Una spaventosa ondata epidemica di Covid-19 sta seminando migliaia di morti in Cina, e subito molti si sono affrettati a dire: «Questa catastrofe dimostra che la strategia finora adottata dal governo cinese per contenere l’epidemia – basata sui continui lockdown – è sbagliata e i lockdown non servono a nulla!». È falso.

Quello che sta accadendo in Cina in realtà ci dimostra con chiarezza tre cose: che i lockdown servono, che i nostri vaccini sono fondamentali per proteggerci dal virus, e che il Covid-19 – in particolare Omicron 5 e le sue sottovarianti attualmente in circolo – non è affatto diventato innocuo come un banale virus dell’influenza.

Zero Covid

Per combattere l’epidemia di Covid-19, la Cina aveva fin qui adottato la cosiddetta “politica dello Zero Covid dinamica”, che aveva funzionato egregiamente se è vero che il coronavirus in quel paese ha sinora provocato 5.242 vittime, quasi tutte decedute durante il disastroso primo focolaio di Wuhan, tra gennaio e marzo 2020.

In Cina si sono stati tre morti per milione di abitanti, che sono pochissimi se paragonati a quelli dei paesi del mondo che non hanno adottato la politica “Zero Covid”, in cui i morti sono stati tra i 2.400 e i 3mila per milione di abitanti. Uno potrebbe obiettare: la Cina è un regime che non brilla per trasparenza e di quelle cifre non mi fido.

Vero, probabilmente i morti reali da Covid in Cina sono più numerosi di quelli ufficiali, però altre nazioni che hanno adottato una politica dello Zero Covid affine – come la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda – hanno statistiche di mortalità simili a quelle della Cina.

Come funziona

(Ap)

In che cosa consisteva la “politica dello Zero Covid dinamica” cinese? Il governo cinese aveva stabilito che non appena in una città, paese o villaggio venivano segnalati nuovi casi di Covid, quei malati dovevano essere obbligatoriamente trasferiti e messi in isolamento in ospedali o in speciali “colonie di confinamento temporaneo”; le persone entrate in contatto con loro erano costrette alla quarantena in casa; l’area dove quei malati vivevano – che poteva essere una comunità o una intera città – veniva considerata “ad alto rischio”, e perciò messa in uno strettissimo lockdown; tutti i cittadini che vivevano nelle aree ad alto rischio venivano sottoposti a regolari tamponi molecolari per accertare che non fossero contagiati; chi risultava positivo al Covid, anche se aveva sintomi lievi o era asintomatico, veniva trasferito alle colonie di isolamento; chi voleva muoversi doveva prima esibire un certificato di negatività al virus.

Qualcuno si domanderà: ma come, bastavano dieci casi di Covid, e i cinesi decidevano di mettere in lockdown per settimane o addirittura mesi un’intera città, magari grande come Shanghai, dove vivono più di 10 milioni di persone? Sembrerà strano, ma se volete contrastare efficacemente un focolaio di Covid si deve fare proprio così: bisogna chiudere in lockdown un’intera città agli albori dell’epidemia, quando i casi sono pochi, per stroncarlo sul nascere, e non dopo, quando i casi sono tanti e difficili da arginare.

Il modello matematico

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Tutte le epidemie provocate da un virus seguono leggi matematiche semplici. Nel 2020, a inizio pandemia, quando era diffusa il ceppo originario del SARS-CoV-2, denominato “Wuhan”, il Covid aveva un R0 – cioè un numero basico di riproduzione, che indica quanti individui in media contagia ogni infetto – pari a 3, e un tempo di raddoppio – che indica il tempo necessario perché i casi raddoppino – di circa tre giorni.

Il che significa che se in una determinata città c’erano 10 persone infettate dal Covid, questi ne avrebbero contagiate 20 in tre giorni, che ne avrebbero contagiati 40 in altri tre. All’epoca, poi, il cosiddetto Case Fatality Rate (Cfr) del Covid – o indice di letalità, che indica quante persone muoiono ogni 100 malati – era stimato pari a due, cioè ogni 100 malati di Covid ne morivano due, e non solo anziani e fragili.

Inoltre, ogni essere umano sulla faccia della Terra era totalmente suscettibile al virus, poiché si trattava di un virus sconosciuto e nuovo contro il quale nessuno aveva sviluppato un’immunità, e non c’erano né farmaci né soprattutto vaccini che potessero proteggerci.

Quindi, più il virus circolava e più morti avrebbe fatto – milioni di morti. Invece, adottando la “politica di Zero Covid dinamica”, le autorità cinesi sono riuscite sempre ad interrompere le catene di contagio sul nascere, e così hanno evitato molti contagi e soprattutto molte morti. Il governo cinese ha comunicato che finora le vittime da Covid sono state 5.242 su 1,4 miliardi di abitanti: probabilmente sono di più, ma sicuramente molte meno delle 183mila, su 59 milioni di abitanti, che abbiamo avuto noi in Italia.

