Il premier israeliano ha imposto il sì alla tregua. Scatterà domenica alle 7,30 (ora italiana). Partirà poi lo scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi. Potere ebraico ritira l’appoggio al premier, Sionismo religioso resta nel governo
Il cessate il fuoco a Gaza inizierà stamattina alle 8:30 (le 7:30 in Italia). Lo ha annunciato il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, grande e paziente mediatore della fragile tregua appena approvata. «Consigliamo ai nostri fratelli di rimanere cauti, di esercitare la massima attenzione e di attendere istruzioni da fonti ufficiali», ha scritto il portavoce Majed al-Ansari in un post su X in arabo. Un segnale inequivocabile a evitare facili trionfalismi.
Dopotutto, parlando alla nazione, Benjamin Netanyahu è stato chiaro. Quella accettato da Israele è un «cessate il fuoco temporaneo. Ci riserviamo il diritto di tornare in guerra». Aggiungendo che sia Joe Biden sia Donald Trump hanno garantito che il conflitto riprenderebbe se i negoziati sulla seconda fase dell’accordo fallissero. Insomma, il futuro non spaventa il premier israeliano, anzi. Trump, ha ricordato, ha rimosso «tutte le restrizioni rimanenti sull’approvvigionamento di armi e munizioni essenziali per Israele. Se dovremo riprendere i combattimenti, lo faremo in modi nuovi e con una grande forza». La strada, quindi, è stretta. E l’obiettivo non cambia: «Dobbiamo raggiungere tutti gli obiettivi della guerra, in cui Gaza non rappresenterà più una minaccia per Israele». Inoltre, «contrariamente a quanto è stato affermato» la presenza dell’Idf sul corridoio Filadelfia aumenterà.
Un discorso che arriva dopo che Israele ha approvato in 48 ore di febbrili trattative interne con 24 ministri a favore e 8 contrari della destra messianica un accordo in tre fasi di cessate il fuoco con Hamas, che prevede il rilascio degli ostaggi israeliani nella Striscia di Gaza in cambio del ritiro parziale delle forze israeliane e del rilascio dei prigionieri palestinesi. L’accordo è destinato a fermare una guerra durata 15 mesi tra Israele e Hamas, che ha distrutto e decimato la Striscia, ucciso quasi 47.000 palestinesi e 1.200 israeliani e destabilizzato l’intero Medio Oriente. Fonti dell'establishment della sicurezza israeliana, come riferisce la Radio dell’esercito, stimano che «25 dei 33 ostaggi destinati a essere rilasciati nella prima fase dell'accordo siano ancora vivi». Previsioni tutte da verificare.
Netanyahu nella morsa
Sul versante politico, i tentativi del premier Benjamin Netanyahu di placare l’ultradestra non sono bastati a evitare la rottura con Potere ebraico, partito confessionale del ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, che domenica presenterà le dimissioni dal governo insieme ad altri due ministri, Yitzhak Wasserlauf e Amichai Eliyahu. Non seguirà invece la stessa strada il partito del ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, Sionismo religioso, che nonostante abbia votato contro «il terribile accordo» rimarrà nel governo, dopo le rassicurazioni di Netanyahu, secondo Times of Israel. Il governo Netanyahu resta dunque appeso ai voti di Smotrich alla Knesset.
Sabato per placare le destra il premier aveva rimesso in libertà, nonostante l’opposizione dello Shin Bet (il servizio di sicurezza interno) cinque coloni in attesa di essere processati per violenze in Cisgiordania e promesso che «se Hamas non rispetterà i termini, l’Idf tornerà a Gaza col sostengo degli Usa». Netanyahu ha fatto la “faccia feroce” ma ha dovuto cedere di fronte alle forti pressioni americane che giungevano sia da Joe Biden che da Donald Trump. Ha però tenuto le mani libere per possibili cambi di rotta futuri, così da mantenersi al potere ed evitare il voto anticipato. La Costituzione israeliana non impedisce teoricamente un governo di minoranza, ma senza una stabile maggioranza parlamentare la vita del governo Netanyahu sarebbe molto più incerta.
Lo scambio ostaggi-prigionieri
Per quanto riguarda la dinamica dell’accordo, Hamas ha precisato che il meccanismo di rilascio degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza dipenderà dal numero di prigionieri palestinesi che Israele libererà. Israele, secondo il ministero della Giustizia di Tel Aviv, rilascerà 737 prigionieri palestinesi in cambio dei primi ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, nella prima fase dell'accordo di tregua nella Striscia di Gaza.
Allo stesso tempo, la portavoce del ministero della Giustizia Noga Katz ha spiegato che il numero finale di prigionieri da rilasciare nel primo scambio dipenderà dal numero di ostaggi vivi liberati da Hamas. Le ricadute dei termini dell’accordo restano dunque ancora molto incerte.
Nella lista del ministero israeliano ci sono uomini, donne e bambini che, secondo quanto affermato, non saranno rilasciati prima di domenica alle 16, ora locale. In precedenza Tel Aviv aveva pubblicato un elenco di 95 prigionieri palestinesi, in maggioranza donne, da liberare in cambio di prigionieri israeliani a Gaza. Tra coloro che figurano nell'elenco ampliato c'è Zakaria Zubeidi, capo dell'ala armata del partito Fatah del presidente palestinese Mahmud Abbas. Zubeidi è fuggito dalla prigione israeliana di Gilboa con altri cinque palestinesi nel 2021, innescando una caccia all'uomo durata giorni. Anche Khalida Jarar, una parlamentare palestinese di sinistra che Israele ha arrestato e imprigionato in diverse occasioni, sarà liberata. Jarar è membro di spicco del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, gruppo ritenuto "organizzazione terroristica" da Israele, dagli Stati Uniti e dall'Unione europea. Arrestata a fine dicembre in Cisgiordania, è stata trattenuta da allora senza accusa.
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