Il ministro della Difesa Sergej Shoigu ha annunciato che il generale Valery Gerasimov, capo di Stato Maggiore russo noto per la cosiddetta “dottrina” sulla guerra ibrida, è stato nominato comandante in capo dell’operazione militare speciale in Ucraina.

Il generale Sergej Surovikin, che dall’8 ottobre guidava l’invasione, è stato rimosso e declassato a vice di Gerasimov, nonostante a fine 2022 sia stato decorato dal presidente Vladimir Putin con l’Ordine di San Giorgio.

Il comando di Surovikin è stato segnato dalla ferocia dei bombardamenti sui civili e le infrastrutture energetiche, una tattica che aveva già sperimentato su Aleppo in Siria.

Il 9 novembre ha proposto al ministro Shoigu di abbandonare la riva occidentale del Dnipro e la città di Kherson, che era stata da poco annessa con fanfara al Cremlino dopo i referendum farsa. Gli sono stati affiancati due altri vice di Gerasimov, i generali Oleg Salyukov, capo dell’esercito russo, e Aleksey Kim, vicecapo di Stato Maggiore. Questa mossa non è una semplice deminutio ma rasenta l’umiliazione per Surovikin, capo della componente aereospaziale delle forze russe.

La competizione tra Gerasimov e Prigožin

La scelta di Shoigu segna un cambio di passo nel conflitto e secondo alcuni è tesa a limitare il protagonismo di Surovikin, giudicato più energico dei suoi predecessori anche se il bilancio della sua strategia è stato negativo.

Gerasimov era stato pesantemente criticato nelle fasi iniziali del conflitto dopo il ritiro dal nord dell’Ucraina e additato dai nazionalisti russi come un capro espiatorio per la sconfitta subita a Izium. Il New York Times ha rivelato anche che, durante una visita al fronte, gli Stati Uniti hanno chiesto agli ucraini di non colpire le posizioni dove si riteneva fosse Gerasimov, perché l’uccisione del capo di Stato Maggiore russo avrebbe provocato un’escalation. L’attacco è comunque partito ma il generale ne sarebbe uscito incolume.

Gerasimov era stato anche attaccato indirettamente da Evgenij Prigožin, un’altra figura che mostrava eccessivo protagonismo agli occhi delle gerarchie militari. Il gruppo Wagner ha sacrificato migliaia di uomini nel tentativo di prendere Soledar e Bakhmut, ma l’intervento decisivo per sbloccare la situazione sul campo sembra essere stato dei paracadutisti russi, quindi dell’esercito regolare.

La fine del 2022 ha sicuramente segnato l’ascesa mediatica di Prigožin, che ha rivelato ambizioni personali e forse anche politiche in futuro. Secondo il politologo Mark Galeotti, il capo di Wagner sta cercando di compiacere Putin e di presentarsi come la persona in grado di portare avanti non solo l’operazione militare ma anche una certa agenda politica estrema utile al regime, sulla scia di quanto faceva il defunto Vladimir Žirinovskij. La scelta di Shoigu pone un freno alle aspirazioni di Prigožin che però ha assunto un enorme potere, in Ucraina e in Russia, con uomini a lui leali e una rete di affari in Africa.

Il destino di Kadyrov e Medvedev

Se l’apparente declino politico di Shoigu e Gerasimov è stato smentito da questo colpo di coda, è invece certo per il dittatore ceceno Kadyrov, le cui truppe non sono state determinanti negli ultimi mesi. In un’intervista televisiva in cui si è esibito in discutibili piegamenti a terra per dimostrare la sua prestanza atletica, Kadyrov ha detto che avrebbe il diritto di candidarsi alla presidenza della Federazione russa, ma per tranquillizzare Putin ha subito aggiunto che non lo farà mai.

L’ex presidente Dmitry Medvedev, autore di deliranti tweet in cui preconizza disastri per l’occidente nel 2023, è stato nominato a capo della Commissione militare-industriale. Si tratta di un’istituzione creata nel 2006, erede dell’omologa sovietica, di cui fanno parte ministri e vertici militari per supervisionare e coordinare lo sforzo dell’industria bellica.

Dall’inizio dell’invasione, infatti, alla militarizzazione della politica già esistente in Russia con i siloviki abbiamo assistito anche a quella della società e dell’economia. Proprio all’inizio del conflitto Putin ha convocato gli imprenditori e oligarchi russi per cercare di tranquillizzarli. La stampa russa è divisa sul ruolo di Medvedev alla guida della commissione industriale-militare.

Secondo il quotidiano Moskovsky Komsomolets, Medvedev non è tagliato per l’incarico perché non è una persona attenta ai dettagli, requisito necessario per supervisionare l’industria bellica russa e assicurare che il giusto materiale sia prodotto e consegnato, evitando corruzione e mala gestione.

Per la Nezavisimaya Gazeta, invece, questa nomina segna il ritorno di Medvedev nel cerchio ristretto di Putin, che lo avrebbe premiato per i toni estremi e aggressivi degli ultimi mesi. Un segnale di sfida per l’occidente, dall’uomo che quindici anni fa si credeva potesse offrire un’alternativa democratica alla Russia.

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