Quando l’attenzione di tutti, compresa quella dei russi, era fissata sulla lenta e più volte annunciata controffensiva ucraina a Kherson, le forze armate di Kiev hanno lanciato un’improvvisa operazione militare a est di Kharkiv, rompendo le linee russe e liberando oltre 3mila chilometri quadrati di territorio in meno di una settimana (8mila se si contano i territori dell’intera provincia abbandonati dai russi dopo il 10 settembre), cioè più di quanto erano riuscite a conquistare le forze di Mosca dall’inizio della seconda fase dell’invasione nei primi giorni di aprile.

La rapidità e l’efficacia dell’avanzata ucraina hanno avuto un vero e proprio effetto shock sull’avversario, costretto a ritirarsi precipitosamente e ad abbandonare una grande quantità di mezzi e munizioni, pagando un costo significativo in termini di caduti, feriti e prigionieri.

I motivi del successo

Il primo aspetto che colpisce di questo successo degli ucraini riguarda la velocità e la coordinazione con cui sono riusciti a muovere in territorio occupato l’equivalente di una divisione, sfruttando la superiorità in termini di uomini e mezzi per penetrare quanto più possibile nel ventre molle del gruppo operativo russo di stanza a Izium. La notevole coordinazione tra unità meccanizzate e fanteria e il mantenimento di un elevato “tempo operativo” anche dopo i primi villaggi liberati, hanno indotto alcuni esperti ad annoverare questa operazione tra le controffensive di maggior successo nella storia militare recente.

Un secondo aspetto, non meno rilevante, riguarda la generale impreparazione delle forze russe sulla linea del fronte che si estendeva per circa 120 km da Novy Burluk, a est di Cuhuiv, fino a Borodychne, poco a sud di Izium, nell’Oblast di Kharkiv. A questo si aggiunge l’evidente incapacità di Mosca di riorganizzarsi tempestivamente per tentare di arginare l’ondata ucraina, come dimostrato da un supporto aereo inadeguato e dall’assenza – o quasi – di unità di riserva nell’area di Izium.

Ma come si spiega tutto ciò? Per prima cosa, è importante sottolineare come questa controffensiva, sebbene abbia colto di sorpresa gran parte degli osservatori e degli analisti, fosse in realtà stata preparata nei minimi dettagli già da alcune settimane.

In secondo luogo, uno sguardo più ampio ci permette di apprezzare la maestria con cui gli ucraini hanno gestito questa operazione sia a livello di pianificazione operativa che di esecuzione, plasmando a proprio favore l’uso delle informazioni (information warfare) e sfruttando al massimo l’intelligence (operational intelligence) a propria disposizione.

Si possono poi individuare alcuni elementi chiave che ci aiutano a comprendere le direttrici operative dell’avanzata, gli obiettivi e le ragioni di quello che, finora, appare un pieno successo.

Narrazione strategica

Il primo elemento riguarda proprio la battaglia sul piano dell’informazione e la scelta delle autorità ucraine di confermare a più riprese, anche tramite canali ufficiali, il lancio di una vasta controffensiva per liberare i territori della provincia sud-occidentale di Kherson situati a nord del fiume Dnipro.

Secondo alcuni analisti tra cui Mika Mäenpää, questa narrazione, aumentata soprattutto tra luglio e agosto e accompagnata da una crescente e “pubblicizzata” pressione militare da parte ucraina sulle linee russe intorno a Kherson, ha indotto i russi a spostare in quest’area svariate unità dal Donbass in previsione di un attacco ucraino, lasciando però sguarnito il fronte di Kharkiv.

Le forze di Kiev hanno effettivamente attaccato a Kherson, senza però affondare il colpo e usando principalmente fuoco di artiglieria e interdizione a distanza. Queste azioni, definite “effects-based operations” in gergo militare, hanno convinto definitivamente gli ufficiali e l’intelligence russi che il colpo di martello di Kiev sarebbe presto caduto a Kherson. Ciò ha offerto l’opportunità all’Ucraina di attaccare i russi nel loro punto più debole, abilmente individuato dagli 007 di Kiev anche grazie al supporto dell’intelligence occidentale, secondo quanto rivelato dal Guardian.

Ciò che più sorprende, tuttavia, è l’assenza di ogni tipo di contromisura da parte russa nonostante diversi esperti russi avessero evidenziato sui social la mobilitazione di soldati ed equipaggiamenti ucraini a est di Kharkiv.

