Per gli ucraini non è possibile distrarsi da quello che sta succedendo nel loro paese, anche per quelli che sono scappati e vivono al riparo in un paese in pace il pensiero della guerra è un tarlo continuo che mette in luce le nostre ipocrisie.

La femminista e ricercatrice ucraina Oksana Dutchak ha parlato di «egoismo ideologico», per descrivere l’atteggiamento di quanti (soprattutto a sinistra) hanno preso posizioni sulla guerra in Ucraina senza considerare la realtà delle persone comuni coinvolte nel conflitto. Dutchak è una sociologa, si definisce marxista, dirige il Center for Social and Labor Research di Kiev. Nelle prime settimane della guerra è scappata in Germania con i suoi figli, mentre suo marito è rimasto a combattere in Ucraina.

Ha una borsa di studio di sei mesi che le consentirà di vivere dignitosamente all’estero, ma a sette mesi dall’inizio della guerra si sente stanca e arrabbiata. «A sinistra la maggior parte delle persone ha posizioni molto problematiche: mi sembra che la questione principale sia il tentativo di spiegare tutto da un punto di vista occidentale», mi dice Dutchak al telefono con una voce flebile. Molti intellettuali ucraini parlano di «westplaining», per definire la tendenza a non ascoltare le ragioni di chi è coinvolto in prima persona nel conflitto e a volere spiegare tutto con vecchie categorie riprese dalla Guerra fredda.

Ovviamente in molti paesi occidentali c’è ancora lo spauracchio dell’egemonia statunitense o di quella dell’Alleanza atlantica, spiega Dutchak. Ma per i paesi ex sovietici il problema più urgente è quello della politica di potenza russa. «L’invasione su larga scala cominciata a febbraio non aveva come obiettivo quello di tornare al tavolo dei negoziati o di ridefinire i confini del paese, ma quello di controllare da un punto di vista politico l’Ucraina», afferma Dutchak. Dal 2014 il nazionalismo ucraino ha preso piede nel paese, proprio come reazione a questa minaccia.

Dutchak non nasconde che una delle matrici del nazionalismo nel suo paese sia legata all’estrema destra: «Ad alcuni osservatori occidentali piace portare l’esempio del battaglione Azov, ma per qualche motivo dimenticano di citare i mercenari di Wagner. Ovviamente i gruppi di estrema destra nell’esercito ucraino rappresentano un problema. Ma la domanda è perché prestare loro così tanta attenzione? Il loro numero è ristretto, sebbene abbiano così tanta visibilità. Questa è una massiccia resistenza popolare e i sondaggi di opinione lo dimostrano».

Dutchak è stata molto critica in passato con le riforme economiche volute dal presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj. «Abbiamo combattuto il governo sul piano delle riforme. Le politiche del lavoro, le sue politiche sociali sono disastrose», continua. Ma questo giudizio netto non influenza la sua posizione quando torniamo a parlare dell’invasione russa: «Molte femministe che si stanno esprimendo contro la guerra, che invitano alla diserzione, possono farlo perché la guerra non le riguarda. Si tengono lontane dalla guerra, perché la guerra è lontana da loro», accusa Dutchak.

«È abbastanza deludente questo appello che hanno firmato le femministe occidentali, nessuna ci ha chiesto che ne pensavamo. Ci sono molte donne nell’esercito e io credo che in questo momento stiano esercitando il loro diritto all’autodifesa e all’autodeterminazione», spiega. Certo la legge marziale riproduce vecchi stereotipi: le donne fuggono con i bambini perché la norma permette loro di partire e gli uomini invece non possono farlo. «Riconosco che ci siano delle contraddizioni. E credo che ognuno dovrebbe poter scegliere in base a quello che si sente di fare», conclude.

L’antimperialismo degli idioti

Nei primi giorni della guerra Taras Bilous, storico di sinistra, tra i redattori del sito Commons, ha pubblicato una lettera da Kiev alla sinistra occidentale. Bilous ha definito «campista» la sinistra che in nome dell’antiamericanismo e dell’antimperialismo finisce per giustificare azioni violente o regimi dittatoriali come quello di Vladimir Putin in Russia o quello di Bashar al-Assad in Siria. «Mi rivolgo a coloro che hanno accusato l’Ucraina di non aver applicato il Trattato di Minsk e hanno taciuto le violazioni della Russia e delle cosiddette Repubbliche popolari di Doneck e Lugansk. O anche a chi ha esagerato l’influenza dell’estrema destra in Ucraina, ma non l’ha notata nelle Repubbliche popolari e ha evitato critiche verso le politiche conservatrici, nazionaliste e autoritarie di Putin», scrive Bilous.

Prendendo la definizione in prestito dall’attivista anglo-siriana Leila al-Shami, Bilous definisce le posizioni di alcuni pacifisti occidentali «l’antimperialismo degli idioti». «Per una volta ancora la sinistra occidentale ha risposto alle critiche alla Russia parlando dell’aggressione statunitense all’Afghanistan, all’Iraq e a altri paesi. Di sicuro questi paesi devono entrare nella discussione, ma come, esattamente? I ragionamenti della sinistra dovrebbero insistere sul fatto che nel 2003 non è stata fatta abbastanza pressione sugli Stati Uniti in Iraq, non sulla necessità di esercitare meno pressione sulla Russia nel caso dell’Ucraina», continua Bilous. Dello stesso tenore le critiche espresse da un gruppo di accademici ucraini che a maggio hanno pubblicato sul blog dell’Università di Berkeley una kettera aperta a Noam Chomsky (e altri intellettuali che la pensano in modo simile) sulla guerra russoucraina.

La lettera invita l’intellettuale e linguista americano a rimettere in discussione alcune sue considerazioni sulla guerra in Ucraina giudicate fallaci, come per esempio l’idea che ci sia stata una provocazione da parte della Nato verso la Russia, che Mosca sia interessata a una soluzione diplomatica del conflitto e che in Ucraina ci sia un governo fantoccio manovrato dagli Stati Uniti.

In realtà Chomsky è stato piuttosto solidale con la resistenza ucraina, per esempio è stato tra i firmatari dell’appello pubblicato da «Le Monde» in cui 80 intellettuali di tutto il mondo chiedevano ai loro governi di sostenere gli ucraini «senza riserve». «In molti dei nostri paesi gran parte dell’opinione pubblica è schierata con il dittatore russo. In nome di un antimperialismo che nel corso degli anni si è trasformato in odio, si applaude chiunque si opponga all’occidente», è scritto nell’appello.

«Non sbagliamo la battaglia. Tutti coloro che rivendicano la libertà per sé stessi, che credono nel diritto dei cittadini di scegliere i propri leader e di rifiutare la tirannia, oggi devono schierarsi con gli ucraini. La libertà va difesa ovunque», conclude.

Tratto dal libro Un giorno senza fine. Storie dall’Ucraina in guerra edito da Ponte alle Grazie scritto da Annalisa Camilli 

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