Lo stesso governo ammette che il piano di occupazione aumenta il rischio per gli ostaggi. Ma il premier israeliano non si ferma. Nonostante il malumore nell’esercito e l’opposizione del suo capo
A Tel Aviv è scoppiato l’ennesimo scontro tra politica e apparati militari. La decisione di occupare totalmente Gaza, annunciata lunedì pomeriggio dall’ufficio del premier Benjamin Netanyahu, ha generato un vasto malcontento dentro lo stesso establishment israeliano.
La leadership militare rappresentata dal capo di stato maggiore dell’esercito Eyal Zamir ha espresso dubbi e contrarietà al nuovo piano di guerra, mentre i fedelissimi del premier lo hanno difeso a spada tratta esponendo in pubblica piazza lo scontro tra politici e militari.
Per ora, lo scontro è vinto da Netanyahu: dopo una riunione ristretta del gabinetto di sicurezza le intenzioni di occupazione sono confermate e saranno sottoposte al governo domani.
Contrattacco di governo
Secondo diversi media israeliani, Zamir potrebbe dimettersi o essere costretto a farlo se la linea politica non cambia. Per alcuni vertici militari occupare Gaza, considerando che già tre quarti della Striscia è sotto controllo dell’Idf, rischia non soltanto di aumentare il numero dei morti tra le fila dell’esercito ma anche di essere una strategia controproducente per riportare vivi a casa gli ostaggi. Ma poco importa per il momento.
Il primo ad attaccare Zamir è stato il figlio di Netanyahu, Yair: «Si tratta di una ribellione e di un tentativo di colpo di stato militare degno di una repubblica delle banane in America Centrale durante gli anni ‘70», ha scritto su X. Gli ha fatto eco il leader dell’ultradestra israeliana, nonché ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir: «Il capo di stato maggiore deve dire chiaramente che eseguirà pienamente gli ordini del livello politico, anche se si decide di puntare alla conquista totale e a un risultato netto».
Immediata la risposta del ministro degli Esteri Gideon Sa’ar, il quale ha ribadito il diritto dei vertici delle Forze armate di dissentire sulle scelte politiche. Ma a rassicurare gli alleati di governo ci ha pensato il ministro della Difesa Israel Katz. «Una volta che il governo prenderà le decisioni necessarie, i militari, come hanno fatto finora in tutti i fronti di guerra, attueranno in modo professionale la politica che verrà stabilita. Il mio compito, come ministro della Difesa responsabile dell'Idf, è assicurarmi che ciò avvenga, e così farò».
A colpi di tweet la politica ha esposto le forti divisioni tra Zamir e Netanyahu, una vicenda che è stata fortemente criticata dal leader dell’opposizione Yair Lapid. L’ex premier ha detto che queste discussioni devono «restare a porte chiuse», perché «i soldati delle Idf non devono pensare che una leadership divisa e conflittuale li stia guidando, che la classe politica non rispetti il loro comandante».
Nonostante le polemiche, ieri si è tenuta lo stesso una riunione ristretta a cui oltre a Zamir, Netanyahu e Katz ha partecipato anche il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer. «L’Idf è pronto ad attuare qualsiasi decisione sarà presa dal gabinetto di sicurezza politico-militare», ha fatto sapere in una nota l’ufficio del premier dopo il vertice durato tre ore.
«L’ordine del primo ministro è di conquistare i campi centrali della Striscia e Gaza city. Aree dove si teme che possano trovarsi gli ostaggi prigionieri di Hamas. Le manovre militari in quelle zone potrebbero mettere a repentaglio la loro vita», ha aggiunto una fonte dopo l’incontro.
Resta da vedere se Zamir verrà persuaso circa il nuovo piano o rassegnerà le sue dimissioni. Il capo di stato maggiore era stato scelto nel 2023 come direttore del ministero della Difesa proprio dall’ex ministro, Yoav Gallant, altro uomo licenziato da Netanyahu dopo forti divergenze sulla conduzione della guerra a Gaza.
Da marzo, Zamir ha assunto il comando subentrando a Herzi Halevi che aveva anticipato le sue dimissioni per via delle falle nella sicurezza emerse nell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
Ostinazione e carestia
Nel pomeriggio di ieri, prima della riunione ristretta, Netanyahu era tornato a parlare in pubblico attraverso un video pubblicato sui suoi canali sociale. Israele – aveva ribadito – «deve sconfiggere completamente il nemico a Gaza, liberare tutti i nostri ostaggi e garantire che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele». E ha aggiunto che «nessuna di queste missioni» verrà abbandonata.
La decisione, quindi, sembrerebbe irreversibile nonostante lunedì un’organizzazione composta da circa 600 ex funzionari delle forze di sicurezza israeliane abbiano inviato una lettera a Donald Trump chiedendo la fine della guerra a Gaza e affermando che «Hamas non rappresenta più una minaccia strategica» per lo stato ebraico.
Ma il piano dell’occupazione totale di Gaza ha riscontrato forte opposizioni anche nella comunità internazionale. «L’Ue rigetta qualsiasi modifica demografica e territoriale» della Striscia di Gaza che vadano «contro il diritto internazionale. Gaza deve essere parte di uno Stato di Palestina e Hamas non deve avere alcun ruolo», ha detto la portavoce della Commissione Ue Anitta Hipper. Per il momento non ci sono pressioni che funzionino, neanche quelle dei famigliari degli ostaggi.
«Un’azione per occupare Gaza metterebbe in pericolo mio figlio Nimrod», ha dichiarato a Ynet Yehuda Cohen, padre dell’ostaggio Nimrod Cohen. Secondo lui, occupare Gaza è «un’azione terribile e omicida».
Gli aiuti umanitari lanciati dal cielo continuano a essere totalmente insufficienti. Ieri altre otto persone, un bambino e sette adulti, sono morte per fame e malnutrizione. In totale sono 188 civili, tra cui 94 bambini. Chi non muore di inedia muore sotto il fuoco dell’Idf. Nelle ultime 24 ore sono arrivati negli ospedali della Striscia i corpi di 87 palestinesi uccisi e 644 feriti.
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