In ritardo

Piazza di Spagna deserta durante il lockdown (Kyodo via AP Images)

Come mai noi in Italia abbiamo avuto così tanti morti? Perché noi i lockdown li abbiamo fatti non all’inizio delle varie ondate epidemiche ma solo dopo, quando i casi, e i morti, erano già troppo numerosi.

Ricordate? Noi pensavamo che il cosiddetto paziente zero, cioè il primo individuo infettato dal coronavirus in Italia, fosse il signor Mattia Maestri, di Codogno, che risultò positivo al Covid il 21 febbraio 2020, quand’era ricoverato per una brutta polmonite bilaterale nell’ospedale della sua cittadina.

Invece, alcuni medici ed epidemiologi che la regione Lombardia aveva inviato per tracciare chi fosse stato infettato dal signor Mattia, guidati da Stefano Merler, scoprirono che il primo paziente positivo al coronavirus era presente in Italia già dal primo gennaio 2020.

Piazza san Pietro deserta, l'11 marzo 2020 (AP Photo/Andrew Medichini)

Quegli scienziati hanno poi pubblicato un articolo dal titolo Le prima fasi dell’epidemia di Covid in Lombardia, in cui hanno scritto: «L’epidemia in Italia è iniziata molto prima del 20 febbraio 2020. Al momento del rilevamento del primo caso di Covid-19 l’epidemia si era già diffusa ampiamente nella maggior parte dei comuni della Lombardia». 

Ma se il Sars-CoV-2 era presente in Italia dal primo gennaio, visto che i casi raddoppiavano ogni tre giorni, a inizio marzo in giro ci doveva essere circa 1 milione di persone contagiate dal virus, anche se in quel momento le autorità ci comunicavano che in tutta Italia i contagiati ufficiali erano il signor Mattia e al massimo un altro centinaio di persone.

Se a inizio marzo i casi erano circa 1 milione, in altri tre giorni sarebbero diventati 2 milioni, e in altri tre giorni sarebbero diventati 4 milioni, che avrebbero provocato prevedibilmente circa 80mila morti. Solo la sera del 9 marzo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciò: «Da oggi l'Italia sarà zona protetta», e in Italia iniziò il lockdown: ma era troppo tardi e non c’era altra scelta.

Un errore

Avete capito perché è più giusto introdurre il lockdown quando i casi sono poche decine e non quando sono un milione? Purtroppo, noi in Italia abbiamo sempre introdotto i lockdown quando le varie ondate epidemiche erano ormai esplose e i casi si contavano a migliaia, il che ci ha costretto a chiusure massicce e prolungate. Abbiamo fatto questo errore durante la prima ondata di Covid del 2020, lo abbiamo ripetuto nell’ondata successiva del 2021 provocata dalla variante delta, e poi nelle varie ondate di Omicron nel corso del 2022. Invece i cinesi hanno fatto i lockdown all’inizio dei focolai, e hanno avuto meno morti.

Allora, i cinesi dove hanno sbagliato? Paradossalmente, un loro primo errore è stato quello di allentare la politica dello Zero Covid proprio adesso. È vero, la popolazione cinese dopo tre anni di continui lockdown è stremata e ha iniziato giustamente a protestare. Però adesso è il momento più sbagliato per attenuare la strategia Zero Covid. Ormai da un anno in tutta la Terra e anche in Cina si sta diffondendo Omicron, una variante del coronavirus che è molto più contagiosa delle precedenti – ha un R0 stimato tra 8 e 15, cioè ogni individuo infetto può contagiare in media da 8 a 15 altri – ed è poco meno letale.

Il 7 novembre scorso, il governo cinese ha comunicato che in quel giorno in Cina si erano verificati 5.496 nuovi casi di Covid, che al 27 novembre erano diventati oltre 40mila. In molte città i malati di Covid e i positivi cominciavano a diventare così numerosi che le autorità sanitarie locali non riuscivano a effettuare in tempo tutti i tamponi necessari. I casi di Covid cominciavano ad essere troppi, focolai scoppiavano in troppe città, e Omicron si stava diffondendo troppo velocemente. In teoria, ognuna di queste città avrebbe dovuto essere posta in lockdown, ma la popolazione non li sopportava più.

Le proteste

Da novembre, in tutta la Cina sono scoppiate le proteste. A Zhengzhou, la città della Cina centrale dove ha sede la mega-fabbrica della Foxconn che produce gli iPhone, migliaia di lavoratori, arrabbiati perché non avevano ricevuto i bonus lavorativi a causa delle continue chiusure, per giorni hanno formato cortei e si sono scontrati con la polizia.

A Haizhou, un distretto del sud della Cina dove hanno sede migliaia di fabbriche tessili, i lavoratori si sono riversati nelle strade per protestare contro la carenza di cibo causata dai lockdown. A Shanghai, la megalopoli capitale economica della Cina, dal lockdown di aprile la gente ha cominciato a manifestare per le strade, urlando slogan contro il presidente Xi Jinping.

