«La prospettiva che un capo della polizia prenda il banco dei testimoni contro un collega ufficiale è estremamente rara». Esordisce così l’articolo del New York Times riguardo la testimonianza davanti ai giudici nel processo sul caso George Floyd di Medaria Arradondo, il capo della polizia di Minneapolis di cui faceva parte l’agente Derek Chauvin accusato di aver ucciso l’afroamericano durante il suo arresto.

Il processo è iniziato da una settimana durante la quale hanno già parlato i testimoni che hanno assistito e filmato l’arresto di Floyd e alcuni ufficiali del Dipartimento di polizia.

«Continuare ad applicare quel livello di forza a una persona prona, ammanettata dietro la schiena – dice Medaria Arradondo che ha iniziato la sua carriera nel 1989 – non fa parte della nostra formazione. E certamente non fa parte della nostra etica o dei nostri valori».

Il capo della polizia di Minneapolis ha specificato in aula che le azioni del signor Chauvin potrebbero essere state ragionevoli nei «primi secondi» per mettere George Floyd «sotto controllo». Tuttavia, «una volta che il signor Floyd ha smesso di resistere, e certamente una volta che era in difficoltà e cercava di parlare, avrebbe dovuto fermarsi». Proprio per questo Chauvin avrebbe violato le politiche del dipartimento nel prestare aiuto medico, e sull’uso della forza.

Secondo gli esperti di giustizia penale citati dal Nyt, la testimonianza di Arradondo metterebbe in seria difficoltà al difesa, visto che potrebbe sconvolgere la tendenza delle giurie a dare agli agenti di polizia il beneficio del dubbio quando prendono decisioni sul lavoro.

Poco dopo saputo dell’accaduto, il Dipartimento di polizia ha licenziato i quattro agenti coinvolti nella vicenda, tre dei quali saranno processati più avanti.

L’avvocato di Chauvin ha sostenuto che la forza è una parte spiacevole ma necessaria del lavoro che le regole del Dipartimento lo permettono in alcuni casi. La difesa è tornata anche sullo stato psico-fisico di Floyd durante l’arresto affermando di aver ingerito una dose elevata di oppioidi e di aver già alla base una malattia cardiaca.

L’accusa, invece, sostiene che è stato asfissiato dalla polizia. In questo caso è fondamentale la testimonianza del dottor Bradford T. Wankhede Langenfeld, il medico del pronto soccorso che ha cercato di rianimare il signor Floyd e ne ha dichiarato il decesso. Secondo Langenfeld, la morte sarebbe stata causata da asfissia. 

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