Hamas ha accettato di rilasciare tutti gli ostaggi in cambio della fine dei bombardamenti e, soprattutto, del ritiro dell’Idf dalla Striscia. Ma il ritiro completo dei militari israeliani da Gaza non è previsto, almeno non nella prima fase del piano
La notizia è arrivata quando in Italia erano passate le 22, ma a Gaza la voce che Hamas avesse accettato il piano di pace ha iniziato a circolare già in serata. Fino al pomeriggio di venerdì non c’erano stati segnali incoraggianti, eppure, in serata il gruppo jihadista, insieme alle sue organizzazioni satellite, ha dato la sua risposta: è disposta a rilasciare tutti gli ostaggi israeliani, vivi e morti e cominciare a ragionare concretamente sui vari punti dell’accordo proposto da Donald Trump.
«Dopo un'attenta riflessione – si legge nel comunicato – il movimento ha preso la sua decisione e ha consegnato ai mediatori il suo responso. Per ottenere la cessazione della guerra e il completo ritiro dalla Striscia, il Movimento annuncia il suo accordo per il rilascio di tutti gli ostaggi, vivi e morti, e per la creazione delle condizioni sul campo necessarie al processo di scambio».
Hamas ha anche fatto sapere di essere d’accordo a consegnare l'amministrazione della Striscia di Gaza a un organismo palestinese coadiuvato da un gruppo internazionale, proprio come previsto dall’accordo. Secondo il progetto, infatti, il periodo post Hamas sarà gestito da un “comitato palestinese" supervisionato da un organismo internazionale, il così detto "Consiglio per la pace", alla cui guida ci sarà l'ex primo ministro britannico Tony Blair.
La decisione è arrivata al termine di oltre 48ore di discussione tra le varie fazioni all’interno di Hamas e con le altre organizzazioni della Striscia, contrarie fino a venerdì pomeriggio ad accettare le condizioni. Sembra, però, che sia la Jihad islamica, sia il Fronte popolare, alla fine siano confluite sulla posizione di maggioranza, cioè quella che vuole l’accordo. Il comunicato stampa di ieri sera, infatti, è stato congiunto.
I punti critici
«Tutte le fazioni palestinesi apprezzano gli sforzi di Trump per porre fine alla guerra», hanno scritto i jihadisti, tuttavia, non tutti i nodi sono ancora stati sciolti. Hamas ha accettato di rilasciare tutti gli ostaggi in cambio della fine dei bombardamenti e, soprattutto, del ritiro dell’Idf dalla Striscia. Ma il ritiro completo dei militari israeliani da Gaza non è previsto, almeno non nella prima fase del piano. È proprio questo uno dei nodi che sono ancora da sciogliere. Nonostante le aperture, Hamas ha anche sottolineato, però, che ci sono altre cose da chiarire e sembra che sia proprio questa linea prudenziale ad aver messo tutte le fazioni d’accordo.
«Accettano di rilasciare tutti gli ostaggi solo se viene messo nero su bianco un calendario scadenzato per il ritiro delle truppe», ha detto il giornalista Hassan Isdodi. «Nessuno si fida al 100 per cento. Temono che, consegnando gli ostaggi senza un chiaro impegno, Israele avrà ottenuto quello che vuole e non avrà da perdere più nulla. Potrà spianare la Striscia e ricostruire una città per ricchi, proprio come immaginava Donald Trump».
E infatti, nello stesso comunicato, Hamas ha sottolineato che c’è ancora tanta strada. «Le altre questioni relative al futuro della Striscia di Gaza e ai veri diritti del popolo palestinese – ha scritto il movimento - saranno discusse attraverso un quadro nazionale palestinese inclusivo in cui Hamas contribuirà responsabilmente».
«Tutti i dettagli relativi alla forza di mantenimento della pace necessitano di chiarimenti - ha commentato uno dei capi di Hamas, Mousa Abu Marzouk – ma siamo pronti ad avviare negoziati su tutte le questioni relative al disarmo nostro e di Israele».
Trump fiducioso
Subito dopo l’annuncio di Hamas è intervenuto il presidente americano. «Credo che siano pronti per la pace», ha scritto sul suo social network Truth. «Israele deve fermare i bombardamenti in modo da poter garantire rapidamente il rilascio degli ostaggi». E infatti, alle prime luce di sabato mattina l’Idf ha interrotto la sua avanzata su Gaza City e ha avviato le procedure per mettersi in assetto solo ed esclusivamente difensivo.
Il governo israeliano non ha ancora commentato le dichiarazioni di Hamas, ma Benjamin Netanyahu ha già detto che Israele «si sta preparando all'immediata attuazione della prima fase del piano di Trump per il rilascio di tutti gli ostaggi». «Continueremo a lavorare in pieno coordinamento con il Presidente e il suo team – ha fatto sapere il primo ministro - per porre fine alla guerra in conformità con i principi stabiliti da Israele, che sono in linea con la visione del Presidente Trump».
L’attesa
Per festeggiare, però, si aspetta. Sia a Gaza, sia in Israele. Si cerca di verificare, intanto, se quest’apertura di Hamas sia davvero concreta, perché il timore di tutti è che sia solo una mossa per prendere tempo e superare, l’ultimatum di Trump, che aveva dato tempo fino a domenica per accettare o declinare. In realtà, Hamas ha detto “ni”. Né un no, ma nemmeno un sì completo e servirà del tempo per capire. Ma la prospettiva di pace è così concreta che infrangere la speranza dei gazawi potrebbe essere fatale per molti.
«Quando il comunicato di Hamas ha iniziato a lampeggiare sulle nostre chat – racconta Isdodi – il buio della notte si è costellato di focherelli».
La gente si è svegliata e ha sentito l’esigenza di accendere una fiamma, per illuminare fisicamente e anche metaforicamente questo momento di speranza e tensione. Se Hamas dovesse tirarsi indietro, i gazawi potrebbero reagire male, ma a garanzia delle mosse del gruppo jihadisti ci sono Paesi che non intendono mollare. I mediatori di Qatar, Egitto e Turchia, infatti, hanno lavorato su tutti i fronti per far sì che Hamas desse queste aperture e farà pressione affinché le richieste non vengano ignorate. Le prossime ore, dunque, saranno molto importanti per il destino della guerra a Gaza e ogni più piccola dichiarazione potrebbe far saltare l’accordo. Ecco perché a Gaza, in queste ore si prega e si aspetta, sperando di poter uscire in strada presto senza il timore di essere uccisi.
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