Dopo giorni di fughe di notizie e incertezze, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato ieri sera il decreto con cui licenzia il suo comandante in capo delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny. A sostituirlo arriverà il generale Oleksander Syrsky, comandante delle forze di terra. «Ora una nuova squadrà si occuerà di gestire le forze armate», ha annunciato Zelensky, mentre sui social ha pubblicato una foto che ritrare lui e Zaluzhny, entrambi sorridenti.

Quello che a prima vista sembra un divorzio consensuale è in realtà il culmine di oltre un anno di tensione e scontri tra i due. Secondo molti, la rimozione sarebbe dovuta al timore di Zelensky e dei suoi alleati che Zaluzhny potesse diventare un rivale politico. Il generale è molto popolare tra la popolazione e le forze armate e molti ora si interrogano sulle conseguenze che potrà avere la decisione.

Congresso bloccato

Nel frattempo, a Kiev si guarda con crescente preoccupazione ai tumulti della politica statunitense, dove l’influsso di Donald Trump, strafavorito alle primarie del partito Repubblicano, continua a tenere bloccati gli aiuti destinati all’Ucraina. Con l’approvazione dei nuovi finanziamenti europei, una settimana fa, Kiev non è più a rischio di collasso economico, ma ogni giorno che trascorre senza i fondi degli Stati Uniti, e le armi che servono ad acquistare, viene pagato a caro prezzo dalle truppe al fronte, sostengono funzionari e membri del governo ucraino.

L’ultima cattiva notizia è arrivata dal Congresso americano dove nella notte tra mercoledì e giovedì i repubblicano hanno silurato l’accordo sulle nuove norme per l’immigrazione, che conteneva al suo interno circa 60 miliardi di dollari destinati all’Ucraina. Negoziato con grande difficoltà nel corso degli ultimi mesi, l’accordo è stato abbandonato dai repubblicani non appena Trump ha fatto capire che intende centrare la sua campagna elettorale sugli afflussi record di migranti al confine meridionale.

I democratici ora proveranno a far passare gli aiuti all’Ucraina scorporandoli dal pacchetto sull’immigrazione. Un primo voto si è svolto questa notte e, nella migliori delle ipotesi, la norma potrebbe essere approvata nei prossimi giorni. Ma con il caos in cui è finito il partito repubblicano e con la necessità di far passare il pacchetto alla Camera, dove il partito controlla la maggioranza, ci sono sempre meno ragioni per essere ottimisti.

A Kiev, intanto, tirano un sospiro di sollievo perché lo scenario più catastrofico è stato aiutato. «Grazie agli aiuti europei, il bilancio ucraino può fare a meno dei finanziamenti americani», spiega Yurii Gaidai, economista del Centro per le strategie economiche, un think tank basato Kiev. Con un deficit per il 2024 di circa 30 miliardi di euro, il governo ucraino dipende dagli aiuti internazionali non solo per finanziare lo sforzo bellico, ma anche per tenere aperti gli ospedali e pagare le pensioni.

L’approvazione lo scorso primo febbraio di un finanziamento da 50 miliardi di euro fino al 2027 da parte del Consiglio dell’Unione europea, lascia scoperti poco meno di una decina di miliardi. Una cifra imponente, ma che Kiev può riuscire a coprire con nuove emissioni di debito pubblico e altre misure finanziarie, spiega Gaidai.

Il fronte

Ma se il finanziamento a medio termine della spesa pubblica ucraina è al sicuro, i problemi militari nell’immediato sono un altro paio di maniche. Le forze armate del Cremlino sono nel pieno di un’offensiva invernale in cui, secondo gli ucraini, sono in grado di impiegare diecimila proiettili di artiglieria al giorno, quattro volte quelli con cui gli risponde Kiev.

Una delle principali ragioni di questa differenza sarebbe proprio il blocco degli aiuti americani, sostengono diversi esperti. Senza l’approvazione di nuovi fondi, il Pentagono è costretto a utilizzare metodi sempre più creativi per proseguire l’invio di armi all’Ucraina. I dettagli di come e quanto viene inviato a Kiev sono opachi in questa fase, ma le munizioni di artiglieria sembrano essere una delle principali vittime del blocco degli aiuti, ha sostenuto tra gli altri Michael Kofman, analista del Carnegie Endowment, un centro studi di Washington.

Mercoledì, il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha promesso a Kiev oltre un milione di proiettili entro la fine dell’anno, ma la fornitura rischia di arrivare troppo tardi. Secondo le principali agenzie di intelligence occidentali, la Russia avrebbe già ricevuto un milione di proiettili dalla Corea del Nord.

I leader ucraini sanno che dalle presidenziali americane del prossimo novembre Donald Trump potrebbe uscire vincitore e di conseguenza misurano con attenzione le loro dichiarazioni. «L’altra notte ho ricevuto le ultime notizie su quello che accade al Congresso amerciano – ha detto ieri in una conferenza stampa il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba – Tutto è molto confuso». Ma a microfoni spenti raccontano una storia diversa: ogni minuto di ritardo da parte degli americani viene pagato con le vite dei soldati al fronte.

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