Pianificazione efficace

Il secondo elemento riguarda la pianificazione operativa della controffensiva, supportata da alcuni attacchi preparatori condotti dalle forze ucraine nel mese di agosto. In base alle informazioni disponibili, negli ultimi mesi Kiev è riuscita a formare almeno tre gruppi da battaglia (battle groups) ognuno composto da tre o quattro brigate meccanizzate e corrispondente all’incirca a una divisione statunitense – e a dispiegarne almeno uno nell’area tra Zmiiv e Andriivka.

Al contempo, diversi attacchi con artiglieria di precisione a lunga gittata fornita dai partner occidentali – inclusi lanciarazzi guidati multipli come HIMARS e M270 – hanno distrutto obiettivi strategici come depositi di munizioni, centri di comando e controllo, e snodi logistici per indebolire la capacità di risposta nemica in una prospettiva di lungo periodo.

A questo si aggiunge la campagna di attacchi e sabotaggi – alcuni dei quali spettacolari come quello dell’11 agosto contro la base aerea di Saki, nella Crimea occupata – per degradare la rete di difese antiaeree e le capacità dell’aviazione di Mosca.

Questa campagna è stata particolarmente efficace grazie ai missili antiradar AGM-88 HARM (high speed anti radiation missile) forniti dagli Usa e montati sui Mig-29 e i Su-27S ucraini, specificatamente designati per operazioni di soppressione delle difese aeree e di sistemi radar (suppression of enemy air defenses – Sead) grazie al sistema di puntamento “passivo” che lo guida autonomamente verso la fonte del segnale radar. I primi effetti sono arrivati proprio a inizio agosto, con la distruzione di svariati sistemi di difesa anti-aereo tra cui Pantsir-S1, Buk-M1 e almeno quattro lanciatori della piattaforma S-300.

Con le difese anti-aeree russe significativamente ridimensionate, l’Ucraina ha potuto quindi dispiegare con maggiore libertà i propri assetti da ricognizione, inclusi i famosi droni TB2 ricevuti dalla Turchia, mappando con facilità le posizioni delle forze russe nell’area di Izium.

Gli attacchi

Con queste premesse, il 4 settembre le forze di Kiev, incluse la 92° e 93° brigate meccanizzate con il supporto della terza brigata carri e di varie unità delle forze speciali, hanno attaccato in massa intorno al villaggio di Balakliya, rompendo le linee russe e aprendosi a ventaglio verso est e sud rispettivamente lungo la strada P78 e la M03, attuando nei giorni a seguire un semi-accerchiamento di Izium da nord.

Al contempo, un secondo asse di avanzata parallelo, guidato dalle 103° e 113° brigate di difesa territoriale, hanno attaccato verso est lungo la strada P07, liberando Shevchenkova e numerosi villaggi prima di entrare a Kup”jans’k il 9 settembre. Questo asse ha assicurando così il fronte nord della controffensiva contro possibili rinforzi russi e riconquistato lo snodo logistico di Kup”jans’k, fondamentale per tutte le comunicazioni nel Donbass nord-occidentale.

Attaccato da nord e nord-ovest e con la quarta brigata corazzata ucraina che premeva da sud, il contingente russo a Izium, insieme a elementi del gruppo operativo Rostov-nord, si sono frettolosamente ritirati a est del fiume Oskil il 10 settembre, abbandonando un’enorme quantità di munizioni e veicoli, inclusi moderni carri T-80 e vari pezzi di artiglieria semovente Msta-S da 152mm. La riconquista di Kup”jans’k e Izium nega due arterie di approvvigionamento essenziale per le forze russe nel Donbass e rischia ora di compromettere seriamente la loro posizione strategica in questa regione.

Sul piano dell’esecuzione operativa, grazie alla dotazione di vari mezzi blindati su ruote forniti dai partner occidentali, tra cui Humvees, Kirpi, Bushmasters, nonché veicoli più pesanti come Spartan, BMP e BTR, le brigate meccanizzate ucraine sono state in grado di avanzare rapidamente nel saliente di Izium, negando ai russi ogni possibilità di reazione.

Mentre le forze speciali conducevano interdizione e sabotaggi contro i pochi convogli russi giunti in supporto da est, la presenza capillare di sistemi di difesa aerea mobili a corto e medio raggio come Strela-10, Osa-AKM, e Tor, oltre ai Gepard forniti dalla Germania, ha garantito un’efficace protezione contro le sparute sortite dell’aviazione russa, di fatto il grande assente di questa controffensiva. Il dispiegamento immediato di nuove unità (follow on forces) ha consentito quindi a Kiev di consolidare immediatamente i territori riconquistati tra gli abbracci e le lacrime di gioia della popolazione liberata dopo sette mesi di occupazione.

