L’allarme lanciato dal ministero della Salute palestinese: è crisi totale. Sei addetti alla distribuzione alimentare uccisi in un raid su Deir al-Balah
Le braccia tese in alto nella ressa per prendere un sacchetto di pane che placherà la fame solo per qualche ora. I piedi che si arrampicano sul muro e il corpo che si allunga verso la fessura del forno da dove esce il pane appena cucinato. Le mani che si combattono la magra concessione. Ai lati della folla, i più giovani e i bambini, che osservano attoniti la scena. È la mortificante immagine dell’assedio imposto da Israele dal 2 marzo scorso.
Troppo pochi i camion carichi di aiuti fatti entrare nelle ultime ore dal valico di Kerem Shalom. La maggior parte di coloro ha consegnato farina per i panifici del World food programme (Wfp). In una Gaza ridotta alla fame e dove ogni ora si contano nuovi morti, il gabinetto di guerra israeliano ha imposto la legge della giungla. Sono 29 i bambini e gli anziani morti di fame negli ultimi giorni, stando alla denuncia del ministero alla salute palestinese. E le strutture sanitarie non riescono a fornire cure per tutti. Ieri l’Organizzazione mondiale della sanità ha fatto sapere che il 94 per cento degli ospedali è danneggiato o distrutto.
Yousef Hamdouna, membro della ong Educaid - che ora si trova in Italia dopo l’evacuazione da Gaza - ha trovato le parole giuste per raccontare cosa sta accadendo: «Il caos attuale non è un effetto collaterale, ma parte integrante di un progetto volto a distruggere la società palestinese dall’interno, per poi ricostruirla o come un corpo senza anima, o come un popolo disposto ad accettare di sopravvivere senza alcuna prospettiva politica e senza diritti».
Gaza, prosegue, «è il più grande esperimento di “ingegneria sociale violenta” condotto su un intero popolo». L’unità dei gazawi è spezzata dall’istinto individualista di sopravvivenza. Le notizie che provengono dalla Striscia lo dimostrano.
Il Wfp ha fatto sapere che 15 suoi camion sono stati saccheggiati nella notte. «La fame, la disperazione e l’ansia di ricevere ulteriori aiuti alimentari contribuiscono ad aumentare l'insicurezza», si legge in una nota. «Abbiamo bisogno del sostegno delle autorità israeliane per far arrivare a Gaza volumi di aiuti alimentari molto più grandi, più rapidi, più costanti e trasportati lungo rotte più sicure».
Fase crudele
È «la fase più crudele della guerra», ha detto il segretario dell’Onu Antonio Guterres. Ieri sei addetti alla protezione degli aiuti umanitari sono stati uccisi a Deir al-Balah in raid dell’esercito israeliano, tra questi agenti della polizia di Hamas e volontari. Per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, però, la narrazione di ciò che sta accadendo a Gaza delle ultime settimane è falsa e distorta.
Dopo l’uccisione di due diplomatici dell’ambasciata d’Israele a Washington ha pubblicato un comunicato durissimo criticando i leader di Francia, Regno Unito e Canada, accusandoli di antisemitismo. Accuse respinte al mittente nella giornata di ieri. «Questi e altri leader si sono bevuti la propaganda di Hamas che dice che Israele sta affamando i bambini palestinesi», dice Netanyahu.
Ma basterebbe vedere le immagini di questi giorni e ascoltare le testimonianze dei civili per comprendere la portata della crisi umanitaria in corso. Per oltre 70 giorni a Gaza non è entrato alcun rifornimento, contro i 600 camion giornalieri durante la tregua. E ora ne sono entrati poco più di cento.
Netanyahu ha anche accusato Hamas di distorcere gli aiuti trattenendo gran parte e vendendo il resto a prezzi esorbitanti. Di queste accuse, però, non ci sono prove certe. L’Onu e le sue agenzie hanno più volte illustrato gli standard seguiti per la consegna degli aiuti, un modello capillare con rigidi controlli e con poche possibilità che i carichi non giungano a destinazione.
Il premier israeliano ha annunciato che nei prossimi giorni sarà attuato il nuovo piano per la consegna dei viveri. Saranno gestiti da entità private statunitensi e israeliane, minando i principi cardini del diritto umanitario, tra cui trasparenza e imparzialità. I palestinesi saranno raccolti in 3-5 hub già costruiti nella Striscia con le preoccupazioni di essere sfollati per sempre mentre il resto di Gaza rischia di passare sotto il controllo militare di Israele.
La conta non si ferma
Nel frattempo, mentre aumentano le pressioni internazionali nella Striscia proseguono i bombardamenti. Nelle ultime 24 ore sono stati uccise 60 persone e ferite altre 185. Otto persone, tra cui sette bambini, dopo un bombardamento di un’abitazione a sud di Khan Younis. Ma c’è anche chi auspica di peggio: «Nella Seconda guerra mondiale non abbiamo negoziato una resa con i nazisti e con i giapponesi. Abbiamo lanciato la bomba atomica contro i giapponesi due volte per ottenere una resa incondizionata. Dobbiamo fare lo stesso in questo caso. C’è qualcosa di profondamente sbagliato con questa cultura e dobbiamo sconfiggerla». A pronunciare queste parole è Randy Fine, membro repubblicano della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti.
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