- Mentre il resto del mondo fugge, la Cina (e la Russia) lasciano aperte le loro ambasciate e possono influenzare il futuro di Kabul. La leadership cinese ritiene che la comunità internazionale, prima o poi, dovrà riconoscere un esecutivo con questi “nuovi” talebani che promettono un «governo islamico aperto e inclusivo».
- Stabilità e sviluppo – un mantra da Deng Xiaoping in poi – nella visione dei leader cinesi sono essenziali e interdipendenti, a Pechino come a Kabul.
- Xi Jinping e compagni temono piuttosto che il caos a Kabul possa tracimare in Pakistan, dove avanza il progetto più importante della nuova via della Seta (Bri).
Nel 2010, mentre le seconde elezioni “libere” riconsegnavano il governo dell’Iraq alla maggioranza sciita emarginata sotto Saddam Hussein, gli Stati Uniti si accorsero che qualcosa stava andando storto nella campagna avviata sette anni prima senza l’approvazione delle Nazioni unite. L’esercito americano aveva già pagato con 4.500 caduti l’esportazione della democrazia nel paese arabo, ma i pozzi di petrolio passavano uno dopo l’altro alle compagnie cinesi. Qualche giorno fa British Petroleum



