È il giorno del giudizio per Derek Chauvin, l’agente di polizia di Minneapolis accusato della morte dell’afromaericano George Floyd. L’omicidio del 46enne nato a Fayetteville nella Carolina del Nord se lo ricordano tutti. Impossibile dimenticare il video di oltre nove minuti che ritrae il corpo di Floyd schiacciato sotto il ginocchio dell’agente Chauvin durante l’arresto. Quelle stesse immagini sono state proiettate in aula lo scorso 29 marzo, giorno in cui è iniziato il dibattimento del processo, accolto con una manifestazione del movimento Black lives matter fuori dal tribunale.

Dopo svariate settimane è atteso il verdetto della giuria chiamata a decidere sulla colpevolezza o meno di Chauvin. Anche se l’esito sembra già scritto dopo le parole dei testimoni chiamati sul banco a raccontare la loro versione dei fatti. «Continuare ad applicare quel livello di forza a una persona prona, ammanettata dietro la schiena non fa parte della nostra formazione. E certamente non fa parte della nostra etica o dei nostri valori» ha detto Medaria Arradondo il capo della polizia di Minneapolis. Raramente un ufficiale ha preso una posizione così netta in un processo contro i suoi colleghi. «Era terrorizzato. Stava soffrendo. Quello era un grido d’aiuto», a parlare questa volta è Darnella Frazier una 18enne afroamericana che ha raccontato davanti ai giudici per la prima volta cosa ha visto quel 25 maggio del 2020.

«I can’t breathe» era il grido d’aiuto che in tutto il mondo è stato sbandierato come slogan nelle proteste che hanno seguito la morte di Floyd. Poco dopo l’accaduto, il Dipartimento di polizia ha licenziato i quattro agenti coinvolti, tre dei quali saranno processati più avanti. I legali di Chauvin hanno costruito la difesa sullo stato di salute mentale e fisica dell’afroamericano, affermando che al momento dell’arresto fosse sotto stupefacenti e che già soffriva di problemi cardiaci. L’agente si è appellato al quinto emendamento e ha deciso di non testimoniare ma si è dichiarato non colpevole da tutte le accuse: omicidio di secondo e terzo grado, e omicidio colposo. Ieri, in aula, durante l’arringa tra accusa e difesa davanti la giuria il procuratore Steve Schleicher ha detto: «Chauvin ha fatto quello che ha fatto apposta, e ha ucciso George Floyd». In attesa di conoscere il verdetto, in quell’angolo di strada c’è chi ancora posa un fiore o lascia un messaggio.

 

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