afghane.

Secondo la resistenza, però, non ci sarebbero state delle trattative reali, come ha dichiarato al Corriere della Sera Fahim Dashti, il portavoce del leader del Fnr Ahmad Massoud. Secondo quanto raccontato da Dashti, i rappresentanti del nuovo regime avrebbero offerto un ministero a Massoud, 32enne figlio di Ahmad Shah Massoud, che fece della Panjshir un centro di resistenza contro sovietici e Talebani negli anni Ottanta e Novanta. In alternativa a un ministero, ha detto inoltre Dashti, i Talebani avrebbero garantito a Massoud «di conservare le sue proprietà sia in valle sia a Kabul. E mentre gli dicevano queste cose al telefono i miliziani attaccavano».

Le donne in strada a Kabul

Dopo la protesta di giovedì ad Herat, ieri anche a Kabul una ventina di donne si sono radunate davanti al palazzo presidenziale, chiedendo al nuovo governo il rispetto del loro diritto allo studio e al lavoro, oltre che di essere incluse nell’esecutivo. Come riporta l’Associated press, le manifestanti tenevano in mano cartelli con la scritta: «La libertà è il nostro motto e ci rende orgogliose». I miliziani talebani, a guardia del palazzo, non sono intervenuti per fermare la manifestazione.

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