La storica sentenza della Corte suprema statunitense, che abolisce l’altrettanto storica sentenza Roe Vs Wade del 1973, non va ridotta ad un attacco alle sole battaglie femministe, seppur le donne siano senz’altro le persone che più la subiscono.

Esattamente come le persone di colore subirebbero per prime un ritorno alla segregazione. Ogni legge, infatti, porta con sé un principio giuridico: se viene attaccata l’una viene intaccato anche l’altro.

La portata illiberale della decisione rappresenta l’involuzione che stanno vivendo da anni le nostre democrazie, dove i principi di libertà e uguaglianza non erano stati più messi in discussione dai totalitarismi del secolo scorso. Tanto da far immaginare ad alcuni un processo irreversibile verso la fine della storia.

Siamo, invece, da tempo in presenza di una destra regressiva, ben diversa da quella conservatrice, che ha messo nel mirino il principio libertario alla base dei movimenti emancipatori dell’ultimo secolo. Le  dichiarazioni di uno dei giudici conservatori (ma bisognerà inventare un nuovo neologismo per questa posizione ideologica) successive alla sentenza, in cui si mettono in discussione anche nozze gay e contraccezione non fanno che confermare quale sia il percorso intrapreso con questa decisione.

Un altro passo nel clima da guerra civile

Gli Stati Uniti, in piena campagna elettorale di mid-term, fanno un altro passo nel clima da guerra civile che vivono non da Trump, come spesso si dice, ma dall’elezione di Obama, da quasi metà della popolazione vissuta come un affronto ai valori wasp americani.

Vedremo a che punto, dopo gli assalti al Campidoglio con pendaglio da forca alla mano, condurrà questo scontro. E non si pensi che gli scellerati progetti putiniani di espansione non c’entrino con questa debolezza endemica della prima potenza mondiale.

Se Atene piange, però, Sparta non ride. Seppur non giunti ancora a questo livello di lacerazione estrema, le società europee vivono una stessa polarizzazione, sobillata da soggetti politici analoghi, seppur, è un mio parere, meno radicati nella storia e nella società delle nostre nazioni. Le dichiarazioni di Boris Johnson contro la sentenza Usa sono, in questo senso, di conforto.

Certamente, però, la decisione della Corte suprema americana offrirà linfa vitale alle associazioni cosiddette prolife, spinte da una vera e propria ideologia antimoderna. Sarebbe bene che anche l’intellighenzia cattolica, certamente legata ai principi democratici europei che ha contribuito a costruire, si renda conto della posta in gioco e non si presti a facili strumentalizzazioni. Che chiarisca subito il limite dove, secondo loro, questo processo regressivo va fermato.

Ognuno, giunti a questo punto, si faccia un esame di coscienza e lavori per rendere il proprio quadro culturale coerente col nostro tempo. Tutti, nessuno escluso, l’ora è grave. Per quanto riguarda, poi, il risibile argomento da retorica di quart’ordine, per cui questa sentenza addirittura dimostrerebbe la salute della democrazia americana perché ribadisce l’espressione della volontà popolare, ora libera di scegliere un governatore antiabortista e uno favorevole alla libera scelta delle donne, beh, è persino inutile ricordare che la democrazia non si riduce al voto.

Quella si chiama deriva plebiscitaria e non si praticava nemmeno nell’agorà ateniese. Sicuramente, negli Usa e non solo, ci sono territori che pensano che i neri siano inferiori ai bianchi, che facciamo, lo mettiamo ai voti? Sicuramente ci sono territori radicalmente antisemiti, votiamo il ritorno delle leggi razziali?

Ovviamente, chi non lo sa è colpevole o ignorante, la democrazia è anche salvaguardia delle minoranze e dei soggetti deboli. Semmai la sentenza svela quanto questi movimenti abbiano ben compreso la lezione delle destre novecentesche: la democrazia si sconfigge con la democrazia. Egemonizzando le sue stesse procedure. Cosa che la sinistra rivoluzionaria non ha mai capito, né allora né oggi.

Ma, si dice, se è vero che la democrazia è tutela dei diritti, chi decide cos’è un diritto? Elementare Watson: diritto è ciò che consente di scegliere, il resto si chiama repressione.

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