Per molti anni, il principale interesse di ricerca degli studiosi delle relazioni civilo militari in America latina è consistito nella ricerca delle soluzioni che avrebbero potuto metter fine ai costanti interventi delle forze armate nell’arena domestica, e in maniera particolare ai colpi di stato condotti dai militari.

Durante il processo di democratizzazione della regione, le forze armate hanno infatti rappresentato spesso uno dei principali ostacoli alla diffusione della democrazia, intervenendo a difesa dei regimi autoritari e frapponendosi a ogni iniziativa volta a ridurre il loro potere e la loro influenza. Il progressivo consolidamento dei regimi democratici in America latina ha permesso la graduale costruzione di un sistema di controllo delle istituzioni militari che ha infine determinato una riduzione degli interventi delle forze armate all’interno dei confini nazionali.

Negli scorsi vent’anni, tuttavia, numerosi episodi avvenuti nella regione testimoniano di un nuovo incremento del ruolo domestico dei militari, un fenomeno che alcuni studiosi locali, come Rut Diamint, hanno definito «un nuovo militarismo in America latina». A distinguere questo “nuovo militarismo” da quanto avvenuto in passato sono le modalità con cui questi interventi vengono condotti.

Compiti di pubblica sicurezza

In effetti, in questo caso a spingere i militari a intervenire nell’arena domestica non sono i leader autocratici alla ricerca di una soluzione per restare al potere, ma i capi di governo democraticamente eletti. Le forze armate sono spesso chiamate ad assolvere compiti di pubblica sicurezza, come il ripristino dell’ordine in occasioni di sommosse popolari o la messa in sicurezza di grandi eventi pubblici.

Questa pratica è evidente non solamente nel caso dei regimi più oppressivi, come quello venezuelano, dove il presidente Maduro ha spesso utilizzato le forze armate per sopprimere proteste popolari, ma anche in paesi dove lo stato delle istituzioni democratiche è molto più avanzato.

In Ecuador, per esempio, il presidente Correa ha insistito molto perché le forze armate ecuadoriane venissero impiegate in funzione di contrasto al crimine, e ha cercato di rendere questo ruolo il loro compito primario. In Bolivia, il governo ha schierato diverse migliaia di uomini per pattugliare le principali città del paese insieme alle forze di polizia. In Messico, il presidente Calderón ha utilizzato decine di migliaia di soldati per combattere i cartelli della droga, un impiego che è stato sollecitato anche dagli Stati Uniti.

L’impiego dei militari nella lotta al commercio di stupefacenti sembra essere una delle pratiche più diffuse. Il Comparative atlas of defense in Latin America and the Caribbean dichiarava nel 2014 che gli eserciti di 15 dei 26 paesi dell’America latina avevano condotto da soli ben 488mila operazioni anti droga solamente dal 2012 al 2014.

La pratica di impiegare i militari in funzione di pubblica sicurezza è presente anche in quei paesi all’interno dei quali l’apparato normativo instaurato dopo i regimi dittatoriali rende molto difficile l’impiego interno dei militari, come l’Argentina, il Cile e l’Uruguay.

Il caso del Brasile è uno dei più illustrativi nella regione. Sebbene i militari brasiliani siano stati impiegati in operazioni di sicurezza interna – note col termine di Guarantee of law and order (Glo) – sin dagli anni Novanta, a partire dal 2010 le autorità brasiliane vi hanno fatto ricorso con sempre più frequenza. L’esercito è stato massicciamente impiegato per fornire sicurezza durante lo svolgimento di grandi eventi, come in occasione della coppa del mondo di calcio nel 2014 e delle olimpiadi del 2016.

Il governo ha impiegato le forze armate anche per occupare alcune favele a Rio de Janeiro, con due grandi operazioni condotte nel 2012 e nel 2016. Addirittura, nel 2018, le condizioni della sicurezza nello stato di Rio de Janeiro erano talmente precarie che l’allora presidente Temer ha nominato il generale dell’esercito Walter Souza Braga Netto responsabile della sicurezza dello stato.

