Si deciderà al ballottaggio, il 19 giugno, chi governerà la Colombia per i prossimi quattro anni ma il voto di ieri ha già confermato la principale novità. Per la prima volta un candidato dichiaratamente di sinistra, Gustavo Petro, è il favorito alla vittoria finale in un paese da sempre governato dagli stessi schieramenti moderati.

Petro ha raccolto al primo turno poco più del 40 per cento dei voti, e se la vedrà al secondo con Rodolfo Herdández, un imprenditore outsider della politica che si è fermato al 28 per cento su una piattaforma populista contro la corruzione.

Tre settimane di battaglia attendono dunque i due candidati, che cercheranno di portare dal proprio lato gli elettori del terzo arrivato, Federico Gutiérrez, l'unico rappresentante dei partiti tradizionali. Anche in Colombia dunque soffia forte il vento della protesta e del rifiuto della politica consolidata.

Contro i tabù

Petro, 62 anni, un passato da guerrigliero in gioventù, poi senatore e sindaco della capitale Bogotà, è riuscito ad aggregare per la prima volta con successo in Colombia vari movimenti della sinistra ma dovrà affrontare adesso la pesante resistenza di chi non vuole toccare i grandi tabù. Uno su tutti il rapporto con gli Stati Uniti.

La Colombia è da sempre il più stretto alleato di Washington nella regione, riceve da vent'anni dollari e aiuti militari per combattere il narcotraffico, ma i risultati sono disastrosi. La Colombia non ha mai prodotto tanta cocaina come adesso, e negli Stati Uniti sono alle stelle i consumi di sostanze proibite con pesanti ricadute sulla salute pubblica.

Petro vorrebbe rivedere con gli Usa sia il trattato di collaborazione sulla lotta alle droghe (con le continue estradizioni dei boss locali verso le carceri americane), sia il trattato di libero commercio. Nega però, il candidato della sinistra, di voler passare a una contrapposizione dura con Washington, sullo stile del vicino Venezuela chavista.

Paese con il quale Petro vorrebbe riavviare le relazioni diplomatiche, ferme da tre anni, anche per risolvere il problema della diaspora dal tracollo economico: due milioni di venezuelani sono fuggiti in Colombia e solo una parte hanno le carte in regola.

I narcos del Golfo

Dopo l'accordo con la guerriglia delle Farc del 2016, la Colombia è lontana dalla pace sociale, c'è ancora un gruppo illegale attivo (l'Fln) e intere regioni sono sotto il giogo del cartello paramilitare dei narcos del Golfo.

Petro vorrebbe cambiare la rotta degli ultimi anni, basata soltanto sulla forza, e sostiene di voler ripulire le istituzioni dalle infiltrazioni dei movimenti illegali. Altro fronte è quello dell'economia. La Colombia soffre un'alta inflazione e il deficit fiscale è esploso con la pandemia. La disoccupazione è al 12 per cento e la metà dei posti di lavoro sono nell'informalità.

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