Il 31 luglio la presentatrice russa Ksenia Sobchak ha dato notizia sul suo canale Telegram del ricovero d’urgenza di Anatolij Chubais per un raro problema al sistema immunitario. Chubais è un economista di 67 anni, considerato molto vicino al presidente Putin, che ha gestito le privatizzazioni in Russia ai tempi di Yeltsin. Ha lasciato il paese un mese dopo l’invasione dell’Ucraina e si è stabilito con la moglie nelle sue proprietà tra Sardegna e Toscana. Sarebbe proprio in Sardegna che Chubais avrebbe accusato i primi sintomi della malattia, con forte debolezza agli arti. È stato ricoverato in una clinica europea, dove gli sarebbe stata diagnosticata la sindrome neurologica di Guillian-Barré, che colpisce il sistema immunitario e i nervi periferici.

Un servizio di intelligence europeo sta indagando sulla dinamica e sull’eventuale avvelenamento di Chubais, di cui la portavoce di Navalny accusa il Cremlino. La recente letteratura scientifica conferma che esistono vari agenti chimici che possono indurre i sintomi della sindrome di Guillian-Barré, tra cui gli organofosfati, che si usano anche per gas nervini, il carbonato di bario e l’arsenico. È presto per dire se questo sia il caso di Chubais o si tratti effettivamente di una malattia autoimmune. Il sospetto, tuttavia, è lecito, visto il lungo elenco di oppositori e personaggi avvelenati negli ultimi anni, con piste che riconducono al Cremlino.

I sospetti 

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Proprio il padre della presentatrice Ksenia Sobchak, Anatolij, sindaco di San Pietroburgo dal 1991 al 1996 durante l’opaca ascesa al potere di Putin, morì nel 2000 in circostanze mai chiarite. Il futuro presidente russo gli chiese di viaggiare a Kaliningrad per sostenerlo in campagna elettorale, ma il suo mentore ebbe un improvviso infarto che lo portò al decesso. Anatolij Sobchak sarebbe stato avvelenato insieme alle sue due guardie del corpo, che avrebbero a loro volta sofferto arresti cardiaci. La moglie ha svolto un’autopsia indipendente e ha detto alla Bbc di conservare i risultati in un luogo sicuro fuori dalla Russia.

Il magnate russo Roman Abramovich si è recato il 3 marzo scorso a Kiev per partecipare a un negoziato di pace con gli ucraini. Nella notte, lui e altri due membri della delegazione avrebbero iniziato a soffrire di sintomi come infiammazione e dolore agli occhi, lacrimazione intensa e perdita della vista per alcune ore, distaccamento della pelle dal volto e dalle mani. Nelle ore precedenti avevano consumato solo del cioccolato e dell’acqua, hanno riferito. Abramovich è riparato a Istanbul per farsi curare e, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, avrebbe persino chiesto ai medici se stesse per morire.

Secondo esperti di armi chimiche interpellati dal sito investigativo Bellingcat, i sintomi possono corrispondere a quelli da avvelenamento da porfirina, organofosfati o sostanze bicicliche. Il dosaggio non era comunque sufficiente per uccidere, ma si sarebbe trattato di un avvertimento da parte dei falchi del Cremlino contrari a una trattativa di pace.

Ordini del Cremlino

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Se questi episodi restano incerti, su altri non c’è dubbio della responsabilità di Mosca. Tra i più noti c’è l’assassinio di Aleksandr Litvinenko, ex agente dell’Fsb avvelenato a Londra nel 2006 con il polonio-210. Nel 2021 la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che la morte dell’ex spia sia stata provocata dagli agenti russi Andrei Lugovoi e Dmitry Kovtun su ordine del Cremlino.

Nel 2018 fu la volta di Sergej Skripal, un ex agente del Gru, e sua figlia Yulia, avvelenati a Salisbury, in Inghilterra, con l’agente nervino Novichok. I due sicari del Gru, Anatolij Chepiga e Aleksandr Mishkin, furono ripresi dalle telecamere di sicurezza della cittadina e dissero di essere due personal trainer in vacanza, salvo poi essere smascherati dalle indagini di Bellingcat. Skripal e sua figlia sopravvissero dopo mesi di terapia intensiva, ma una senzatetto morì dopo essersi spruzzata la finta boccetta di profumo, che gli assassini avevano gettato nell’immondizia.

Il caso Navalny

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Il principale oppositore del regime putiniano, Alexey Navalny, subì un sofisticato tentativo di avvelenamento il 20 agosto 2020, mentre si trovava nella città siberiana di Tomsk, con l’applicazione di un agente nervino sulla biancheria intima in hotel. Iniziò ad accusare i sintomi mentre si trovava in volo e i piloti decisero un atterraggio d’emergenza a Omsk, da dove venne evacuato in Germania sotto forte pressione internazionale. L’ospedale Charite, un laboratorio militare tedesco, due laboratori europei indipendenti e l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche analizzarono campioni biologici di Navalny ed arrivarono alla stessa conclusione: era stato avvelenato con una nuova variante del Novichok.

I giornalisti investigativi di Bellingcat riuscirono a ricostruire, grazie a tracciamento dei cellulari, biglietti aerei e altri dati che in Russia sono acquistabili sul mercato nero, gli spostamenti della squadra di agenti incaricati di avvelenare Navalny. Tra il 2017 e il 2020, la squadra dell’Fsb ha seguito Navalny in 37 destinazioni diverse e tentò già l’operazione a Kaliningrad, con un lieve avvelenamento.

Si tratta degli stessi uomini, hanno verificato The Insider, Bellingcat e Der Spiegel, che nel 2015 e 2017 hanno pedinato l’oppositore Vladimir Kara-Murza. Il quale ha subito due sospetti tentativi di avvelenamento e il coma, ma è riuscito a sopravvivere a differenza del suo mentore politico, Boris Nemtsov, ucciso nel 2015 a colpi di pistola davanti al Cremlino.

I giornalisti hanno identificato anche due istituti a Mosca e San Pietroburgo che dal 2010 producono gli agenti e le tossine per i servizi russi, sotto la copertura di laboratori chimici civili. Inoltre, nella cittadina siberiana di Bijsk ha sede un laboratorio che rifornisce di prodotti chimici e farmacologici l’Fsb, un membro della squadra ha avuto frequenti scambi telefonici con uno scienziato del centro prima dell’operazione. Il sito Bellingcat ha smascherato i responsabili, con Navalny che ha persino chiamato uno degli agenti fingendosi un funzionario governativo e chiedendo spiegazioni per il fallimento, come si può vedere dal video pubblicato su YouTube.

Altri casi di avvelenamento russo, confermati o presunti, hanno colpito i politici Yuri Shchekochikhin e Roman Tsepov nel 2003-2004, Anna Politkovskaya, poi uccisa a colpi di pistola, il politico ucraino Viktor Juščenko sfigurato con la diossina, l’imprenditore bulgaro Emilian Gebrev ucciso nel 2015, gli oppositori Pyotr Verzilov nel 2018 e Nikita Isaev nel 2019, quest’ultimo morto a Mosca.

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