Con 188 voti a favore e 8 contro il parlamento della Finlandia ha votato ieri in favore dell’adesione del paese alla Nato. In mattinata anche la ministra degli Esteri svedese ha firmato la richiesta ufficiale di adesione all’Alleanza atlantica.

Per completare il processo ci vorranno dai quattro ai dodici mesi, ma tutti i membri della Nato devono essere d’accordo. La Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan si è già detta contraria, dopo che ha accusato i due paesi scandinavi di ospitare nel loro territorio diversi membri del Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan, considerati da Ankara un’organizzazione terroristica.

Di sicuro, la visita programmata a Washington da parte della premier svedese, Magdalena Andersson, e del presidente della Finlandia, Sauli Niinisto, ha anche l’obiettivo di convincere il presidente americano, Joe Biden, ad accelerare i tempi burocratici. Intanto oggi la premier finlandese, Sanna Marin, sarà a Roma per incontrare il primo ministro Mario Draghi.

Dopo le minacce su un’eventuale entrata dei due stati all’interno della Nato nelle scorse settimane, il Cremlino ha ridimensionato i toni, forse anche consapevole che l’offensiva in Ucraina non sta procedendo come previsto per le sue truppe.

Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha detto ieri che l’adesione dei due paesi all’alleanza «non farà una grande differenza», visto che fino a oggi hanno cooperato e collaborato con la Nato nonostante non fossero dei membri a tutti gli effetti.

Diplomazia

Nella giornata di ieri il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto un colloquio telefonico con il premier israeliano Naftali Bennett. I due sono tra i leader più attivi nel campo diplomatico e ieri hanno discusso per cercare di arrivare a un cessate il fuoco e accelerare i negoziati in un momento in cui hanno subìto un brusco rallentamento. «Attualmente il processo negoziale è sospeso: dopo l’incontro di Istanbul non ci sono stati cambiamenti e non c’è stato alcun progresso», ha detto ieri il consigliere presidenziale e negoziatore, Mikhailo Podolyak.

Da Kiev vogliono far trattare a Zelensky le questioni più importanti come il Donbass e la Crimea, mentre il Cremlino ha sempre ribadito che prima di arrivare a un incontro tra i due presidenti bisogna raggiungere un accordo scritto.

In giornata Macron ha anche chiamato il presidente Zelensky promettendo che aumenteranno «le consegne di armi da parte della Francia». 

La presidenza francese ha reso noto che lo scorso fine settimana altri 13 veicoli di soccorso sono stati consegnati, che hanno portato gli aiuti umanitari a 800 tonnellate dal 24 febbraio.

«Abbiamo parlato dell’andamento delle ostilità, dell’operazione per soccorrere i soldati di Azovstal e delle prospettive riguardanti il negoziato. È stato anche affrontato il tema dei rifornimenti di carburante all'Ucraina», ha scritto Zelensky su Twitter.

Il protagonismo di Putin

Secondo diversi media internazionali, tra cui il Guardian e il Moscow Times, il presidente russo Vladimir Putin è coinvolto in prima persona nelle decisioni prese sul campo di battaglia in Ucraina. «Pensiamo che Putin e Gerasimov siano coinvolti nel processo decisionale tattico a un livello che normalmente ci aspetteremmo sia preso da un colonnello o da un brigadiere», dicono le fonti militari occidentali citate.

Putin e il comandante delle forze armate russe Valery Gerasimov starebbero decidendo anche i movimenti dell’esercito nel Donbass, dove le truppe russe stanno incontrando diverse difficoltà nella loro offensiva.

Non è chiaro se sia una mancanza di fiducia nei confronti dei generali di Mosca (ne sarebbero morti 12 per gli ucraini) o se abbiano deciso di prendere in mano la situazione dopo le pesanti perdite subìte in quasi tre mesi di guerra.

 

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