Così, l’11 novembre il governo cinese attraverso l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua ha annunciato: «La Cina attenua le misure per ottimizzare la risposta contro il Covid-19», e ha introdotto le cosiddette nuove "venti misure” contro il Covid, con queste parole: «Dobbiamo continuare a perseguire tenacemente la politica dello Zero Covid dinamica, ma ottimizzando e aggiustando le misure». 

Cambiamenti

(AP Photo/Andrew Braun)

Le nuove misure consistono in questo: «Il periodo di quarantena per i contatti sarà accorciata a cinque giorni, i contatti non saranno più identificati col tampone, chi ha visitato aree ad alto rischio sarà soggetto a una quarantena di sette giorni a casa anziché in colonie di isolamento, eccetera».

Ma poi, il 7 dicembre, il governo ha di fatto sospeso la politica dello Zero Covid, annunciando: «La risposta contro il Covid-19 viene ulteriormente ottimizzata con "dieci misure” nuove. Le misure sono state introdotte sulla base della situazione epidemica e delle ultime mutazioni del virus, la cui patogenicità si è indebolita. Le chiusure riguarderanno le aree ad alto rischio, che comprenderanno edifici, unità, piani o case anziché comunità e città. La popolazione non sarà soggetta a test di massa. I portatori asintomatici o con sintomi lievi potranno fare la quarantena a casa, eccetera».

Il rischio

Quindi, d’ora in poi il virus in Cina potrà circolare più liberamente, infettando le persone con maggiore facilità. Però, c’è un problema: gran parte della popolazione cinese grazie ai continui lockdown non è stata infettata dal coronavirus ed è stata protetta dalla malattia, però in questo modo non ha potuto sviluppare una immunità contro di esso.

Così, la variante Omicron, contagiosissima e letale, che si sta diffondendo in Cina, ora si trova di fronte una popolazione cinese quasi totalmente suscettibile. Infatti pare che ora in Cina si verifichino 37 milioni di nuovi casi di Covid al giorno, che quasi ovunque gli ospedali si stiano riempiendo di malati, e che il numero dei morti stia salendo in maniera vertiginosa.

Uno studio di scienziati delle Università di Hong Kong e di Shenzen, dal titolo Modelli riguardanti l’aggiustamento della risposta contro il COVID-19 e l’uscita dalla politica Zero covid dinamica in Cina, prevede che nei prossimi mesi i morti potrebbero essere più di 1 milione. Perché, come dimostra anche un recente studio condotto da scienziati dell’Università John Hopkins di Baltimora, dal titolo Impatto delle varianti del SARS-CoV-2 sugli esiti clinici in pazienti ospedalieri, la variante Omicron è letale quanto la variante originaria Wuhan del virus e poco meno della Delta, e provoca una malattia grave che non assomiglia affatto a un’influenza.

Un altro errore

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Ma allora abbiamo fatto bene noi in Italia, che abbiamo lasciato correre il virus e così ci siamo immunizzati, e hanno sbagliato i cinesi? No, perché per farlo noi abbiamo avuto 180mila morti, mentre loro ne hanno avuto solo 5-10mila però non si sono immunizzati.

E qui arriva il quarto errore commesso dal governo cinese, quello fondamentale. Noi abbiamo sbagliato facendo il lockdown in ritardo ma poi abbiamo rimediato grazie ad un’egregia campagna di vaccinazioni con vaccini moderni, sicuri ed efficacissimi, che ci proteggono contro la malattia grave e la morte.

Invece, il governo cinese non ha commesso errori introducendo lockdown precoci ma ha fatto quello fondamentale di non attuare una campagna di vaccinazione capillare e veloce come la nostra, col risultato che adesso l’enorme popolazione cinese – 1,4 miliardi di persone – non immunizzata e poco vaccinata, ha difese inferiori alle nostre.

Il 90 per cento dei cinesi ha fatto solo due dosi di vaccino, ma solo il 70 per cento di quelli con più di sessant’anni e solo i 40 per cento degli ultra-ottantenni ha ricevuto la terza dose. Difatti, una delle dieci misure recenti del governo cinese recita: «Gli sforzi vaccinali devono essere focalizzati ad incrementare il tasso di vaccinazione fra gli anziani di età compresa tra i 60 e i 79 anni. Il tasso di vaccinazione per chi ha ottant’anni in su dovrebbe essere molto accelerato». 

Per di più, i vaccini di Stato cinesi – il Sinofarm e il Sinovac – hanno un’efficacia contro la malattia grave molto inferiore rispetto ai nostri moderni vaccini a Rna. Perché bisogna sempre tenere a mente questo: il coronavirus non è affatto diventato più buono, siamo noi ad essere protetti meglio solo grazie ai nostri vaccini e ai loro richiami.

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