La missione in Algeria di Mario Draghi si è conclusa con la firma di una prima intesa per il rafforzamento della cooperazione energetica tra il governo italiano e quello algerino. Nello specifico, il lavoro diplomatico dell’Italia ha portato alla stipula di un accordo tra Eni e Sonatrach per aumentare gradualmente il gas che il paese nordafricano già fornisce all’Italia attraverso il TransMed e che dovrebbe passare entro il 2024 da 21 a 30 miliardi di metri cubi. Obiettivo del tour diplomatico appena inaugurato dal premier in Africa è trovare nuove fonti di approvvigionamento energetico per liberarsi dalla dipendenza dalla Russia, divenuta non più sostenibile dallo scoppio della guerra in Ucraina. Per l’Algeria l’aumento delle forniture di gas si traduce prima di tutto in un incremento degli utili della propria compagnia statale, ma le richieste di Algeri potrebbero andare ben oltre il settore economico.

Il Sahara occidentale

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Una delle questioni che più interessa l’Algeria e che contribuisce a definirne la stessa politica estera è quella del Sahara occidentale. La regione, controllata dal Marocco, è contesa tra il governo di Rabat e il Fronte polisario, un movimento sostenuto dall’Algeria che si batte per l’indipendenza dell’area occidentale del Sahara.

Le ostilità tra la monarchia marocchina e il Fronte vanno avanti dagli anni Settanta, periodo che coincide con la fine del colonialismo spagnolo nel nord Africa e con l’occupazione da parte del Marocco della regione occidentale del Sahara, ma negli ultimi anni si è assistito ad un pericoloso aggravarsi della situazione tanto sul terreno quanto sul piano diplomatico.

A dicembre 2020, la ripresa delle operazioni militari marocchine è coincisa con il contestato riconoscimento da parte del presidente americano Donald Trump della sovranità del Marocco sul Sahara occidentale e con la normalizzazione dei rapporti tra Rabat e Israele.

Ma a complicare ulteriormente la situazione sono state le recenti dichiarazioni della Spagna che, abbandonando la sua storica posizione neutrale, ha appoggiato il progetto di autonomia della regione avanzato dal Marocco.

Alle parole di Madrid l’Algeria ha reagito annunciando una revisione al rialzo del prezzo del gas diretto verso la Spagna, già colpita dalla chiusura del gasdotto Maghreb-Europe che riforniva Madrid passando per il Marocco.

Le armi italiane

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L’inasprirsi delle relazioni tra Algeri e Rabat ha avuto come conseguenza una corsa al riarmo da parte dei due paesi nordafricani, poco interessati ad un confronto diretto ma desiderosi di rafforzare le proprie capacità militari. Ed è qui che entra in scena l’Italia.

Considerando lo stato dei rapporti con il Marocco e il bisogno di Roma di gas, Algeri potrebbe chiedere all’Italia maggiore assistenza sul piano militare e un aumento delle esportazioni di materiale bellico.

D’altronde l’Algeria figura da anni tra i paesi importatori di armamenti italiani e l’incremento delle forniture energetiche potrebbe compromettere i rapporti tra Algeri e Mosca, principale fornitore di armi dell’esercito algerino.

Il rafforzamento della cooperazione militare tra Italia e Algeria sarebbe una buona notizia anche per le industrie nazionali della difesa, già attive nel paese nordafricano. Tra queste spicca la Leonardo, che nel 2019 ha dato vita ad una joint venture con il ministero della Difesa algerino per l’assemblaggio, la vendita e la fornitura di assistenza per gli elicotteri prodotti dall’azienda italiana, già in dotazione delle forze armate del paese.

Leonardo inoltre ha beneficiato della vendita di una nave anfibia realizzata da Orizzonte sistemi navali, altra joint venture creata con Fincantieri. Ma a trarre profitto dalle relazioni con Algeri sono anche Intermarine, che ha venduto al paese nordafricano tre navi caccia-mine classe Lerici, e la Beretta. 

Come spiega Giorgio Beretta dell’Osservatorio Opal di Brescia, l’Italia è il principale esportatore di materiale militare ad Algeri a livello europeo. Tra il 2015 e il 2021, Roma ha fornito armi e munizioni per quasi 46 milioni di euro, superando la Spagna (33 milioni) e la Polonia (19 milioni).

Il materiale in Marocco

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Ma gli armamenti italiani non arrivano solo in Algeria. Roma esporta materiale militare anche in Marocco, contribuendo pertanto all’instabilità dell’area nordafricana e al rafforzamento degli eserciti di due paesi tra di loro in contrasto.

Eppure lo stesso stato di conflitto in cui si trova Rabat con il Fronte polisario dovrebbe essere sufficiente per mettere in discussione le esportazioni militari italiane, dato che la legge 185/90 vieta il rilascio di autorizzazioni verso governi coinvolti in teatri bellici.

Non meno problematico è l’export diretto in Algeria. Il paese, oltre a sostenere il movimento che combatte contro l’esercito marocchino, ha diversi problemi con il rispetto dei diritti umani e la democrazia.

L’Algeria è stata governata per vent’anni dal regime del presidente Abdelaziz Bouteflika, caduto soltanto nel 2019 a seguito delle proteste di piazza, e nemmeno il nuovo governo di Abdelmadjid Tebboune è esente da critiche per quanto riguarda il rispetto dei diritti.

Come denunciato da diverse ong locali, si continua ad assistere a un aumento costante dei procedimenti giudiziari contro difensori dei diritti umani, giornalisti e attivisti, accusati di diffusione di notizie false, offesa alle autorità pubbliche e persino terrorismo.

Tra Spagna e Algeria

La dipendenza dal gas russo però non è un problema solo italiano. I paesi europei importano ingenti quantità di energia dalla Federazione, motivo per cui si è più volte discusso a Bruxelles di un approccio comunitario alla dipendenza energetica dalla Russia.

Intanto però Roma non esita a muoversi in autonomia, approfittando del momento di tensione nelle relazioni diplomatiche tra Algeria e Spagna per aumentare le forniture dirette verso le coste italiane, aggiudicandosi altri nove miliardi di metri cubi senza incorrere come Madrid in un rialzo dei costi. 

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