A dieci giorni esatti dalla visita in Azerbaigian del ministro per la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, un altro emissario del governo di Giorgia Meloni torna a Baku. Il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, ha accompagnato ieri nel paese asiatico una delegazione dell’Ansaldo energia per firmare un accordo commerciale dal valore di oltre 160 milioni di euro con il colosso Azerenerji.

Un accordo che, a detta di Urso, «apre la strada a una più forte e significativa partnership industriale e commerciale, che rafforza e amplifica la già importante cooperazione energetica».

Cosa prevede l’affare

L’accordo prevede la fornitura da parte dell’azienda italiana di quattro turbine a gas AE94.3A da 320 Mw, che saranno installate presso la centrale elettrica situata nella città interna di Mingachevir.

L’intesa commerciale, utile a un’Ansaldo Energia in cerca di commesse, è stata accolta con entusiasmo da parte della controparte azera. «Oggi è un giorno molto importante per il settore energia dell’Azerbaigian, in cui sono state gettate le basi per la costruzione di una nuova centrale elettrica nel nostro paese», ha detto il presidente di Azerenerji, Baba Rzayev. 

In cambio l’Italia spera che questa cooperazione possa convincere gli azeri a raddoppiare la capacità di trasporto del Tap (il gasdotto Trans-Adriatico) da 10 a 20 miliardi di metri cubi l’anno, ma non è semplice, anche per via dei rapporti solidi tra Mosca e il governo di Baku.

Relazioni bilaterali che soltanto nel 2021 hanno generato affari commerciali tra i due paesi per un valore di oltre tre miliardi di dollari. «Sono convinto – ha detto il ministro Urso incontrando il presidente azero Ilham Aliyev – che grazie alla sua posizione geografica tra il Mar Caspio e i paesi dell’Asia centrale, ricchi di energia e di materie prime, l’Azerbaigian possa diventare sempre più il ponte verso il nostro paese, l’Europa e il Mediterraneo, confermando così il ruolo dell’Italia di hub energetico d'Europa». 

L’Italia, quindi, prosegue nel suo obiettivo di ottenere l’indipendenza energetica da Mosca. A circa un anno di distanza dall’invasione russa dell’Ucraina sono stati siglati accordi importanti, tra gli altri, con Algeria, Egitto, Libia, Angola e Qatar. In cambio dell’aumento delle forniture di gas, l’Italia promette di progetti di cooperazione e accordi commerciali con le aziende italiane che possono vantare un know how avanzato, in diversi settori.

Sul tavolo con le autorità azere, infatti, l’Italia punta a incrementare le relazioni commerciali in diversi ambiti: energie rinnovabili, ferrovie, industria agricola e industria aeronautica. La strategia perseguita dal governo Meloni, che vuole fare del paese l’hub energetico del Mediterraneo, è allineata a quella del suo predecessore Mario Draghi.

Import-export

Lo scorso 18 novembre l’azienda statale azera Socar ha siglato un accordo con il colosso russo Gazprom per una fornitura totale di un miliardo di metri cubi di gas da erogare entro il marzo 2023. Qualche mese prima, però, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha firmato a Baku un memorandum d’intesa per aumentare le esportazioni di gas verso l’Europa fino a 12 miliardi di metri cubi in un anno, per arrivare al raddoppio degli attuali 10 miliardi entro il 2027.

Al momento l’Azerbaigian non è sottoposto a limiti o sanzioni per quanto riguardo l’importazione di gas da Mosca e quindi può tranquillamente aumentare le forniture dalla Russia per soddisfare la domanda interna, liberando ulteriori risorse per l’Europa.

Il governo azero si trova così a bilanciare il fabbisogno energetico interno soddisfatto anche grazie agli accordi con la Russia con l’export verso l’Europa per ottenere un ruolo da interlocutore sempre più importante con Bruxelles. Una condotta che pone però dubbi sull’efficacia delle sanzioni europee contro Mosca e sulle nuove dipendenze energetiche.

Questioni interne

Alla questione del gas russo si sommano, come anche per i contratti siglati con paesi come Algeria e Libia, incertezze di politica “interna”. A quasi due anni e mezzo di distanza dal conflitto tra Armenia e Azerbaigian in Nagorno Karabakh (enclave armena in territorio azero), concluso dopo 45 giorni nel novembre del 2020 con la mediazione del presidente russo Vladimir Putin, la situazione è ancora tesa.

Dal 12 dicembre, a seguito delle proteste di alcuni manifestanti sostenuti dal governo azero, il corridoio di Lachin (unico punto di collegamento tra il Nagorno e l’Armenia) è stato bloccato al traffico civile e commerciale, limitando fortemente l’arrivo di viveri, servizi essenziali e medicine verso 120mila armeni che vivono nella piccola enclave. La situazione rischia di tramutarsi in un nuovo conflitto da un momento all’altro: ancora una volta, la Russia può avere voce in capitolo nelle mediazioni di pace.

Lo scorso 20 gennaio il parlamento europeo ha approvato una risoluzione di condanna nei confronti del governo azero per via del blocco del corridoio di Lachin. Nel testo si chiede anche di sostituire le forze di peacekeeper russe (presenti con un contingente di duemila soldati) con le forze di pace internazionali dell’Osce. Intanto il governo Meloni punta a rafforzare la partnership commerciale con Baku.

In caso di escalation nell’area, la Russia avrà un ruolo da mediatore per risolvere la controversia e il presidente Putin potrà mettere sul piatto delle trattative l’ennesimo ricatto energetico che, anche questa volta, colpisce gli stati europei e in primis l’Italia.

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