Donald Trump fa sul serio quando dice di voler annettere il Canada. È questo, probabilmente, il concetto che la maggioranza della popolazione canadese avrà in testa quando andrà al voto lunedì 28 aprile.

Le elezioni arrivano in un momento particolare per Ottawa, in anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura di ottobre e soprattutto nel pieno della guerra commerciale scatenata dagli Stati Uniti.

Il voto anticipato, la scelta di Carney

È stato Mark Carney, il nuovo primo ministro, a indire il voto anticipato per rinnovare la Camera dei comuni. Dopo le dimissioni di Justin Trudeau da leader del Partito liberale e da premier, dopo più di nove anni al potere e con un consenso sceso ai minimi termini, Carney è stato eletto a capo dei liberali con l’85 per cento dei voti. Un plebiscito che lo ha portato alla guida del governo. Ma dopo pochi giorni dal suo insediamento, ha deciso di anticipare le elezioni.

Il motivo è semplice: Carney si è fatto due conti e ha sfruttato l’imposizione dei dazi sul Canada da parte di Trump per ergersi a difensore del paese. Se c’è una persona che può fronteggiare la sfida economica lanciata dagli Stati Uniti è lui: un economista prestato alla politica, già manager, ex governatore della Banca centrale canadese prima e della Bank of England poi.

Il suo identikit, nonostante la mancanza di esperienza politica, è quindi perfetto per il momento attuale. Canada e Usa dovranno negoziare, ma intanto le tariffe sono state adottate e il paese rischia di affrontare difficoltà economiche pesanti. Carney in una recente intervista ha ammesso di essere l’uomo giusto «in tempi di crisi, non in tempi di pace». E non è un caso che sia stato proprio lui a invitare il paese a prendere «alla lettera quello che dice Trump» rispetto alla volontà di rendere il Canada il 51esimo Stato degli Usa.

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I sondaggi in Canada

La “cura” Carney ha giovato ai liberali. A gennaio, quando Trudeau si è dimesso, infatti, il consenso attorno al partito era sceso attorno al 20 per cento, una soglia su cui ristagnava da mesi. I conservatori di Pierre Poilievre erano ben distanti, proiettati oltre al 40 per cento e quasi certi di una vittoria elettorale.

Da quel momento in poi, però, con Trudeau fuori dai giochi, la crescita dei liberali è stata costante. In quattro mesi, sono saliti tra il 40 e il 43 per cento, a seconda delle rilevazioni, superando i conservatori stimati tra il 37 e il 39 per cento. Sondaggi che fanno presagire un testa a testa nelle urne inatteso almeno fino a poche settimane fa.

I conservatori spingono per il cambiamento

Per Poilievre, quindi, l’effetto scatenato dalle minacce di Trump al Canada è stato controproducente. E pensare che il 45enne leader dell’opposizione è stato spesso accostato al presidente degli Usa, in particolare per i toni e per i temi usati. Ma, è evidente, gli opposti nazionalismi - nonostante l’affinità ideologica - confliggono tra loro. E quindi Poilievre si è trovato in difficoltà.

La sua campagna elettorale, così come la sua proposta politica, è stata incentrata sul bisogno di cambiamento dopo una decina di anni di governo liberale di Trudeau, improntato a quello che Poilievre ha definito «socialismo autoritario».

Una voglia di cambiamento che sembra abbia fatto presa tra le giovani generazioni, secondo i sondaggi più propensi a votare a destra. Ciononostante, il punto forte su cui si basavano le critiche dei conservatori era la situazione economica traballante del Canada, ma l’avvento di Carney ha indebolito la retorica di Poilievre.

Crolla la sinistra, rebus indipendentisti

La crescita di Carney ha però avuto un’altra conseguenza: il calo del New Democratic Party (Ndp), la principale formazione di sinistra del panorama politico canadese. I liberali sono comunque una forza progressista e la crescente polarizzazione tra loro e i conservatori ha sfavorito gli altri partiti.

L’Ndp di Jagmeet Singh a gennaio sembrava quasi poter superare il Partito liberale, poi è arrivato il calo e ora staziona attorno al 7 per cento. Molti elettori progressisti infatti sembrano orientati al voto utile, premiare il partito liberale, per non rischiare di veder trionfare la destra di Poilievre.

I 343 seggi della Camera dei comuni sono eletti con un sistema uninominale secco, il cosiddetto first past the post dalle chiare origini britanniche, in cui i partiti più grandi tendono a essere favoriti. Da qui, le difficoltà per l’Ndp su cui sono in corso varie riflessioni: in base ai risultati delle elezioni si capiranno le prospettive future del partito e anche del leader Singh.

C’è un altro partito, poi, dalle cui sorti può passare tutta la composizione della camera bassa del parlamento canadese, cioè il Bloc Quebecois, un partito indipendentista che si presenta solo nel Quebec e dove i sondaggi lo vedono attorno al 25 per cento, secondo solo ai liberali. Ma la provincia a maggioranza francofona è anche la regione con più seggi a disposizione in tutto il paese, dopo l’Ontario. Ecco perché ha un peso specifico rilevante nelle elezioni. Tuttavia, di fronte alle minacce di Trump, le istanze indipendentiste del Bq potrebbero perdere terreno.

Come ormai quasi in ogni elezione, la tendenza principale da notare sarà quella riguardante l’affluenza. I segnali sono più che positivi. Circa sette milioni e 300mila canadesi hanno già espresso la loro preferenza, sfruttando la possibilità del voto in anticipo andato in scena nei giorni vicini a Pasqua. Una cifra in aumento del 25 per cento rispetto all’ultima tornata elettorale. Si tratta, più o meno, di un quarto di tutti gli aventi diritto di voto. La voglia di andare alle urne, quindi, è tanta.

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