Il nuovo numero di Scenari, la pubblicazione geopolitica di Domani, è questa settimana dedicato all’America del sud. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Carlo Catapano, Rocco Cotroneo, Giuseppe Blasetti, Margherita Butti e tanti altri – e le mappe a cura di Luca Mazzali e Daniele Dapiaggi di Fase2studio Appears – analizzano il tormento e l’estasi di una regione stravolta negli ultimi anni da elezioni tese e proteste di massa: dal fasciopopulismo di Bolsonaro ormai scolpito nel sistema alle promesse rivoluzionarie che la sinistra non ha mantenuto.

Cosa c’è nel nuovo numero

Secondo l’analista Carlo Catapano, anche il continente sudamericano è diventato in anni recenti uno dei teatri della competizione strategica tra Stati Uniti e Cina, pur non rappresentando il fronte più caldo e decisivo della spirale in cui sembrano entrate Washington e Pechino. Tuttavia, spiega Catapano, se è certo che la dinamica in atto produrrà rischi e pressioni incrociate, è anche vero che la logica di competizione tra le due potenze potrebbe tradursi in un’opportunità per attrarre nuovi capitali nella regione.

Rocco Cotroneo racconta di cosa resterà dell’èra Bolsonaro, attuale presidente uscente del Brasile e ricandidato alle imminenti elezioni. Il paese più grande del Sudamerica andrà infatti alle urne il 2 e il 30 ottobre prossimi, ma la rielezione del leader è messa a rischio dal suo negazionismo dichiarato a partire da marzo 2020 nei confronti della pandemia e dalla gestione catastrofica delle politiche sull’Amazzonia. Ma, sottolinea Cotroneo, il bolsonarismo in Brasile è comunque destinato a restare una solida realtà politica.

Il principale sfidante di Bolsonaro alle presidenziali di ottobre è Luiz Inácio Lula da Silva, già presidente del Brasile dal 2003 al 2011, poi implicato in una serie di disavventure giudiziarie e risorto politicamente dopo 580 giorni di carcere, oggi in netto vantaggio sul leader di destra secondo i sondaggi.

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Cotroneo ha poi intervistato per Scenari Marina Silva, ex ministra dell’Ambiente nel primo governo Lula (2003-2008) e tra le voci più affermate dell’ambientalismo in Brasile, oggi tornata al fianco del candidato. Silva ha parlato di come superare la complicata dicotomia tra sviluppo e ambiente, e di come poter ripartire dopo quattro anni di disastrosa politica ambientale.

Lo storico Federico Finchelstein prosegue sul tema facendo luce sull’endorsement pre elettorale di Donald Trump: l’ex presidente degli Stati Uniti ha infatti ufficialmente appoggiato Bolsonaro nella sua candidatura per la rielezione. Il leader brasiliano condivide col tycoon non solo ambizioni autoritarie, ma anche la sfiducia nella legittimità del risultato elettorale: è, secondo Finchelstein, nelle ripetute minacce di Bolsonaro (che se perderà non riconoscerà i risultati delle elezioni), che emerge un reale pericolo fascista per il Brasile.

Luca Sebastiani offre a seguire una panoramica sulle tornate elettorali degli ultimi anni in America latina, rese ancora più tese a causa della pandemia e delle crisi economiche e politiche attraversate da molti di questi stati. Dal confronto tra i vari momenti elettorali emerge come, dopo la svolta a destra avvenuta nella seconda metà degli anni Dieci del nuovo millennio, quasi tutti i paesi siano tornati a guardare a sinistra, dal Cile al Perù, passando per la Colombia

Di nuova “marea rosa” (o pink tide) scrivono anche gli analisti del Centro studi geopolitica.info Giuseppe Blasetti e Margherita Butti, utilizzando una definizione nata all’inizio degli anni Duemila – in relazione alla prima ondata rosa – per indicare la preminenza di governi di sinistra in quasi tutti i paesi della regione.

