Abbiamo deciso di andare a vedere con i nostri occhi e a raccogliere testimonianze in prima persona. Una delegazione di europarlamentari del Gruppo socialisti e democratici si recherà sui luoghi maledetti della cosiddetta rotta balcanica. Il confine italo-sloveno, la Croazia, la Bosnia. Ma La missione si articola in due momenti.

Oggi e sabato saremo a Trieste e sul confine tra Italia e Slovenia per una serie di incontri e raccolta di testimonianze: dal livello istituzionale, il prefetto e la polizia di frontiera; alle associazioni, alle Ong, alle reti di volontariato che si battono per garantire accoglienza e rispetto delle nostri leggi. Questi primi due giorni di missione saranno decisivi per chiarire se e quali siano le responsabilità delle autorità italiane nella politica dei respingimenti.

Dal 2018 si è assistito al tentativo di utilizzare i paesi balcanici come “cuscinetto” per bloccare i nuovi arrivi, determinando una compressione in Macedonia, Serbia e infine in Bosnia. Così, oggi, migliaia di migranti sono letteralmente “ammassati” nel nord-ovest del paese. Questo ha prodotto il dramma del campo di Lipa, una situazione umanitaria senza uguali.

La commissaria agli Affari Interni dell’UE, Ylva Johansson, ha criticato le autorità di Sarajevo per non aver assistito adeguatamente centinaia di migranti.

Il punto che, però, dovremmo affrontare con verità e senza furbizie è quello dei respingimenti. I cosiddetti pushback sono illegali quando si operano senza verificare la condizione individuale dei migranti: chi chiede asilo si qualifica come rifugiato e non può in nessun caso essere respinto. E questo aspetto riguarda soprattutto le autorità italiane.

Gli incontri

Incontreremo la rete RiVolti ai Balcani che stima in almeno 1.240 i migranti “riammessi” dalla frontiera italiana verso la Slovenia nel 2020. Una pratica, questa delle “riammissioni”, condannata dal Tribunale ordinario di Roma che con la sentenza del 18 gennaio ha dichiarato: «La prassi adottata dal ministero dell'Interno in attuazione dell’accordo bilaterale con la Slovenia è illegittima sotto molteplici profili».

Parliamo di donne e uomini illegalmente inviati in Slovenia e poi rispediti in Croazia, la cui gestione dei flussi è tristemente nota: abusi, violenze e umiliazioni ad opera della polizia croata avvengono nel silenzio assordante dell’Italia e dell’UE. È tempo di agire, di rispondere con decisione e senso pratico alla crisi umanitaria.

Per questo, la seconda parte della missione, composta da Brando Benifei, Pietro Bartolo, Pierfrancesco Majorino e Alessandra Moretti, farà tappa a Zagabria per poi muovere verso il confine croato-bosniaco per cercare di capire cosa accade nella foresta degli orrori. Seguirà la visita proprio al tristemente noto campo di Lipa, realtà che versa in condizioni disumane.

Dal 2018, l’UE ha fornito 89 milioni di euro alla Bosnia-Erzegovina per rafforzare le sue capacità di gestione dei flussi migratori. Questo sostegno comprende 13,8 milioni di euro stanziati in aiuti umanitari, attuati da organizzazioni internazionali. Fanno parte dell’intervento emergenziale i 4,5 milioni di euro allocati ad aprile 2020, e i 3,5 milioni di euro annunciati il 3 gennaio 2021. Risorse dedicate alla fornitura di vestiti, coperte, cibo, assistenza sanitaria, strumenti per il contrasto del coronavirus.

Frontex

Da ultimo tra i dispositivi messi in campo dall’Unione per la gestione dei flussi migratori emerge il ruolo di Frontex: l’agenzia della guardia di frontiera e costiera europea al centro dello scandalo che coinvolge il suo direttore esecutivo Fabrice Leggeri.

Frontex aiuta i Paesi UE e Schengen a coordinare la gestione dei confini, nonostante le autorità statali mantengano sempre la responsabilità esclusiva sul proprio controllo frontaliero. L’agenzia è costantemente bersaglio di accuse da parte di Ong e per questo l’Europarlamento vuole istituire una commissione d’inchiesta sul mancato rispetto dei diritti umani. Ieri una buona notizia, Frontex ha deciso di interrompere la collaborazione con l Ungheria per le modalità di gestione di quelle frontiere. Un primo passo.

Esistono dunque in questa vicenda diverse responsabilità da appurare, tutte ugualmente importanti. Dal governo italiano a Frontex, dalla Slovenia alla Croazia fino alla Bosnia.

Troppe le denunce del mancato rispetto dei Trattati anche da parte degli stessi Paesi membri UE come Italia, Slovenia e Croazia.

Occorre uno sforzo ulteriore da parte delle istituzioni europee per la necessaria riforma della convenzione di Dublino. Perché solo così potremo sottrarre alle barbarie la gestione dei flussi e dell’intera filiera, senza delegare a terzi la vita, la morte e il transito di migliaia di persone.

La nostra missione servirà a raccogliere dunque documentazione con l’obiettivo di prendere un’iniziativa a livello di Parlamento Europeo capace di fare chiarezza, senza sconti per nessuno.

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