Vladimir Putin ha messo a dura prova la pazienza degli spettatori di Tucker Carlson, il presentatore conservatore americano che ieri ha pubblicato sul social network X la prima intervista che un giornalista occidentale è riuscito a realizzare al presidente russo dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Per rispondere alla prima domanda di Carlson sull’origine del conflitto, Putin ha impiegato ben venticinque minuti di tempo. E dalla storia del leggendario principe Rurik, che nell’anno 862 avrebbe fondato la città di Novgorod, ha ripercorso l’intera storia dell’Europa orientale fino a sostenere, alla fine, che russi e ucraini sono, in sostanza, lo stesso popolo. I repubblicani americani si prendono gioco delle condizioni mentali del presidente Biden, ma va detto che anche il 71enne Putin sembra iniziare a dimostrare una certa tendenza senile alla divagazione. L’intervista ha finito col generare ampie ironie.

Carlson in alcuni momenti sembrava disperato mentre cercava di orientare il dialogo in un senso giornalisticamente più attraente. Putin però non ha avuto pietà. Non solo non si è fatto interrompere, ma ha anche punzecchiato il suo intervistatore. Come quando ha ricordato che qualche decennio fa un giovane Carlson aveva fatto richiesta, senza successo, di entrare nella Cia. «La Cia è un’organizzazione molto professionale», ha chiosato. Carlson è apparso all’inseguimento per gran parte dell’intervista, ma, dopo circa due ore, nella sua ultima domanda, ha affrontato Putin in modo diretto, chiedendo esplicitamente la liberazione di Evan Gershkovich, il giornalista del Wall Street Journal da quasi un anno imprigionato in Russia con l’accusa di spionaggio. Il presidente russo è rimasto sul vago, ha dato segno di conoscere poco la vicenda e ha risposto con sufficienza, dicendo che un accordo per la sua liberazione potrebbe presto essere raggiunto.

La verità di Putin

Ironie e battute a parte, le lunghe tirate e i minuziosi excursus di Putin durante l’intervista con un giornalista considerato “non ostile” raccontano anche un’altra storia, ossia che la sua non è stata una recita attentamente studiata, ma l’esposizione di qualcosa che ritiene davvero importante. Quasi un’ossessione. Come la sua sensazione di essere costantemente beffato dall’occidente, ripetuta a Carlson in tutti i suoi particolari: dalla “promessa tradita” di non espandere la Nato a est, fino allo stop da parte di Kiev ai negoziati di pace nell’aprile 2022, un episodio che Putin imputa alla malefica influenza dell’allora primo ministro britannico Boris Johnson.

Il punto discusso in queste ore, se l’intervista fosse indirizzata più al pubblico americano o se fosse al servizio dell’audience russa, perde quindi importanza. Le televisioni di stato russe hanno dato copertura minuziosa all’intervista, ma allo stesso tempo, il discorso di Putin aveva anche più di un elemento che poteva essere apprezzato dagli spettatori di Carlson. Non ha senso che il denaro dei contribuenti americani venga speso per l’Ucraina, ha detto Putin: «Davvero gli americani non hanno nulla di meglio da fare? Avete problemi ai vostri confini, problemi con l’immigrazione, problemi con il debito nazionale». È quello che la destra del partito repubblicano vuole sentirsi dire. Ma se Putin avesse voluto soltanto segnare un punto con l’audience di Carlson, avrebbe fatto a meno di qualche principe di Novgorod.

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