Dal 2018, infatti, con l’elezione in Messico di Andrés Manuel López Obrador, si sono registrati una lunga serie di successi elettorali per le forze di sinistra: dalla Bolivia di Luis Arce, passando per l’Argentina con Alberto Fernández, fino ad arrivare ai più recenti risultati ottenuti da Pedro Castillo in Perù, Gabriel Boric in Cile, Xiomara Castro in Honduras e, per ultimo, Gustavo Petro in Colombia.

President Gustavo Petro raises his fist at the end of his inauguration speech in Bogota, Colombia, Sunday, Aug. 7, 2022 (AP Photo/Fernando Vergara)

Butti e Blasetti individuano gli elementi in comune e le differenze relative alla fase attuale e al periodo di inizio millennio, ponendo poi l’accento sull’instabilità del nuovo contesto globale, che rende e renderà inevitabilmente più complessa l’attuazione dei programmi di riforma dei rispettivi presidenti.

Il politologo Francis Fukuyama approfondisce poi il tema della polarizzazione, un fenomeno sempre più diffuso che vede la manifestazione di opinioni e posizionamenti sempre più estremi, come sta accadendo anche in Brasile. Guardando al caso statunitense, spiega il politologo, proprio la netta divisione tra le fazioni repubblicana e democratica è oggi la grande debolezza degli Stati Uniti come paese.

Diverse soluzioni possono attenuare questa contrapposizione: la crescita di un terzo partito centrista, una riforma del sistema elettorale o l’attivismo popolare. Ma, secondo Fukuyama, l’unica strada per una soluzione a lungo termine deve passare per il processo democratico stesso, cioè attraverso la vittoria decisiva di uno dei due partiti, promotore di un cambiamento serio e in grado di attuarlo.

Dalla prospettiva dell’Italia, lo storico Raffaele Nocera evidenzia la relazione speciale con il Sudamerica che il nostro paese ha sperperato: nel corso degli anni Settanta e Ottanta del Novecento, infatti, siamo riusciti ad accumulare un solido patrimonio di relazioni politiche, economiche e culturali con il subcontinente, trascurato poi nel post Guerra fredda. L’auspicio è che il prossimo esecutivo riconosca questi vincoli storici, e torni a essere un interlocutore di prim’ordine per tutta la regione.

A seguire, l’analista Riccardo Biagi sposta lo sguardo verso la difficile intesa commerciale fra Europa e America del sud: l’accordo raggiunto nel 2019 tra Unione europea e Mercado común del sur (Mercosur) – il processo di integrazione economica regionale composto attualmente da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay come membri a pieno titolo – mira a integrare i gli scambi commerciali e il dialogo politico tra i due sistemi, ma limiti economici, geopolitici e di sostenibilità ambientale ostacolano ancora oggi la sua effettiva applicazione. 

Il ricercatore Matteo Mazziotti di Celso analizza poi il nuovo militarismo che sembra essersi riaffermato in America del sud: molti governi hanno infatti incrementato negli ultimi vent’anni l’impiego delle forze armate per assolvere compiti di pubblica sicurezza, ma il loro intervento nell’arena domestica rischia di nuocere alla tenuta stessa delle democrazie.

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Infine, il politologo Mario Giro ci conduce in Cile, per una riflessione sulla lezione che il paese può dare a tutte le sinistre europee. A distanza di pochi mesi dalla sua elezione come presidente, Gabriel Boric ha infatti incassato una pesante sconfitta nel referendum del passato 4 settembre in cui il 62 per cento dei cittadini – con un’affluenza pari all’85 per cento, una delle più alte della storia della democrazia cilena – ha respinto la nuova carta costituzionale, appositamente elaborata da una costituente.

La destra festeggia ma la ragione di questa sonora sconfitta, secondo Giro, non sta in un rigurgito pinochetista, bensì nell’egemonia sulla sinistra delle forze intersezionali basate sulla cancel culture.

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