Le truppe dell’esercito russo sono entrate nella città di Severodonetsk e per i civili fuggire è diventato troppo pericoloso. A chiedere loro di restare a casa e nei rifugi è il governatore della regione di Luhansk Serhiy Haidai, il quale ha anche detto che i militari ucraini sono ancora presenti e stanno combattendo. Secondo il Consiglio norvegese per i rifugiati, i civili intrappolati in città sono circa 12mila e presto avranno bisogno di un aiuto umanitario.

La battaglia è molto dura ed è condotta con un massiccio utilizzo di artiglieria che sta distruggendo la città. Circa il 60 per cento degli edifici civili è stato completamente distrutto. Nella giornata di ieri le truppe di Mosca avevano ottenuto il controllo di metà della città. Se i russi dovessero occupare l’intero territorio, avrebbero “liberato” la regione di Luhansk che è parzialmente occupata dal 2014 dalle milizie dei separatisti filorussi.

Crimini di guerra

Un tribunale di Poltava ha condannato altri due soldati russi per crimini di guerra dopo la prima sentenza emanata la scorsa settimana contro il militare 21enne Vadim Shishimarin. Sono Aleksandr Bobykin e Aleksandr Ivanov, due artiglieri alla guida di un sistema lanciarazzi mobile. Sono stati condannati a 11 anni e sei mesi ciascuno per aver sparato in modo indiscriminato contro aree urbane.

I due soldati si erano dichiarati colpevoli la scorsa settimana. Ieri i rappresentanti delle nazioni che indagano sui crimini di guerra commessi dai russi si sono incontrati all’Aja dove erano presenti anche il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, e la procuratrice generale dell’Ucraina, Iryna Venediktova, il cui team ha già aperto 8mila fascicoli d’indagine e identificato 500 sospettati.

Il grano

La telefonata di lunedì tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin sta continuando a produrre i suoi effetti per arrivare allo sblocco delle 22 milioni di tonnellate di grano ucraino fermo nei porti del paese per colpa dell’ostruzionismo dell’esercito russo.

Durante il colloquio con Erdogan, Putin aveva detto che era disposto a sbloccare la situazione con l’aiuto dei partner turchi in cambio del ritiro delle sanzioni imposte dai paesi occidentali. Ieri, però, c’è stato un altro passo avanti: il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha annunciato che sarà in visita in Turchia il prossimo 8 giugno proprio per discutere della questione con il presidente Erdogan. La Turchia condivide i confini del mar Nero da dove dovrà essere trasportato il grano.

Ma superare lo stallo non sarà semplice, dato che russi e ucraini si accusano vicendevolmente di aver minato le vie di accesso ai porti e spingono, entrambi per una loro bonifica.

Della questione hanno parlato ieri anche il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, e il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in un colloquio telefonico, dal quale però non sono emersi ulteriori dettagli. Sul caso si stanno muovendo sia l’Unione europea sia le Nazioni unite, che stanno pensando a un piano d’azione più strutturato. I mesi passano e se non si arriverà presto a una soluzione il grano rischia di marcire.

 

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