Dopo giorni di ricerche Hamas ha consegnato alla Croce Rossa internazionale le salme con i corpi di due ostaggi.

Nel pomeriggio di ieri sono state prese in carico dall’esercito israeliano e inviate all’istituto forense Abu Kabir di Tel Aviv per l’identificazione che potrebbe richiedere anche fino a due giorni a seconda dei casi.

Colpita Khan Yunis

Per la popolazione di Gaza la speranza è che i corpi consegnati siano dei 13 ostaggi ancora nella Striscia, altrimenti l’Idf eseguirà nuovi attacchi a tappeto. Anche ieri con toni alti e minacce la leadership politica e militare israeliana ha infatti ribadito che Gaza può essere attaccata in qualsiasi momento, nonostante una tregua siglata e presentata al mondo intero. E così è stato.

Ieri aerei da guerra israeliani hanno lanciato in serata raid aerei – per il terzo giorno di fila – a est di Khan Yunis, sulle città di Abasan al-Kabira e Bani Suheila. Il capo di stato maggiore delle Idf, il tenente generale Eyal Zamir, ha detto che l’esercito è pronto a tornare a combattere su qualsiasi fronte e che userà «una forza molto maggiore» rispetto a quella impiegata finora. «Non mostreremo alcuna pazienza verso nessuna minaccia che si presenti», ha detto alzando sempre di più il limite della distruzione su una Striscia che è già distrutta per quasi l’80 per cento.

Israele «ha ancora molto lavoro» da fare a Gaza, ha detto invece il premier israeliano Netanyahu. «Se Hamas continua a violare esplicitamente il cessate il fuoco, subirà attacchi potenti come quelli di due giorni fa e di ieri» ha detto. «I risultati dell'Idf in guerra vengono studiati nelle accademie militari di tutto il mondo. Hamas sarà disarmata e Gaza sarà smilitarizzata. Se non lo faranno le forze straniere, ci penseremo noi», ha aggiunto il premier israeliano. I risultati dell’Idf, però, secondo la Corte dell’Aia ha prodotto anche crimini di guerra e contro l’umanità.

In ogni caso, sono tutti allineati, anche il ministro della Difesa, Israel Katz, per dimostrare compattezza al fronte interno che chiede un intervento duro su Gaza dopo la riconsegna degli ostaggi.

«Si prevede che gli intensi combattimenti nella Striscia di Gaza finiranno, ma ci attendono ancora molte sfide su diversi fronti e non cesseremo di agire finché non le avremo vinte», ha detto Katz.

«Non ci fermeremo finché non realizzeremo gli obiettivi generali che ci siamo prefissati – ha aggiunto - la smilitarizzazione di Gaza e lo smantellamento delle armi di Hamas, insieme alla completa distruzione dei tunnel del terrore». Toni analoghi sugli Houthi: «Non abbiamo ancora detto l'ultima parola».

Lo scenario che si profila per Gaza è simile a quello attuale nel sud del Libano dove il 27 novembre prossimo ricorrerà un anno dalla sigla della tregua tra Hezbollah e Israele. E nella Striscia, molto probabilmente, torneranno le bombe. Ieri, secondo Al Jazeera, l’Idf ha fatto esplodere alcune case a est dei quartieri di Al Tuffah e Al Shuja'iyya, nella parte orientale di Gaza City.

Il tutto avviene con il consenso dell’amministrazione Trump, che ha ancora una volta avallato gli ultimi attacchi dove sono stati uccisi un centinaio di persone, tra cui un terzo bambini. Israele ha agito «con una rappresaglia» ha detto ieri il presidente Usa dal suo tour in Asia giustificando gli ultimi raid.

Forza internazionale

Ma l’obiettivo tenere in vita il cessate il fuoco. Anche per questo Washington sta cercando di accelerare i tempi per la creazione della forza internazionale di difesa a Gaza. Il piano prevede una nuova forza di polizia palestinese addestrata da Stati Uniti, Egitto e Giordania che lavorerà insieme a truppe provenienti da paesi arabi e musulmani come Indonesia, Azerbaigian, Egitto e Turchia.

Anche se per il momento Israele non ha intenzione di affidare alla Turchia alcun ruolo. Tanto che ieri da Ankara è arrivata la protesta perché la squadra di soccorritori inviata a Gaza è ancora ferma al valico di Rafah perché le autorità israeliane non concedono i permessi.

Sul fronte interno il governo Netanyahu continua ad affrontare l’opposizione degli haredi, ovvero degli ebrei ultraortodossi che manifestano contro la leva militare obbligatoria. Nel giugno del 2024 l’Alta Corte di giustizia israeliana aveva stabilito che non potevano essere più esonerati dal servizio.

A maggio il capo di stato maggiore ha ribadito il risultato delle sentenze e ora in extremis si chiede al governo di far approvare una legge che possa garantire l’esenzione. Il tema è molto delicato e già alcune fazioni che sostenevano la coalizione di Netanyahu hanno minacciato di far cadere il governo qualora non venisse approvata la norma. La questione è stata congelata lo scorso luglio, quando la Knesset ha chiuso per l’estate ma ora che a oltre tre mesi di distanza è tornata a lavoro il tema è tornato all’ordine del giorno.

E così ieri migliaia di haredi si sono radunati in piazza per protestare contro il governo. Alcuni manifestanti sono saliti su uno dei grattacieli di Tel Aviv e un 15enne è caduto dal 20esimo piano morendo sul colpo. Un episodio che avrà un contraccolpo per Netanyahu e i suoi alleati ultraortodossi. E mette a dura prova il governo.

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