A pochi giorni dalla cerimonia di apertura della Conferenza sul clima delle Nazioni unite che si terrà dal 6 al 18 novembre a Sharm el Sheikh, i servizi di sicurezza egiziani hanno arrestato un attivista indiano per il clima.

Ajit Rajagopal, di origini indiane, è stato arrestato nel pomeriggio del 30 ottobre dopo aver iniziato una camminata di otto giorni che dal Cairo lo avrebbe portato alla località marina dove si tengono le giornate della Cop. Con lla sua azione aveva intenzione di sensibilizzare l’opinione pubblica locale e internazionale sulla crisi climatica.

Ma poco dopo la partenza, Rajagopal è stato fermato a un controllo di sicurezza ed è stato arrestato perché non aveva ottenuto l’autorizzazione a protestare. L’attivista indiano è riuscito a chiamare un suo amico egiziano e avvocato di diritti umani prima di finire in isolamento per 27 ore; anche l’avvocato, Makarios Lahzy, è stato arrestato e trattenuto per più di 24 ore per non aver informato la polizia delle intenzioni dell’attivista indiano. Entrambi sono stati rilasciati ma la loro vicenda è emblematica di ciò che accade in Egitto quotidianamente. In vista della Cop27 le misure restrittive sono ancora più diffuse, l’obiettivo è mostrare ai leader del pianeta che il paese è saldo e non c’è dissenso interno.

«Perché il governo egiziano ha chiesto di ospitare il vertice sul clima, quando le restrizioni di sicurezza ostacoleranno i movimenti e le manifestazioni di protesta più semplici contro la crisi ambientale?», scrive in una nota la Commissione egiziana per i diritti e le libertà, una delle ultime rimaste attive nel paese.

Gli altri arresti

Il caso di Rajagopal non è l’unico. Negli ultimi giorni, secondo quanto denunciano ong e associazioni a difesa dei diritti umani, i servizi di sicurezza egiziani hanno intensificato i controlli affinché non ci siano manifestazioni di dissenso o problemi di ordine pubblico. Sono stati arrestati 67 attivisti. Tutti i timori della società civile erano reali. Per mesi le Nazioni unite sono state criticate per aver scelto l’Egitto come luogo per tenere la Cop.

Nelle carceri del paese si trovano circa 60mila prigionieri politici, tra questi c’è Alaa Abdel Fattah, il blogger della rivoluzione che dopo aver iniziato lo sciopero della fame ha deciso di astenersi dal bere in segno di protesta. Alaa Abdel Fattah è stato arrestato già durante il regime di Moubarak e poi nella parentesi del governo dei fratelli musulmani guidato da Morsi. Stessa sorte con il presidente al-Sisi. Nel 2013 è stato condannato a cinque anni di carcere per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata, prima di finire nuovamente in carcere ed essere condannato ad altri 5 anni nel dicembre del 2021. Oggi le sue forze sono allo stremo e in una lettera ha annunciato che nei prossimi giorni berrà il suo ultimo sorso d’acqua, in attesa della libertà o della morte.

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