Episodi di abusi

Sebbene questa pratica sia spesso molto apprezzata dalla popolazione, che si sente rassicurata dalla presenza dei militari, e dai politici, che possono sfruttare il favore dell’opinione pubblica per aumentare il loro consenso popolare, il massiccio ricorso alle forze armate per compiti di pubblica sicurezza in America latina sta favorendo una serie di processi che nel lungo termine possono nuocere notevolmente alla tenuta democratica di questi paesi e alle forze armate stesse.

Anzitutto, numerosi episodi hanno dimostrato che in molti casi i militari si sono macchiati di abusi nei confronti dei diritti umani. Episodi di questo tipo, ad esempio, sono stati registrati durante la pandemia da Covid-19, quando le forze armate latino americane sono state massicciamente impegnate a supporto delle forze di polizia per garantire il rispetto delle misure anti contagio.

Tra i paesi dove sono stati commessi abusi più violenti figura El Salvador, dove l’organizzazione Human rights watch ha registrato massicce violazioni dei diritti umani sia nelle prigioni che nei centri di detenzione per la quarantena.

Effetti collaterali

In molti casi tali interventi hanno generato un effetto distorsivo per cui i militari iniziano a sviluppare una sorta di senso di superiorità nei confronti delle autorità politiche, le quali vengono percepite come incapaci di restaurare l’ordine senza ricorrere alle forze armate.

Tale senso di superiorità nei confronti delle istituzioni governative favorisce l’intervento dei militari in politica, perché diffonde la percezione che le forze armate siano attori politici spesso più capaci dei leader eletti. Questa dinamica non solamente delegittima le autorità governative, ma crea anche una sorta di dipendenza della politica nei confronti delle forze armate, le quali vengono richieste con sempre maggiore insistenza dalla popolazione in caso di bisogno di maggiore sicurezza.

Questa dinamica genera evidentemente un ulteriore effetto collaterale, evidente soprattutto in Brasile, che consiste in una progressiva politicizzazione dello strumento militare. Da quando sono aumentate le operazioni cosiddette Glo, i militari brasiliani hanno aumentato il loro ruolo nella politica.

Dopo una campagna elettorale nella quale il presidente Bolsonaro – ex capitano dell’esercito – è più volte intervenuto svolgendo comizi in strutture militari, il nuovo governo brasiliano ha visto la presenza di una folta schiera di generali, anche in servizio attivo, il cui numero supera anche quello dei militari che ricoprivano incarichi politici durante alcune fasi del vecchio regime militare. Non a caso, negli anni successivi le forze armate brasiliane hanno ottenuto numerosi benefit, come l’eliminazione del tetto allo stipendio dei dipendenti pubblici o l’esclusione dei militari dai tagli previsti dalle riforme della sicurezza sociale.

Infine, l’intervento interno delle forze armate sta erodendo progressivamente l’efficacia delle forze armate stesse. In effetti, l’impiego domestico delle forze armate rappresenta un ostacolo al processo di modernizzazione degli apparati militari latino-americani.

La maggior parte delle forze armate della regione sono sovradimensionate rispetto alla popolazione, soprattutto se comparate con quelle europee, e molte di esse ancora mantengono la leva obbligatoria, nonostante la necessità di detenere un esercito di massa sia svanita.

Sebbene la spesa militare sia consistente, raggiungendo in media il 5 per cento del budget statale, la maggior parte di questi fondi sono destinati al pagamento degli stipendi, mentre la cifra riservata agli investimenti in tecnologie avanzate rimane minima.

In breve, l’intervento domestico delle forze armate sta contribuendo a perpetuare un’immagine dell’apparato militare più simile a uno strumento di social welfare e un grande risolutore di problemi – contribuendo a disincentivare gli investimenti statuali in istituzioni deputate a questi scopi – che a uno strumento agile, efficace ed efficiente per la difesa dello stato.

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