«Sia oggi che ieri ci sono stati ancora attacchi, in diverse aree»,  scrive su Whatsapp domenica sera Hassan Jaber, residente del campo profughi di Bureij nella parte orientale della striscia di Gaza: Israele, infatti, continua a non rispettare l’impegno preso con Trump di interrompere o almeno diminuire radicalmente le attività militari per facilitare le trattative per il cessate il fuoco.

Ma malgrado questo, Jaber dice di aver visto nel suo quartiere «persone che celebravano le notizie sul piano», che dovrebbe iniziare nella sua prima fase con il rilascio degli ostaggi israeliani, e si dice fiducioso che la fase di applicazione possa avviarsi «anche in tempi brevi».

Segnali positivi

Nel weekend un’atmosfera di nuovo ottimismo ha accompagnato l’attesa per i colloqui in Egitto previsti per questa settimana. A Doha, in Qatar, è tornato a farsi vedere Khalil al-Hayya, il capo-negoziatore di Hamas: evidentemente si è sentito abbastanza al sicuro da andare in televisione per la prima volta dal raid israeliano del 9 settembre, a cui è miracolosamente sopravvissuto.

La tradizionale manifestazione per gli ostaggi di Tel Aviv ha omaggiato Trump e risparmiato più del solito Netanyahu, da tempo accusato di aver messo in secondo piano il tema dei rapiti, pur di non alterare i delicati equilibri politici che sembrano finalmente propizi. L’opposizione israeliana ha ribadito la disponibilità ad appoggiare il governo a fronte di una levata di scudi dell’estrema destra, che comunque risulta non troppo barricadera.

Un altro segnale positivo è che il rappresentante israeliano per gli scomparsi, Gal Hirsch, ha incontrato i rappresentanti della Croce Rossa, che durante le due precedenti tregue accompagnavano i rapiti israeliani dai punti di consegna a Gaza fino alle truppe israeliane.

Hamas ha fatto sapere tramite una fonte, che ha parlato all’emittente saudita Al Arabiya, di aver cominciato a raccogliere i corpi degli israeliani senza vita, in vista di una loro restituzione.

«Per la prima volta in due anni, c’è una reale possibilità di riportare a casa tutti gli ostaggi e di porre fine alla guerra più lunga nella storia di Israele», ha affermato Yair Lapid, politico di spicco dell’opposizione israeliana, precisando di attribuire il merito a Trump e non a Netanyahu. «Non dobbiamo lasciarci sfuggire questa opportunità».

Bombe sul negoziato

Rappresentanti palestinesi e americani sono tornati a chiedere a Israele di interrompere gli attacchi nella striscia: malgrado le richieste rivolte a Tel Aviv, domenica il ministero della salute palestinese ha dovuto riferire di 63 nuovi morti e 153 feriti nelle precedenti 24 ore, durante le quali ha colpito anche l’aviazione. L’atteggiamento israeliano alimenta il timore che Netanyahu possa far deragliare l’accordo all’indomani del rilascio degli ostaggi, rifiutandosi di fornire qualsiasi garanzia sulla tenuta del cessate il fuoco.

La telefonata

«È una vittoria, prenditela», gli avrebbe detto Trump nella telefonata in cui gli annunciava la risposta positiva di Hamas al piano di rilascio di tutti gli ostaggi, riscontrando il tono insoddisfatto della sua reazione rispetto a temi come disarmo e futuro di Gaza. Secondo le indiscrezioni pubblicate da Barak Ravid, giornalista israeliano di Axios a Washington, Trump lo avrebbe allora rimproverato: «Non so perché tu sia sempre così fottutamente negativo».

Trump era comunque deciso a leggere il messaggio di Hamas come un sì: accogliere quanto c’era di buono, in particolare la disponibilità a chiudere la vicenda dei rapiti, e farne un punto di partenza per nuove trattative. Trattative che, secondo fonti palestinesi che hanno parlato con l’agenzia francese Afp, potrebbero portare la delegazione israeliana e quella palestinese reduce dallo scampato pericolo del raid di Doha nello stesso edificio, sotto l’egida di mediatori di Egitto e Qatar.

La partenza della squadra israeliana è già cosa ufficiale. «Il primo ministro Netanyahu ha dato istruzioni alla delegazione israeliana, guidata dal ministro Ron Dermer, di partire», ha fatto sapere domenica sera l’ufficio del premier. «La delegazione partirà già domani per i negoziati, che si terranno a Sharm El Sheikh, in Egitto».

«Il prestigio di Israele»

Dopo le grandi manifestazioni per Gaza nelle capitali europee, compresa Roma, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha detto sull’emittente Cbs che «non si può ignorare l’impatto che (il prolungarsi della guerra) ha avuto sul prestigio di Israele sulla scena internazionale».

Nella società civile israeliana, tuttavia, rimane una componente minoritaria favorevole alla continuazione delle ostilità. Israel Haiom, il tabloid gratuito vicino alla destra di Bibi, ha scritto in un recente editoriale che «anche se siamo stanchi, c'è ancora del lavoro da fare, e c'è ancora una vittoria da conquistare».

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