Demeriti russi

Dopo i meriti ucraini, non si possono però non menzionare i demeriti russi. Pur accettando la dinamica dell’attacco a sorpresa dopo settimane di relativa staticità – peraltro discutibile alla luce dei numerosi avvertimenti da parte di blogger militari russi – le unità di Mosca erano comunque troppo sparpagliate, senza riserve operative, e prive di forze corazzate degne di tale nome a causa dell’alto numero di mezzi danneggiati o malfunzionanti.

Questi fattori, uniti al basso morale e alla stanchezza psico-fisica frutto di oltre sei mesi senza turnazione, aiutano a capire la debacle del fronte russo a est di Kharkiv, collassato come un castello di carte.

Tre ulteriori aspetti vanno però menzionati: il primo riguarda la carenza di manodopera nell’esercito russo. Senza un qualche tipo di mobilitazione, allo stato attuale, le capacità offensive delle forze russe sono molto limitate. Il secondo è rappresentato dagli effetti cumulativi causati dai continui attacchi di precisione ucraini con l’artiglieria occidentale – specialmente gli HIMARS – sul corpo ufficiale russo schierato in Ucraina, letteralmente decimato. La perdita di ufficiali e del loro contributo in termini di leadership ed esperienza è difficilmente sostituibile nel breve termine.

Il terzo concerne la natura stessa dell’apparato militare di Mosca. Come osservato dall’analista Christopher Dougherty, infatti, i vertici militari e l’intelligence russi sono stati incapaci di adattare la strategia alle contingenze e agli sviluppi del conflitto – si pensi ad esempio all’arrivo di armi più precise ed efficaci dall’occidente – evidenziando quindi un complesso militare ancora prigioniero di una mentalità retrograda e poco flessibile, ma soprattutto riluttante a mettere in discussione la volontà del Cremlino.

L’esatto contrario di quanto dimostrato dagli ucraini, capaci di adattarsi alle varie fasi dello scontro e sfruttare le debolezze dell’avversario a proprio vantaggio.

Il supporto dell’occidente

Sarebbe ovviamente irrealistico e superficiale non considerare i benefici enormi che il supporto occidentale ha finora garantito alla resistenza ucraina. Sia in termini di intelligence – secondo fonti citate dal New York Times, la controffensiva a Kharkiv avrebbe giovato degli input e delle informazioni giunte dagli 007 di Washington e Londra – sia in termini di armamenti.

Questi ultimi hanno giocato un ruolo fondamentale e spostato l’ago della bilancia, specialmente in termini qualitativi, a favore di Kiev. La precisione e la gittata di sistemi come gli Himars, gli M270 o i PzH-2000, tutti forniti dall’occidente, hanno lasciato Mosca con ben poche contromisure se non lo spostamento dei propri depositi di munizioni o dei centri di comando sempre più nelle retrovie, con serie ricadute in termini di logistica, readiness e comunicazioni.

Similmente, i radar controbatteria forniti dagli Usa hanno permesso di individuare rapidamente le posizioni dell’artiglieria russa e di eliminarla, mentre i missili antiradar AGM-88 sono stati essenziali per degradare sensibilmente le difese aeree russe, garantendo all’aviazione di Kiev la possibilità di incrementare il proprio supporto aereo.

La forza del morale

In questo quadro, infine, ciò che molti tendono a trascurare è il fattore del morale. Come ha recentemente ricordato il generale americano Ben Hodges, «non esiste arma migliore di un soldato motivato». Gli ucraini hanno mostrato enorme resilienza e motivazione anche nei momenti più difficili.

Questi aspetti, che nessun partner può fornire, sono stati enormemente sottovalutati dalla Russia. Il successo di questa controffensiva non può che rafforzarli ulteriormente, e rappresenta una notevole vittoria politica, oltre che militare, in vista dei prossimi mesi e potrebbe indurre Kiev a sfruttare questa finestra di opportunità per cogliere nuovi successi.

Questo dimostra anche che, contrariamente alle previsioni e alle “analisi” di tanti opinionisti della domenica, con la solidarietà europea e occidentale – anche a costo di alcuni sacrifici comuni – l’Ucraina può vincere questa sfida esistenziale e restare democratica e sovrana.

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